Sapete quale è stato il settore meno considerato nel corso della campagna elettorale per le elezioni europee di questo mese? Bravi, avete indovinato! Proprio la ricerca scientifica. Solo due partiti europei hanno prestato attenzione al tema e chiesto un aumento del Pil per la ricerca e lo sviluppo. Il Partito popolare europeo ha chiesto all’Ue e agli Stati membri di “raggiungere un investimento combinato del 4% del Pil, concentrandosi sull’eccellenza scientifica” mentre la Sinistra Europea ha chiesto di “destinare il 7% del Pil dell’Ue all’istruzione, alla ricerca e all’innovazione”. Per gli altri, la scienza è finita in un calderone che comprende la transizione energetica, la trasformazione industriale e digitale e il sostegno alle donne nei settori scientifici.
È giusto o no boicottare la ricerca israeliana? Oppure, capovolgendo la visuale, è giusto reprimere con la forza le proteste che si susseguono nelle università a sostegno della causa palestinese? Lo abbiamo chiesto a due docenti italiani, Angelo Tartaglia, professore emerito di fisica del Politecnico di Torino, e Raffaella Rumiati, titolare della cattedra di neuroscienze cognitive presso la Sissa Trieste, “schierati” su posizioni opposte. Sono emersi temi forti, lacerazioni profonde che non si possono risolvere con una semplice contrapposizione campanilistica. Viviamo un passaggio epocale della nostra storia. Come uomini, scienziati, professionisti e semplici cittadini occorre averne consapevolezza. E affrontare questo momento con le uniche armi che riconosciamo, quelle della ragione e della solidarietà.
Alan Turing è stato uno fra gli scienziati che maggiormente hanno visto incrociare la loro vicenda personale con i fatti che hanno determinato la storia a loro contemporanea. Un genio, capace non solo di contribuire alla sconfitta dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale ma anche di aprire la strada al futuro. Sono sue le intuizioni che anni dopo hanno portato alla creazione dei pc e allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale. Eppure, ebbe una vita segnata dall’emarginazione e dal dolore. Tanto da decidere di farla finita proprio 70 anni fa uccidendosi dopo un’umiliante condanna legata alla sua omosessualità. “Ci dispiace, avresti meritato di meglio”, ha detto il primo ministro inglese Gordon Brown nel 2009 in una dichiarazione di scuse ufficiali da parte del governo del Regno Unito.
Una frase che potrebbe valere per la nostra sanità, ormai al collasso e alla vigilia di un’estate da incubo. Come per chi, per un puro accidente storico, si trova a vivere nel martoriato Medio Oriente di questo periodo. Un’affermazione, però, che starebbe bene anche se fosse rivolta agli elettori che questo mese in Europa scelgono la nuova composizione del Parlamento.
Buona lettura!
Vincenzo Mulè
Direttore responsabile