Poco più di un secolo fa, la mattina del 30 giugno del 1908, un corpo celeste del diametro di circa cinquanta metri attraversò alla velocità di oltre venti km al secondo l’atmosfera terrestre ed esplose a pochi chilometri dal suolo nei cieli della Siberia, sulla remota regione paludosa del fiume Podkammenaya Tungus. L’esplosione generò un’onda d’urto che devastò la foresta siberiana per centinaia di chilometri e fu avvertita fino a 1.500 chilometri di distanza. Se la rotta del corpo celeste fosse stata appena leggermente diversa, se la stessa esplosione fosse avvenuta sui cieli di una metropoli europea, centinaia di migliaia di persone sarebbero morte nel giro di pochi minuti. Fortunatamente l’esplosione avvenne su una remota regione paludosa, praticamente disabitata, provocando solo tre vittime. Oggi sappiamo che l’evento Tunguska fu causato da un asteroide di tipo roccioso di piccole dimensioni. L’esplosione avvenne prima che toccasse il suolo perché si trattava di un corpo roccioso. Un asteroide ferroso avrebbe probabilmente raggiunto la superficie e le conseguenze sarebbero state ancora più gravi. Si è trattato del più grande evento di impatto sulla Terra in tempi storici. Impatti molto più devastanti si sono verificati in epoca preistorica, come nel caso dell’asteroide di circa quindici chilometri di diametro che, 65 milioni di anni fa, causò un’estinzione di massa del 75% della vita sulla Terra. Decine di migliaia di oggetti pericolosi come quello all’origine dell’evento del 1908 vagano nel Sistema solare e non sono tuttora censiti, oppure le loro orbite sono note solo in modo approssimativo. Dal punto di vista statistico, una collisione con un asteroide paragonabile o di dimensioni maggiori è destinata a ripetersi una volta ogni due-tre secoli. Le previsioni sono difficili fin quando non sarà completato il censimento e lo studio delle orbite di tutti gli oggetti potenzialmente pericolosi. Negli ultimi anni i programmi di sorveglianza astronomica hanno permesso di scoprire gran parte dei cosiddetti Neo (ossia i Near Earth Object), corpi celesti che passano a meno di 45 milioni di km dalla Terra. Quelli grandi (con diametro maggiore di mille metri) sono circa 900 e probabilmente li abbiamo scoperti tutti. Ma ce ne sono milioni con un diametro di almeno cinquanta metri e solo una piccola frazione di essi è attualmente nota. Per esempio, il 25 marzo di quest’anno l’asteroide 2023 DZ2 di dimensioni simili a quello dell’evento di Tunguska ha avuto un passaggio ravvicinato con la Terra a meno di metà della distanza della Luna. Si è poi scoperto che nel 2004 era passato ancora più vicino alla Terra, a nostra insaputa. Cosa fare se scopriamo un corpo celeste in rotta di collisione con la Terra? Siamo pronti? Al momento, ci sono tre diverse idee per evitare una catastrofe cosmica ma una sola è stata sperimentata. Le tecniche di difesa prevedono l’utilizzo di testate nucleari, di “rimorchiatori” gravitazionali e l’impatto di una sonda sull’asteroide. La scelta dipende dalla massa del corpo celeste, dalla sua composizione materiale e dalla distanza, ossia da quanto tempo abbiamo a disposizione prima dell’impatto. Nel caso di un asteroide di grandi dimensioni (un diametro maggiore di 500 metri) oppure in rotta di collisione entro poche settimane, l’unica soluzione potrebbe essere quella di usare un’esplosione nucleare, emulando gli eroi di Hollywood. È da evitare però un’esplosione sotto la superficie dell’asteroide, come accade nel film Armageddon: il rischio è quello di creare una moltitudine di frammenti più piccoli, altrettanto pericolosi. Sarebbe necessario polverizzare il corpo celeste in frammenti più piccoli di 20 metri di diametro, ma questo risultato non è garantito. La soluzione è far esplodere un ordigno nucleare in prossimità della superficie dell’asteroide. La radiazione emessa dall’esplosione investirebbe la superficie, causando la vaporizzazione e quindi l’espulsione del materiale superficiale, con una sorta di effetto “razzo” che spingerebbe l’asteroide fuori dalla sua orbita di impatto con la Terra. Tuttavia, deviare un corpo di piccole dimensioni senza frammentarlo è un problema difficile da risolvere, soprattutto quando l’energia dell’esplosione è grande rispetto all’energia di legame del corpo. L’incertezza maggiore è dovuta alla nostra ignoranza della struttura materiale degli asteroidi. Corpi con densità e composizione chimica diversa reagiscono in modo diverso a un’esplosione nucleare. Questa tecnica tuttavia non è mai stata sperimentata nello spazio. Tutto quello che sappiamo è il risultato di simulazioni al computer. Eppure, questa minaccia dallo spazio sarebbe l’unica ragione per cui una specie intelligente dovrebbe conservare un arsenale atomico. Se l’oggetto in rotta di collisione viene scoperto molto tempo prima dell’eventuale impatto e se è di dimensioni ridotte, una strategia preferibile è quella dei cosiddetti “rimorchiatori gravitazionali”. Si tratta di accostare una navicella spaziale all’asteroide. La forza gravitazionale esercitata dalla navicella spaziale sull’asteroide sarà piccolissima, ma sufficiente per attirare a sé (come un vero e proprio rimorchiatore) il corpo celeste e deviarne la direzione di un piccolo angolo. I vantaggi sono molti. L’effetto della gravità è ben noto e non carico di incognite come un’esplosione nucleare sulla superficie di un corpo celeste di cui sappiamo poco. Inoltre, questa tecnica funziona qualunque sia la struttura interna, purché di massa non eccessiva. È necessario mantenere la navicella spaziale affiancata all’asteroide per molti mesi, in modo tale che i piccoli effetti gravitazionali si accumulino nel tempo e permettano di controllare l’orbita dell’asteroide. Il limite maggiore è dato dalla piccola massa della navicella spaziale: i rimorchiatori gravitazionali sarebbero poco efficaci con gli asteroidi di diametro superiore a 500 metri, proprio quelli che rappresentano la minaccia maggiore. Nel 2017, gli ingegneri della Nasa hanno proposto un modo per superare questo ostacolo: la navicella spaziale potrebbe prelevare del materiale dall’asteroide per aumentare la propria massa, e quindi la propria attrazione gravitazionale. Niente di tutto questo è stato ancora sperimentato e ci vorrebbero decenni per costruire, lanciare e testare un simile rimorchiatore. L’unico metodo finora sperimentato per evitare una catastrofe cosmica è quello che prevede l’impatto di un veicolo spaziale. L’idea di base è ancora più semplice delle precedenti: una navicella con velocità e direzioni ben calcolate impatta l’asteroide, variandone l’orbita. Un colpo di biliardo cosmico ben assestato. Questa tecnica è stata sperimentata con successo nel settembre 2022, quando la navicella spaziale Dart (acronimo di Double Asteroid Redirection Test) della Nasa ha colpito un innocuo asteroide e ne ha deviato leggermente l’orbita. Il bersaglio era Dimorphos (di circa 150 m di diametro), il piccolo satellite in orbita intorno a Didymos, un asteroide di 800 metri. L’obiettivo principale era misurare l’entità della variazione dell’orbita di Dimorphos in conseguenza dell’impatto. Dart aveva una massa di 600 kg, un miliardo di volte minore di quella del suo bersaglio. La missione è stata un successo su tutti i fronti: l’orbita è stata modificata e l’osservazione con i telescopi del materiale espulso ha permesso di analizzare la composizione chimica e la struttura dell’asteroide. Il risultato ottenuto sembra a prima vista insignificante: l’impatto ha cambiato la velocità di Dimorphos di appena 3 millimetri al secondo! Eppure questa variazione infinitesima su un asteroide in rotta di collisione ma ancora molto distante dalla Terra avrebbe l’effetto di deviarlo su un’orbita sicura per noi. Potrebbe essere necessario lanciare una missione con un anno o più di anticipo per deflettere un piccolo asteroide. Anche decenni per oggetti più grandi di un chilometro. In alternativa, si potrebbe rendere necessario l’impatto con più navicelle spaziali. Al momento, è l’unico metodo possibile con la tecnologia attuale per difendere il pianeta Terra da una collisione. Un po’ poco per garantire la sicurezza della nostra società. Nell’episodio dei Simpson La cometa di Bart, la cittadina di Springfield riesce ad evitare la catastrofe ironicamente grazie alla scudo di protezione di smog che copre la città e dissolve la cometa: due delle minacce per il nostro futuro (la crisi ecologica e gli impatti di asteroidi) che si annullano a vicenda.