Musei scientifici: quando l’Italia s’è desta

Al momento dell‘Unità, lo Stato italiano aveva ereditato un consistente patrimonio scientifico. Però, anche molto eterogeneo. Numerose raccolte di oggetti e collezioni naturalistiche si trovavano sparse per il territorio, in forma pubblica o privata, scontando origini molto diverse: si andava dalle collezioni private rinascimentali, come il museo naturalistico di Ulisse Aldrovandi a Bologna, alle raccolte legate alle cattedre universitarie come nel caso di Alessandro Volta e di Lazzaro Spallanzani a Pavia. Questo complicato patrimonio culturale fu inizialmente lasciato in mano alle università, provocando un’ulteriore frammentazione delle collezioni e un’inefficace organizzazione delle esposizioni messe al servizio dell’insegnamento e più spesso lasciate a scatole e polvere. Lo stato di degrado soprattutto delle collezioni naturalistiche animò il dibattito per molti decenni. Accanto alla riabilitazione di un patrimonio abbandonato, già nei primi decenni dello Stato unitario nacque l’esigenza di musei scientifici di dimensioni e ambizioni in linea con uno Stato che voleva inserirsi nel consesso internazionale in modo adeguato alle sue tradizioni. L’idea di musei nazionali per le diverse discipline sembrava una buona strada da seguire ma le varie istituzioni non riuscirono ad accordarsi, così come non fu possibile trovare un punto di equilibrio tra le aspirazioni di diverse municipalità e in particolare di Roma, Firenze e Torino. Alla vigilia della prima guerra mondiale, la situazione era fotografata con amarezza dal medico e zoologo Giovanni Battista Grassi: “Il nostro Paese per ora ai musei non pensa o meglio sembra che sia sulla via di disfarsene”. La situazione comincia a cambiare nel periodo tra le due guerre mondiali. Vuoi per ragioni culturali dovute al rilancio nel nostro Paese degli studi di storia delle scienze (si pensi per la matematica all’attività di Federigo Enriques). Vuoi per questioni politiche, con l’intenzione del fascismo di avvalersi anche dei musei scientifici come vetrina promozionale, a livello nazionale e internazionale. Benito Mussolini nel discorso del 1° gennaio 1928 afferma che, oltre ai laboratori di ricerca, è necessario allestire anche “musei viventi, dove i progressi della scienza, della tecnica e dell’industria siano resi evidenti. Un Paese non spende invano in queste opere di progresso”. Sono sensibilità, in parte nuove, che sembrano convergere su Roma con il progetto di un museo di storia della scienza da affiancare a quello dell’Istituto nazionale per la storia delle scienze fisiche e matematiche di Enriques e su Firenze in cui effettivamente nasce nel 1930 il Museo di storia della scienza. L’idea di un centro espositivo in cui la scienza fosse vista in particolare connessione con le applicazioni tecnologiche e industriali viene raccolta a Milano (che aveva cercato di dotarsi di un museo di questo tipo anche nel 1906) dall’industriale Guido Ucelli, già noto per il recupero delle navi romane del lago di Nemi. Dopo una gestazione durata più di vent’anni, nasce nel 1953 quello che è oggi il Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci”, inaugurato proprio con una mostra dedicata a Leonardo. Il museo continua oggi la sua funzione di trasmissione della cultura scientifica e tecnologica, soprattutto in chiave didattica. È il museo scientifico che in Italia vanta il maggior numero di visitatori e ha i suoi punti di più forte richiamo nella centrale termoelettrica Regina Margherita di fine Ottocento e nel sottomarino “Enrico Toti”, il primo costruito in Italia dopo la seconda guerra mondiale, negli anni Sessanta. Dismesso dalla Marina militare, è arrivato a Milano, con i suoi 46 metri di lunghezza, nel 2005.

 

L’ospite nascosto

Nei musei scientifici, la matematica per lungo tempo è stata un’ospite silenziosa e un po’ nascosta. Era implicita nei fenomeni che si mostravano ma non aveva diritto a uno spazio tutto per sé. A volte si allestivano mostre che ne illustravano qualche aspetto all’interno di altri percorsi ma assai raramente si assisteva alla creazione di progetti che le fossero interamente dedicati. A confermare questa osservazione viene anche la Guida ai Musei della Scienza e della Tecnica di Coyaud e Merzagora che, edita nel 2000, certificava l’assenza di musei della matematica in Europa. I primi sarebbero nati proprio in quel periodo. Negli ultimi vent’anni, anche in Italia sono nati progetti museali dedicati alla matematica. Per un verso, le riflessioni di Emma Castelnuovo sull’insegnamento della matematica e sul ruolo che vi possono giocare le esposizioni di matematica hanno dato il via a mostre dedicate agli studenti e più in generale al mondo della scuola. Ma per un altro si è cominciato a pensare anche al grande pubblico. Nel 1989, in collaborazione con l’Istituto della Enciclopedia Italiana, l’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli e il Musée des Sciences et de l’Industrie di Parigi, Michele Emmer inaugura L’occhio di Horus. Itinerari nell’immaginario matematico, una grande mostra intesa come la presentazione di un percorso in diverse tappe in cui le immagini più strettamente matematiche, le spiegazioni e i video si integravano con le opere d’arte per offrire un panorama suggestivo e niente affatto banalizzato della matematica. Nel 1992 è stato invece il turno di Oltre il compasso, mostra nata a Pisa grazie alla determinazione di Franco Conti, che è diventata poi nucleo fondante di quello che tuttora è il museo per la matematica più importante d’Italia, Il Giardino di Archimede diretto da Enrico Giusti. Il museo, nato a Priverno, cresciuto a Firenze ed ora momentaneamente chiuso perché in trasferimento a Pistoia, ha aperto nel 1999 e da allora ha organizzato mostre e attività, tra cui le “passeggiate matematiche”, per avvicinare grandi e piccoli a “la più antica, la più importante e la più trasversale delle scienze”. In seguito, sono emerse altre strutture per celebrare e comunicare la matematica, spesso per indirizzare e valorizzare un patrimonio culturale sotto la guida di personalità che le hanno pensate e create. A Pennabilli in Emilia Romagna nasce, per esempio, grazie all’impegno di Renzo Baldoni, il museo Mateureka che “custodisce la memoria delle invenzioni e delle idee che hanno fatto grande la storia del calcolo e della matematica” e che ora si avvia a diventare un testimone anche della storia dell’informatica. A Perugia, invece, nel 1998 Emanuela Ughi apre la Galleria di Matematica, in cui sono raccolti “oggetti matematici” creati da lei e dai suoi studenti all’università di Perugia, pensati per aiutare altri studenti a “vedere” in profondità concetti che in generale restano misteriosi. Altre realizzazioni significative sono il Laboratorio delle Macchine Matematiche di Modena, il Museo di Matematica e Informatica di Parma e il più recente Museo della Matematica (MuMa) di Bari, tutti dipendenti dai relativi poli universitari. Come si vede, i musei che abbiamo citato sono legati in modo più o meno stretto all’insegnamento, in particolare in ambito universitario, talvolta eredi di collezioni di artefatti storici. Per guardare anche al di fuori dei confini nazionali, osserviamo che pure in diverse altre parti del mondo hanno cominciato a sorgere vari musei dedicati interamente alla matematica, musei che alternano illustrazioni classiche di applicazioni matematiche (come la celebre bicicletta a ruote quadrate o le “storie” sul Pi Greco o il Teorema di Pitagora) a exhibit interattivi più moderni. Tra questi possiamo ricordare il National Museum of Mathematics (Mo- Math) di New York, nato nel 2012, e il Museu de Matemàtiques de Catalunya a Cornellà de Llobregat, vicino a Barcellona, aperto nel 2014. A questi si aggiunge, forte degli ideali del suo fondatore, il Mathematikum di Giessen, in Germania. Ideato e realizzato da Albrecht Beuthelspacher nel 2002, nell’ambito del progetto Maths Alive: Mathematics in the everyday life, condivide con Il Giardino di Archimede la struttura interattiva e propone percorsi basati sul fare, sul gioco, sulla meraviglia, per aiutare il visitatore a comprendere che la matematica è nella vita quotidiana e che non è difficile coglierne la presenza in molti fenomeni.

5 risposte

  1. Molto bene. Rilancio proponendo di segnalare anche le mostre estemporanee, in qualche modo vicine alla matematica, che con uno sguardo più approfondito possono essere numerose. Io segnalo la mostra di Julio de Parc – The discovery of perception a Siena Palazzo delle Papesse dal 13 sett. 2024 al 16 mar. 2025. https://palazzodellepapesse.it/mostra-in-corso/?_gl=1*etzha3*_up*MQ..*_gs*NQ..&gclid=EAIaIQobChMIudfa37iLigMVRZ2DBx0EmDsfEAAYASAAEgIGjvD_BwE

  2. Grazie per le informazioni. Sarebbe interessante se ogni lettore indicasse un museo, anche minore, che in qualche modo coinvolge la matematica. Penso che ce ne siano tanti in Italia e in Europa e si potrebbe costruire un piccolo data base. Comincio io segnalandone un paio:
    1. il Museo del Balì a Saltara di Fano (PU) https://www.museodelbali.it
    2. Museo Fisica Experience a San Giovanni in Persiceto (BO) https://www.fisicaexperience.it/esposizioni
    Ancora grazie.

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