E’ passata un po’ in sordina la pubblicazione, all’inizio di quest’anno, del Libro bianco della Commissione europea sul rafforzamento del sostegno alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie con un potenziale a duplice uso.
Vengono definite a duplice uso, o duali, quelle tecnologie utilizzabili tanto in ambito civile quanto in quello militare. Capirete che il tema e il contesto geopolitico avrebbero dovuto far accendere più di una spia. Il perché è presto detto. L’avvio di questa consultazione pubblica segna da un lato un punto di arrivo di un processo iniziato nel 2016, dall’altro costituisce un decisivo cambio di strategia dell’Unione europea in tema di difesa.
Nel 2016, il dibattito sulla necessità di dotare l’Unione europea di una difesa autonoma aveva ricevuto un notevole impulso dopo il radicale cambiamento della politica estera americana nei confronti della sicurezza nell’Unione europea. L’ex presidente americano, Barack Obama, in un’intervista alla rivista Atlantic aveva rimproverato gli europei di essersi comportati come degli scrocconi (free riders) nell’intervento in Libia del 2011. Dichiarazioni che avviarono una nuova fase, accelerata dai due eventi che più hanno caratterizzato l’ultimo lustro: la pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Prima della svolta di Obama, esistevano due modelli di approccio: quello degli Stati Uniti e quello dell’Unione europea. Da una parte, una forte spesa privata in ambito tecnologico e una visione di politica pubblica in cui il sostegno alle tecnologie nel settore militare rimaneva forte e stabile. Dall’altra, un’entità politica che stentava a muoversi compatta e che privilegiava l’investimento nel comparto civile. Ebbene, il Libro bianco segna l’abbandono di questa via e la ricerca di una strada che porti l’Ue sulle tracce del modello a stelle e strisce.
Giusto o sbagliato che sia, che ruolo avrà la scienza in questo passaggio?
Una prima risposta l’abbiamo avuta dall’esito delle consultazioni aperte dal Libro bianco dove a prevalere è la volontà neppure troppo nascosta di mantenere separati i due contesti. Il problema di mettere insieme due mondi finora separati, con i ricercatori civili in generale sospettosi o addirittura ostili solo a sentir parlare di applicazioni militari del loro lavoro, è molto delicato.
La strada però sembra tracciata. E allora la scienza e gli scienziati si troveranno di fronte al dilemma su che cosa fare e per chi farlo. Una scelta non banale ma che conferma la centralità della ricerca nel processo decisionale della società.
Il prossimo mese saranno trascorsi quattro anni dalla morte del nostro caro amico e maestro Pietro Greco. La scienza intesa come strumento di pace è stato uno dei suoi cavalli di battaglia. Nelle conclusioni di Hiroshima. La Fisica ha conosciuto il peccato, Pietro scriveva: “Ed ecco, dunque, qual è il dovere dello scienziato. Un dovere speciale. Etico. Socializzare le sue conoscenze. Sensibilizzare e coinvolgere le grandi masse. Contrastare la visione del mondo tragica, ineluttabile proposta dalla cultura che si sta imponendo all’alba della nuova era nucleare”.
Vincenzo Mulè – Direttore responsabile
Ps Ciao, Liliana. È stato un privilegio condividere un pezzettino di strada