Tra social network e smartphone. Come possiamo aiutare la “generazione ansiosa”?

Si moltiplicano le iniziative per contrastare ansie e disagi a cui sembrano particolarmente esposte le ultime generazioni: panico sociale, dipendenze, perdita del sonno e della capacità di concentrazione…

Mentre è già in vigore la normativa scolastica voluta fortemente dal ministro Valditara sul divieto di uso dello smartphone, anche per scopi didattici, fino al termine della secondaria di primo grado, un gruppo di pedagogisti, psicoterapeuti, neurobiologi, neuropsichiatri infantili e altri esperti si è fatto promotore di una petizione, lanciata sulla piattaforma Change.org, per chiedere al governo italiano un’ulteriore stretta sugli smartphone: niente telefoni personali a chi ha meno di 14 anni e nessun profilo social per gli under 16 (ipotesi già peraltro ventilata in diversi Paesi, come La Gran Bretagna).

Lanciata negli scorsi giorni – l’11 settembre – rapidamente la petizione ha superato il traguardo delle 5.000 firme. Le prime sigle sono quelle del pedagogista Daniele Novara, direttore del Cpp, e del medico e psicoterapeuta Alberto Pellai. Seguono le firme di 24 esperti e di diversi esponenti di Unita (Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo), tra cui molti attori, da Stefano Accorsi a Luca Zingaretti, da Paola Cortellesi a Pierfrancesco Favino.

Ad infiammare ulteriormente il dibattito arriva proprio in questi giorni anche in Italia, dopo l’enorme impatto negli Usa, il saggio di Jonathan Haidt “La generazione ansiosa” (disponibile in traduzione italiana per i tipi di Rizzoli), in cui l’autore sintetizza in modo nettissimo quanto emerso da diversi studi: “La Generazione Z è la prima ad aver attraversato la pubertà con in tasca un portale verso una realtà alternativa eccitante, ma pericolosa. È la prima ad aver sperimentato la transizione da un’infanzia basata sul gioco a un’infanzia basata sul telefonino, ma anche da un’infanzia libera a una ipercontrollata: mentre gli adulti hanno infatti iniziato a proteggere eccessivamente i bambini nel mondo reale, li hanno lasciati privi di sorveglianza in quello online. Questa “riconfigurazione” ha interferito con lo sviluppo di bambini e adolescenti causando ansia, privazione del sonno, frammentazione dell’attenzione, dipendenza, paura del confronto sociale”.

È davvero così drammatica la situazione? L’impatto degli smartphone e dei social sta davvero distruggendo intere generazioni? Non tutti ne sono convinti ma il dibattito divampa. Ne abbiamo parlato sul Prisma di settembre in edicola (acquista qui il pdf della rivista e leggi tutti gli articoli) intervistando docenti di diversi ordini di scuola, genitori, psicologi, neuropsichiatri ed esperti… perché una soluzione semplice ad un problema complesso non crediamo esista.

 

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