Una sperimentazione dovrebbe fornire, partendo da certe condizioni e in un contesto controllabile, esiti empirici che permettano di validare o meno una teoria o una data ipotesi.
C’è un solo ambito in cui, quando si parla di sperimentazione, ci si riferisce a processi i cui esiti sono totalmente trascurabili, misconosciuti e irrilevanti: la scuola.
Con “sperimentale”, nel gergo dell’istruzione, si intende che si può fare qualcosa di diverso dalle regole, autorizzati da chi fa le regole. A patto di non porsi troppe domande sugli esiti.
Eppure sarebbe stato interessante, per esempio, sapere i risultati dei percorsi sperimentali quadriennali che hanno compiuto la magia di comprimere 5 anni di scuola superiore in 4. Inizialmente aperti nel 2017 a 100 scuole, sono stati allargati ad una platea di 1.000 nel 2021 ma delle relazioni del Comitato scientifico nazionale che doveva controllarli non c’è traccia sul sito del ministero. Il numero delle scuole che hanno deciso di avvalersi dell’accorciamento del percorso è in realtà molto inferiore e questo è l’unico esito reso pubblico.
In assenza quindi di una verifica sulla loro efficacia, le sperimentazioni quadriennali vengono allargate in corsa dall’attuale ministro per gli indirizzi tecnici e professionali. Mentre il disegno di legge che istituisce una riforma degli Istituti tecnici in forma quadriennale è in discussione in Parlamento, un decreto del 7 dicembre 2023 anticipa e condiziona la stessa prospettiva che il Parlamento deve ancora approvare tramite una sperimentazione per il prossimo anno. E si compie un’ulteriore magica contrazione temporale: non solo i 5 anni riescono a rientrare nei 4 ma, in una decina di giorni, le scuole devono riuscire a presentare la domanda per la sperimentazione dei quadriennali a partire dal prossimo anno scolastico, approvata dai consigli di istituto e dai collegi docenti, con accordi di rete e partenariati con imprese, all’interno dei Piani regionali.
Nel frattempo, in quella stessa decina di giorni, le scuole devono progettare, per il passaggio da 5 a 4 anni, il potenziamento dell’orientamento, dell’alternanza (Pcto), delle discipline Stem, dell’internazionalizzazione, dell’apprendimento delle lingue, dell’attività laboratoriale, la modifica degli orari, quella del calendario scolastico e ridisegnare la didattica. Assicurando in quattro anni il raggiungimento degli stessi obiettivi di apprendimento e delle competenze previste per i profili in uscita del quinto anno.
Particolare non trascurabile: di tutto ciò le famiglie devono essere informate, in modo che possano fare una scelta consapevole e ponderata. Vedremo gli esiti di tutto ciò. O forse no.