C’è un vecchio indovinello in cui una spia è incaricata di scoprire il sistema di parole d’ordine usato dai nemici per l’accesso alla propria fortezza. Giunta vicino all’ingresso, si nasconde dietro un cespuglio e si mette ad aspettare pazientemente. Dopo un po’ arriva un soldato e la sentinella gli urla: “Sei!”. Il soldato risponde altrettanto forte: “Tre!” e viene lasciato entrare. Al secondo soldato la guardia intima: “Otto!” e alla risposta “Quattro!” lo lascia passare. Al terzo: “Dodici!” e la risposta giusta, come la spia ormai ha intuito, è: “Sei!”. Il meccanismo è fin troppo semplice: basta rispondere la metà. Per sicurezza, però, la spia aspetta ancora un po’. La quarta volta la guardia grida: “Ventiquattro!”. Stavolta il soldato – che dall’aspetto non sembra molto sveglio – ci pensa qualche secondo e poi risponde: “Dodici!”, entrando poi con un certo sollievo. Senza più dubbi, l’agente segreto, travestito da soldato nemico, si presenta a sua volta e viene apostrofato: “Quattro!”. Risponde prontamente: “Due!” ma non viene lasciato entrare; anzi, viene subito arrestato. La risposta esatta era “Sette!”: non bisognava rispondere la metà del numero, ma il numero di lettere della parola. In effetti, la spia era stata un po’ sfortunata. Se gli avessero detto: “Dieci!”, avrebbe risposto correttamente: “Cinque!”. Oppure, se gli avessero detto un numero dispari, avrebbe forse intuito che la sua ipotesi era erronea prima di rispondere temerariamente. Ma è stato anche frettoloso: non ci sono in italiano altri numeri che si prestano a questa ambiguità. Bastava aspettare sei soldati per capire di essere sulla pista sbagliata. Facciamo ora un passo oltre l’indovinello tradizionale e immaginiamo che, dopo la cattura della spia, i suoi superiori decidano di inviarne un’altra, più acuta e prudente. Anche il nuovo agente si nasconde e si mette in ascolto. Al primo soldato la guardia urla: “Tre!” e la risposta corretta è “Tre!”. Al secondo, l’intimazione è: “Otto!” e la risposta è: “Quattro!”. Al terzo: “Ventuno!” e la risposta è: “Sette!”. Il quarto soldato – quello più tardo – viene apostrofato con “Trentasei!” e, dopo un attimo di perplessità, risponde correttamente: “Nove!”. La nuova spia, dotata di un certo intuito matematico, deduce che bisogna rispondere la prima volta il numero stesso, poi la metà, poi un terzo, poi un quarto e così via. Per non correre rischi, però, aspetta ancora. Arriva un quinto soldato che, alla domanda: “Quaranta!”, risponde: “Otto!”. Al sesto tocca il quesito più difficile: “Sessantasei!”, e la risposta (giusta) è: “Undici”. Non ci sono più dubbi: al suo turno, alla domanda “Novantotto!”, l’agente con il bernoccolo della matematica divide per sette e risponde all’istante: “Quattordici!”. Anche lui viene però arrestato, perché la risposta giusta era il numero delle lettere: “Dieci”. E anche a lui sarebbe bastato aspettare un settimo soldato perché non ci sono, in italiano, numeri che hanno un numero di lettere pari a un settimo del loro valore. Ce ne sono invece alcuni che ne hanno un nono (ottantuno e novantanove), un ventesimo (cento) e un duecentesimo (mille). L’unico numero che ha un numero di lettere pari al suo valore è tre. Per trovarne altri, basta però provare con altre lingue (naturalmente quelle che hanno un alfabeto, a differenza per esempio del cinese). Per cominciare con i casi facili: four in inglese, vier in tedesco, cinco in spagnolo. Per il due, si trovano il danese (to) e il basco (bi) mentre per l’uno ci sono il dialetto catalano di Valencia (u) e la lingua yaghnobi del Tagikistan (ī). Ovviamente la ricerca è limitata ai numeri piccoli: è improbabile che una lingua abbia una parola di cento lettere per indicare il numero cento! Fra i più grandi ci sono bederatzi (ancora in basco), septiņi e vienpadsmit (in lettone) e addirittura gjashtëmbëdhjetë (provate a pronunciarlo!) in albanese. A quali numeri corrispondono? Basta contare il numero delle lettere!