RENATO CACCIOPPOLI ED ENNIO DE GIORGI in 5 punti
- Renato Caccioppoli (1904-1959), napoletano, è stato uno dei più creativi matematici italiani del Novecento. Ha il merito di aver rinverdito la tradizione della grande scuola italiana di analisi matematica di inizio secolo.
- Oltre che per i suoi contributi scientifici, Caccioppoli viene ricordato per il carattere stravagante e provocatorio. Fu intellettuale impegnato (antifascista, sostenitore poi del Partito comunista) e colto, con forti interessi per la musica, la letteratura e il cinema.
- Appartiene alla generazione successiva Ennio De Giorgi (1928-1996), salentino, laureatosi a Roma con Mauro Picone e poi docente della Scuola Normale di Pisa.
- Nel mondo matematico, De Giorgi diventerà famoso a livello internazionale per i suoi risultati in tema di calcolo delle variazioni e di teoria geometrica della misura e per aver risolto nel 1957 uno dei “grandi” problemi proposti da Hilbert all’inizio del secolo.
- Caccioppoli e De Giorgi sono tra le maggiori espressioni della matematica italiana del secolo scorso. In questo estratto dalla biografia Uno spirito puro. Ennio De Giorgi genio della matematica (Milella, Lecce, 2015), Andrea Parlangeli racconta il rapporto che presto si instaura tra loro, a partire dall’incontro avvenuto a Roma nell’inverno del 1953 in occasione di un seminario del matematico napoletano.
La frase, lapidaria, fu pronunciata nell’inverno del 1953 dalla più brillante stella della matematica italiana dell’epoca, il geniale e ribelle Renato Caccioppoli, di fronte a una platea di colleghi che lo guardavano sbigottiti. Caccioppoli era venuto a Roma per tenere un ciclo di seminari sulla teoria della misura, lo stesso argomento che stava studiando Ennio De Giorgi. Quel giorno l’aula A nel parterre dell’Istituto di matematica era piena. Magrissimo, quasi spettrale in volto, Caccioppoli teneva banco e come al solito nessuno fiatava. Nato il 20 gennaio del 1904 a Napoli e nipote (così si diceva) del rivoluzionario russo Michail Bakunin, Renato Caccioppoli era una figura di grande fascino. Per la sua stravaganza, spesso ai limiti della follia, è stato tra i matematici italiani più famosi e romanzati. Nei suoi momenti migliori colpiva soprattutto per la sua brillantezza e la sua cultura: era un buon pianista e un raffinato conoscitore della letteratura, del cinema e del teatro. Citava Goethe a memoria. E aveva un comportamento anticonformista e provocatore. Nelle conferenze Caccioppoli era temutissimo, perché era consapevole di non avere molti interlocutori alla sua altezza e in genere gli piaceva farlo notare. Dunque anche quel seminario terminò, come sempre, con la platea azzittita; ma questa volta una voce apparentemente timida osò incrinare la campana di vetro del silenzio. De Giorgi intervenne nel suo modo solito, con i suoi tic, la parlata stridula e cantilenante, l’accento un po’ nasale, le ripetizioni, i suoi “ecco”, i suoi “diciamo”, i suoi “è vero”. Caccioppoli lo guardava con i suoi occhi neri che ardevano nel volto emaciato. André Gide lo aveva definito un “puro spirito”: “C’est une âme”. Fu forse pensando a Gide che Caccioppoli in quell’occasione si rivolse a Ennio: “Non c’è nulla di più barbaro di uno spirito puro”. “Caccioppoli sapeva essere molto incisivo, tagliente”, ricorda Edoardo Vesentini, che era presente al seminario. “Ma non lo fu quella volta”. Ci fu, infatti, una pausa che tenne la platea con il fiato sospeso. Poi Caccioppoli continuò: “Mi pare che lei sia un’eccezione”. Quindi entrò nel merito dell’osservazione. L’argomento del dibattito era un problema di calcolo delle variazioni che Mauro Picone chiamava “problema della nave”. Si trattava di trovare, tra tutte le forme possibili dello scafo di una nave, la più conveniente dal punto di vista economico. La complessità nasceva dal fatto che bisognava tener conto di due termini in competizione tra loro: il primo era proporzionale al volume dello scafo, il secondo alla superficie. Picone era molto interessato a situazioni di questo tipo: “Pensava giustamente che Caccioppoli fosse la persona più adatta a indicare una via di soluzione”, ha ricordato lo stesso De Giorgi. Perciò, su indicazione di Picone, Ennio andò a Napoli e frequentò per qualche periodo Caccioppoli. “Ennio – ricorda la sorella Rosa – parlava molto di lui, lo considerava una mente geniale e ne era affascinato. Andò spesso a trovarlo. I due potevano passare tutta la notte a parlare. Facevano gli orari più strani. Ennio sentiva che Caccioppoli aveva qualcosa che lo rendeva inquieto. Era preoccupato per lui”. Ennio De Giorgi ammira il maestro, ne resta affascinato. Renato Caccioppoli ammicca al giovane, ma poi fugge, si perde tra i vicoli, scompare come un miraggio. “Ricordo qualche conversazione che ho avuto con Caccioppoli, che purtroppo ho conosciuto per un numero esiguo, anche se decisivo, di anni della mia formazione – ha scritto De Giorgi – e ricordo che rarissime volte, per discutere di matematica, egli chiedeva una lavagna. In genere ci si trovava in un caffè, in un bar, in una trattoria, ed egli prendeva un foglio di carta dicendo ‘Le cose vanno così…’; tracciava due o tre segni abbastanza sommari, univa a questi segni un discorso sintetico, ma estremamente profondo, e dava, in tempi brevi, l’idea di come in realtà stavano le cose a proposito di un certo problema”. I primi risultati di De Giorgi furono nel campo della teoria geometrica della misura, un settore che egli stesso ha spiegato così: “Nella prima metà di questo secolo, vi è stato lo sviluppo della teoria degli insiemi che, introducendo figure assai più complesse e frastagliate di quelle precedentemente considerate in geometria, ha obbligato i matematici a una profonda rielaborazione dei concetti di lunghezza, area, volume, perimetro, bordo. Nel corso di questa rielaborazione erano state proposte varie definizioni di misura n-dimensionale che generalizzavano le nozioni classiche precedenti. Queste misure avevano proprietà abbastanza interessanti, ma davano, su insiemi poco regolari, risultati assai diversi. Questo – continuava De Giorgi – creava una certa situazione di disagio nell’impostazione di molti problemi. Questo disagio era sentito in modo particolare e molto acutamente da Caccioppoli, una persona in cui il gusto della matematica si fondeva a una fine sensibilità artistica”. Questo stesso disagio era sentito anche da De Giorgi, che per altra via era giunto alle stesse problematiche. Nel 1955, De Giorgi studiò le proprietà geometriche delle frontiere degli insiemi di perimetro finito e arrivò a un risultato atteso da tempo: mostrò come era possibile conciliare le differenti teorie allora esistenti, e in particolare quella sua e di Caccioppoli con le altre teorie di Carathéodory, Hausdorff e altri. De Giorgi, infatti, dimostrò che, per tutte le figure di interesse, cioè quelle con perimetro finito, esiste sempre un insieme detto “frontiera ridotta” in cui tutte le definizioni coincidono. Fu così che De Giorgi riuscì a completare in quegli anni il programma che Caccioppoli aveva indicato in un convegno a Taormina nel 1951 e che la comunità internazionale non aveva inizialmente accolto con entusiasmo. Nel 1954, il matematico britannico Laurence Chisholm Young scrisse: “[De Giorgi] arriva a dimostrare che la sua definizione di perimetro coincide con quella proposta da Caccioppoli. Ciò rende possibile un miglior giudizio sull’esatta portata delle definizioni di Caccioppoli”. De Giorgi era fin dall’inizio interessato soprattutto ai problemi di area minima. Il suo ciclo di lavori dedicati alla teoria geometrica della misura si concluse nel 1958 con un articolo che dimostrava la proprietà isoperimetrica della sfera (una proprietà delle bolle di sapone) nella classe più generale degli insiemi di Caccioppoli-De Giorgi. “La proprietà isoperimetrica della sfera – ha commentato lo stesso De Giorgi – ha avuto, in ogni secolo, un tipo di formulazione corrispondente allo stato di avanzamento, in quell’epoca, delle nozioni di figura, area e misura”. Quest’ultimo lavoro dimostrava che, con le nuove definizioni, la soluzione del problema isoperimetrico era sempre l’ipersfera, e quindi che i nuovi concetti erano ben formulati. Questo era un punto di arrivo e di partenza allo stesso tempo: ora, infatti, quelle nuove teorie si potevano utilizzare per affrontare altri problemi. Nuove strade si aprivano per la matematica.