Una super sportiva da sogno. Ha un motore a sei cilindri da 3.000 centimetri cubi che eroga 630 cavalli di potenza. Accelera da zero a cento in soli 2,9 secondi. Può raggiungere velocità di punta che superano i 320 chilometri orari. Ma, soprattutto, si guida da sola, senza bisogno di un pilota in carne e ossa, grazie a un sistema di intelligenza artificiale sviluppato dal Politecnico di Milano. È la nuova Maserati MC20 Cielo che si prepara a debuttare come prima auto a guida autonoma nella storica 1.000 Miglia, in programma dal 13 al 17 giugno. Lo farà nell’ambito del progetto “1.000-MAD” (1.000 Miglia Autonomous Drive), la prima sperimentazione al mondo di un veicolo autonomo su strade pubbliche con un percorso che si estende per più di 1.500 chilometri e una finestra temporale di oltre 12 mesi. “Da anni facciamo ricerca sui veicoli a guida autonoma e, dopo tanti successi su circuito, volevamo finalmente portare la nostra sperimentazione su strada”, spiega Sergio Savaresi, professore ordinario di automatica del Politecnico di Milano. Lo dice con una punta di orgoglio, illustrando gli importanti riconoscimenti nel palmarès del suo PoliMOVE Racing Team: su tutti, la conquista del record mondiale di velocità su rettilineo per un’auto completamente autonoma (309,3 km/h raggiunti con una Dallara sulla pista di atterraggio dello Space Shuttle al Kennedy Space Center della Nasa in Florida) e la vittoria della seconda edizione dell’Indy Autonomous Challenge, il primo campionato di velocità per auto a guida autonoma sul famoso circuito di Indianapolis, impreziosita dal nuovo record mondiale di velocità su pista per un’auto senza pilota (290 km/h). “Le esperienze su circuito – osserva Savaresi – sono importanti ma riguardano situazioni al limite, molto diverse dalle strade che percorriamo tutti i giorni. Finora le sperimentazioni su strada fatte nel mondo sono state limitate nel tempo o hanno interessato brevi tratti. La nostra sfida sarà quella di provare l’auto su lunghi percorsi in una varietà di contesti stradali, urbani e non. Abbiamo pensato di cominciare con la 1.000 Miglia perché è una corsa iconica, che offre la possibilità di compiere un percorso molto variegato che attraversa tutta l’Italia”. A mordere l’asfalto sarà l’ultimissima supercar della Maserati in versione cabrio, sulla quale gli ingegneri del Politecnico di Milano hanno installato tutti gli elementi tecnologici di un robo-driver: al posto di braccia e gambe ci sono attuatori elettrici che agiscono su acceleratore, freno e sterzo. Al posto degli occhi entrano in azione videocamere, radar, Lidar e Gps ad alta precisione, per localizzare il veicolo e rilevare segnaletica e ostacoli. A fare le veci del cervello, infine, c’è un computer a elevata capacità di calcolo che, ogni 5 millisecondi, valuta i dati raccolti dai sensori per elaborare i comandi da inviare agli attuatori. Con questa tecnologia a bordo, la Maserati MC20 Cielo percorrerà l’intero tracciato della 1.000 Miglia, affrontando in modalità di guida autonoma alcuni tratti del percorso per i quali – nel momento in cui scriviamo – è in corso la richiesta di autorizzazione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (in particolare, gli attraversamenti delle città di Bergamo e Brescia, Milano, Ferrara, Modena e Parma). Nelle tratte autorizzate, il veicolo procederà in totale autonomia, rispettando le regole del Codice della strada, come è previsto dalla storica gara a tappe che si svolge in modo promiscuo al normale traffico automobilistico. Conclusa la “corsa più bella del mondo”, comincerà un intenso anno di sviluppo e affinamento sperimentale in cui la vettura sarà addestrata su strade comunali, provinciali e statali, e in parte anche tratte autostradali, con l’obiettivo di effettuare in modalità autonoma l’intero percorso della 1.000 Miglia nel 2024. Per rispettare i requisiti di autorizzazione alla sperimentazione (D.M.70 smart-roads), il veicolo guidato dall’intelligenza artificiale del PoliMi sarà costantemente supervisionato da un co-pilota umano. Nella 1.000 Miglia 2023 sarà Matteo Marzotto, membro del CdA di 1.000 Miglia srl con numerose esperienze di partecipazione alla 1.000 Miglia storica. Ricorderà così i 70 anni dalla vittoria dello zio Giannino, in un ideale passaggio di consegne fra passato, presente e futuro. Con lui nell’abitacolo ci sarà un oggetto d’arte moderna, sviluppato dal Dipartimento di Design del Politecnico, che intende rappresentare il legame fra guidatore umano e intelligenza artificiale. “La presenza del pilota umano – osserva Savaresi – è fondamentale per la sicurezza e permetterà di scegliere in base al contesto se utilizzare una guida autonoma al 100%, parzialmente autonoma oppure tradizionale. Dal punto di vista tecnico – aggiunge il team leader – sono tante le sfide che ci attendono: mi riferisco ad esempio alla necessità di avere il posiziona- mento preciso della vettura in ogni tratto, al riconoscimento tempestivo degli ostacoli e alla rapidità nel decidere”. L’impresa più ardua, però, sarà fare breccia nella diffidenza degli italiani. Secondo i dati dell’Osservatorio Connected Car & Mobility del Politecnico di Milano, oggi i consumatori sono divisi a metà: il 50% è propenso a usare un’auto a guida autonoma mentre l’altro 50% si dice contrario. I principali motivi per i favorevoli sono la comodità di poter fare altre attività durante il tragitto (45%) e la maggiore sicurezza (31%). I contrari, invece, sono frenati dal disagio di non avere il controllo della vettura (37%) e dalla sensazione di minore sicurezza (33%). “Queste risposte – commenta Savaresi – sono emotive ma comprensibili, perché le persone non conoscono ancora questa tecnologia. È comunque paradossale che vengano considerate normali migliaia di vittime della strada causate da errori umani, mentre viene ritenuto inaccettabile anche un solo incidente provocato dalla guida autonoma”. L’auto a guida autonoma rappresenta una grande opportunità per l’industria italiana e soprattutto per il futuro della mobilità sostenibile. Secondo gli esperti, potrebbe essere la tecnologia chiave per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Europa, al pari dello stop alla vendita dei veicoli a benzina e diesel a partire dal 2035. “L’idea di puntare alla decarbonizzazione e alla transizione verso fonti di energia non fossili va nella direzione giusta – osserva l’esperto – ma sarebbe stato più razionale dare l’obiettivo da raggiungere lasciando a ogni Paese la possibilità di trovare la strada tecnologica migliore per arrivarci, piuttosto che imporre una tecnologia”. Secondo Savaresi, “questa forzatura non tiene conto del fatto che il passaggio alle auto elettriche mal si concilia con il nostro modello tradizionale di auto privata. In Italia abbiamo 40 milioni di veicoli di proprietà che sono mediamente poco usati. In questo scenario servirebbero auto elettriche con una grande autonomia e quindi batterie molto grosse, che con il poco utilizzo rappresenterebbero uno spreco”. Secondo Savaresi, l’auto elettrica è più adatta a un modello di mobilità a servizio: “Una forma basata proprio sull’impiego di veicoli a guida autonoma, capaci di muoversi da soli, anche a bassa velocità, per spostarsi e ottimizzare la loro posizione, in modo da farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. Se l’Europa accelerasse sui veicoli a guida autonoma entro il 2030, allora forse nel giro di 5-8 anni potremmo passare dalle auto private alla mobilità a servizio, rendendo così realistico il salto verso le auto elettriche”.