Penso (verbo-guida di questa rubrica) che dovremmo tutti cominciare a considerare l’economia in termini più quantitativi. Lo impongono i messaggi contrastanti ricevuti in questi mesi: dall’aumento del gettito fiscale di 19 miliardi nel primo semestre alle difficoltà (lacrime e sangue) della legge finanziaria 2025. Se si delegano, con distrazione, gli aspetti quantitativi solo ai cosiddetti tecnici, politici e non, saremo colpevolmente indifferenti. Quando il bilancio preoccupa, ci si concentra soprattutto sul taglio lineare delle spese, un po’ meno sull’incrementare le entrate, e pochissimo sulla loro evoluzione. La prima domanda alla notizia dei 19 miliardi avrebbe dovuto essere: perché questo aumento? “Crescita dell’occupazione e profitti aziendali” è stata la breve risposta sui media. Non ritengo che la questione vada liquidata, è proprio il caso di dirlo, così superficialmente.
Nel 2023, la percentuale dei salari sul Pil è scesa di un punto rispetto al 2022, sotto il 40%, mentre quella derivante dal reddito da capitale è salita quasi al 49% confermando il loro progressivo distanziamento.
Dobbiamo assolutamente mettere a fuoco il concetto di rendita. Parto da un bene simbolo: la casa. Lo splendido libro Prigionieri del mattone: rendita vs diritto all’abitare a cura di Asia-Usb (Associazione inquilini e abitanti), pone la questione con chiarezza. Sulla casa si sono concentrati tutti i temi più importanti del dibattito politico e sociale degli ultimi decenni. In Italia oltre il 70% delle famiglie vive in casa di proprietà ed è inferiore di 10 punti alla media Ue la percentuale di coloro che vivono in affitto. Sulla leva della casa hanno quindi approfittato speculatori finanziari di varia natura e molti politici spregiudicati rendendo il mercato degli affitti ostile ai deboli, perché deregolamentato. L’eliminazione dell’Imu sulla prima casa, gradita a tanti, ne fa accrescere la rendita grazie alla spesa pubblica finanziata dall’Irpef, violando così l’articolo 53 sulla progressività. Inoltre, la cedolare fissa sul reddito immobiliare ha, al pari della rendita da capitale, aliquota inferiore rispetto alla minima Irpef. Insomma, sempre di più si favorisce chi ha rispetto a chi fa. L’economista Thomas Pikkety ha scritto nel Capitale del XXI secolo che oggi l’eredità è più importante del lavoro per ottenere il benessere economico, proprio come nel Settecento. Solo che allora il capitale era terriero, oggi è finanziario, industriale e, appunto, immobiliare.
Ricordiamo che il reddito da rendite è sempre parassitario. Poiché ritengo che le disparità siano un male e rifiuto le narrazioni neoliberiste che, come tutti i sistemi di potere, le giustificano dicendo addirittura che lo svantaggio è una colpa, penso che dobbiamo cominciare a riflettere su come rimuoverle.