Soluzioni del 9 ottobre 2023 a cura di Fabio Ciuffoli
Nella puntata dei Giochi del Lunedì di oggi, abbiamo proposto cinque domande, che hanno fatto parte di una ricerca statistica dell’IPSOS e di seguito presentiamo i risultati e i commenti. Il confronto tra i dati reali e quelli percepiti si rivelerà particolarmente interessante.
Statistiche, percezione e realtà
A. “Qual è la percentuale di persone con più di 65 anni nel vostro Paese?”.
B. “Su 100 abitanti del suo paese che hanno più di 20 anni quanti, secondo lei, sono in sovrappeso?”.
C. “Su 100 giovani adulti di età compresa tra i 25 anni e i 34 anni, quanti vivono con i genitori?”.
D. “Qual è la percentuale di immigrazione nel suo paese?”
E. “Su 100 abitanti del suo paese, quanti secondo lei sono musulmani?”.
Risultati e commenti
A. “Qual è la percentuale di persone con più di 65 anni nel vostro Paese?”.
In Italia il dato reale è pari al 21%, mentre quello percepito è il 48%. In Giappone il dato reale è del 25%, quello percepito è il 41%. (cfr. figura A).
Nelle tabelle sono sintetizzati in colonna il Paese, la differenza tra risposta media e dato reale in eccesso e in difetto, la risposta media e il dato reale.
Certamente le cifre reali sono alte: rispettivamente una persona su cinque e una su quattro, valori raddoppiati rispetto a un paio di generazioni fa. Ma a sua volta la risposta media degli intervistati è circa il doppio del dato reale. In Italia si pensa che gli over 65 siano circa una persona su due!
In generale, tutti i Paesi sovrastimano di molto la percentuale di abitanti con più di 65 anni. Capire perché questi errori di percezione accadano, sia di sovrastima che di sottostima, non è facile. Concorrono diversi elementi. Vi sono fattori interni al soggetto (emotività, esperienze passate, conferma delle proprie convinzioni, principio di prudenza, ecc) e fattori esterni (complessità delle informazioni provenienti da varie fonti, difficoltà nella ricerca di autenticità, inganni informativi, fake news, influenza da prossimità, ecc.).
Probabilmente anche noi abbiamo sentito dire o letto sui giornali, che la popolazione sta invecchiando, che il Paese è minacciato da una “bomba a orologeria demografica” nel senso che gli anziani sono sempre più numerosi e che anche il pagamento delle pensioni sia a rischio. I media sottolineano spesso che l’invecchiamento mette a dura prova l’economia, specie in paesi come l’Italia e la Germania. Si è scritto che in Giappone le vendite di pannoloni per adulti siano destinate a superare quelle di pannolini per neonati! Forse è una bufala, ma l’immagine, che offre, è così vivida da imprimersi nella mente.
B. “Su 100 abitanti del suo paese che hanno più di 20 anni quanti, secondo lei, sono in sovrappeso?”.
Nel complesso, escluso quattro paesi, India, Giappone, Cina e Corea del Sud, le persone sottostimano di molto la percentuale di abitanti sovrappeso o obesi (cfr. figura B).
Negli Stati Uniti gli abitanti in sovrappeso o obesi sono il 66% in Gran Bretagna il 62% e in Arabia Saudita addirittura il 71%. In Europa occidentale solo in due Paesi, Francia e Paesi Bassi, gli abitanti in sovrappeso o obesi sono meno della metà ma comunque il 49%. Come è possibile che tante persone si sbaglino su un aspetto basilare della salute? Ci sono diverse spiegazioni. In primo luogo la definizione di “sovrappeso” e “obeso” non è così nota e intuitiva. Questi termini si riferiscono alla classificazione basata sull’IMC (Indice di Massa Corporea) dato dal rapporto tra peso in kilogrammi e altezza in metri elevato al quadrato (Kg/m2) un calcolo semplice, ma pochi sono in grado di farlo a mente. Inoltre, fra “normopeso”, “sovrappeso” e “obeso” non c’è una separazione netta e uniforme tra i vari Paesi. Un altro errore di valutazione, codificato dagli scienziati comportamentali, è stato definito “euristica della disponibilità”. Una scorciatoia mentale che ci permette di usare le informazioni a portata di mano, anche se non del tutto adatte alla situazione e non ci danno il quadro generale. Nel giudicare il peso corporeo tendiamo a usare punti di riferimento immediatamente disponibili a partire da noi stessi. Ad esempio, in uno studio realizzato in Gran Bretagna solo un uomo si cinque con obesità di primo grado (la più lieve) si ritiene obeso.
C. “Su 100 giovani adulti di età compresa tra i 25 anni e i 34 anni, quanti vivono con i genitori?”.
Tutti i Paesi sovrastimano la percentuale di giovani tra i 25 e 34 anni che vivono con i genitori (cfr figura C).
I dati reali rivelano notevoli differenze tra i vari Paesi. In Norvegia e Svezia i giovani adulti, che vivono ancora con i genitori, sono solo il 4%, mentre in Italia sono il 49%. I numeri rispecchiano le enormi differenze culturali, sociali e economiche, eppure in tutti i Paesi gli intervistati tendono a sovrastimare la percentuale che vive ancora con i genitori. La Gran Bretagna è il Paese con il divario più ampio tra stima e realtà, con un valore stimato del 43% e un dato reale del 14%. Perché ci sbagliamo?
Una spiegazione potrebbe essere l’ignoranza numerica legata alle emozioni, definita dalla psicologia comportamentale emotional innumaracy, con la tendenza a sovrastimare i fenomeni che maggiormente ci preoccupano. Sappiamo che l’impossibilità dei giovani di andarsene di casa è un problema grave, i media parlano dei prezzi alti delle case e mutui difficili da ottenere, disoccupazione giovanile e lavori precari, indebitamento delle giovani generazioni in aumento e ricchezza nelle mani di generazioni precedenti. Tutti elementi veri, in svariati Paesi, che provocano una reazione emotiva e spingono a sovrastimare il fenomeno.
D. “Qual è la percentuale di immigrazione nel suo paese?”
In generale, le persone sovrastimano i livelli di immigrazione nel loro Paese. Vale sia in Europa sia negli Stati Uniti, ma in questa indagine relativamente recente, ci sono Argentina, Brasile e Sudafrica dove il numero di immigrati è enormemente sovrastimato (cfr figura D).
Gli unici abitanti che lo sottostimano sono quelli di Israele e dell’Arabia Saudita. Negli Stati Uniti il valore stimato degli immigrati è del 33%, mentre il dato reale è del 14%. In Italia, Francia e Germania il valore stimato è del 26% mentre quello reale è del 9% in Italia e del 12% in Francia e Germania. Va detto che il termine “immigrato” andrebbe ulteriormente definito e spiegato, perché non tutti conoscono le differenze tra immigrati regolari e irregolari, richiedenti asilo, rifugiati, profughi, clandestini ecc. e questo potrebbe aver creato qualche confusione tra gli intervistati.
Perché nella maggior parte dei Paesi le stime sono così alte? Le spiegazioni le conosciamo: da una parte le nostre risposte si basano su una reazione emotiva, che rispecchia la nostra preoccupazione, d’altra parte dipendono dal modo in cui il problema viene presentato dai media e nei dibattiti pubblici. Gli aneddoti vividi ci restano impressi più facilmente, che non le statistiche noiose. Per il cervello umano alcuni racconti sono più attraenti di altri, in particolari quelli che giocano sulla nostra sensibilità alle minacce e al pericolo.
E. “Su 100 abitanti del suo paese, quanti secondo lei sono musulmani?”.
Quasi tutti i Paesi sovrastimano la percentuale di musulmani, solo i paesi a maggioranza musulmana, come l’Indonesia e la Turchia, sottostimano questo numero (cfr figura E).
La Francia spicca con un valore medio stimato del 31%, contro un dato realle del 7,5%. Come per l’immigrazione in generale, anche in questo caso le notizie diffuse dai media potrebbero avere un certo peso in termini quantitativi e qualitativi. In particolare, in Occidente le notizie sui musulmani sono decisamente orientate in senso negativo, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti le notizie con un tono o un contenuto negativo si aggirano tra l’80 e il 90 per cento. Si parla pochissimo della vita quotidiana dei musulmani e del loro impatto positivo sulle comunità locali e sul paese che li ospita. Sappiamo che le informazioni negative catturano e tengono alta l’attenzione più di quelle positive. Nel nostro passato ancestrale le informazioni negative erano più urgenti, a volte salvifiche, ci imponevano di regire immediatamente. Se qualcuno ci avvertiva che c’era una tigre con i denti a sciabola nei paraggi, noi dovevamo ascoltarlo e scappare, chi non lo faceva metteva a rischio la propria sopravvivenza!
Le percezioni sbagliate sono vaste, profonde e durevoli. L’ignoranza politica è motivo di preoccupazione fin dagli albori della democrazia: lo stesso Platone lamentava il fatto che la gente comune fosse troppo ignorante per scegliere il governo e per chiamarlo a rispondere delle sue azioni. La gente si sbaglia oggi come si sbagliava allora, ben prima che nel 2016 gli Oxford Dictionaries nominassero post-truth “Parola dell’Anno”. La post-verità è l’idea secondo cui i fatti oggettivi sono in grado di influenzare l’opinione pubblica in misura minore di quanto non facciano gli appelli alle emozioni e alle credenze personali.
In base a diversi studi statistici, le persone si sbagliano sulla valutazione di vari fenomeni, come i livelli di immigrazione, i tassi di criminalità, il numero di persone obese, l’andamento della povertà globale, il numero di iscritti a Facebook, ecc. La differenza tra dato percepito e dato reale è notevole. In generale, tendiamo a sopravvalutare alcuni fenomeni e a sottovalutarne altri. E anche alla luce dei dati reali, continuiamo a commettere errori percettivi non facilmente emendabili.
I dati sono tratti dalla ricerca Ipsos (www.perils.ipsos.com) riportata dal libro “I rischi della percezione” di Bobby Duffy (2018).
3 risposte
In allegato, una tabella sintetica con i dati percepiti e i dati reali del Paese Italia (2018).
avevo detto 25-20-20-8-5. Poteva andare peggio 🙂
Vedi tabella.