È il clima il migliore alleato delle rinnovabili

Sole, vento e acqua: saranno le fonti energetiche rinnovabili a salvarci. È quello che con sempre maggiore forza emerge dai grandi consessi internazionali, dai palazzi della politica, dalle convention aziendali, dalle aule universitarie. L’energia eolica, fotovoltaica, idroelettrica, geotermica o a biomassa è la chiave di volta di una trasformazione evidente ma che procede tuttora a rilento. Questo perché lo sviluppo delle energie rinnovabili presenta ancora tanti ostacoli e il principale è la loro incostanza, la loro aleatorietà, la loro alterna disponibilità. Il sole c’è di giorno ma non di notte ed è presente ad alcune latitudini più che in altre. Così il vento, che spira più in alcune zone e in determinati periodi dell’anno. Mentre la ricerca tecnologica anima la corsa a sistemi sempre più efficienti di storage (immagazzinamento di energia), la meteorologia si è ormai affermata come la grande alleata delle energie green. Secondo Marina Baldi, climatologa dell’Istituto per la bioeconomia del Cnr, “il supporto della meteorologia alle rinnovabili permette di capire qual è la variabilità della risposta dell’impianto e di valutare quale sia la sua potenza sotto certe condizioni meteo”. Informazioni indispensabili soprattutto per l’eolico e il fotovoltaico, per cui lo studio dei fenomeni climatici rappresenta una miniera di dati preziosissima. “I cosiddetti atlanti climatologici del sole e del vento sono un’elaborazione di dati raccolti su periodi molto lunghi, tipicamente 30 anni, e ci permettono di capire se conviene installare un impianto eolico o solare, in quale zona, di quale dimensione e di quale orientamento. Le informazioni meteorologiche e climatiche permettono in sostanza di risolvere due tipi di problemi: uno sul lungo termine (dove installare l’impianto) e l’altro nel breve termine (attraverso le previsioni giornaliere) rilevanti soprattutto per quel che riguarda gli impianti eolici”. Nel caso degli impianti eolici questi dati riguardano la ventosità di una zona, l’icing (la formazione di ghiaccio che impedisce alle turbine eoliche di essere efficaci), la temperatura, la densità dell’aria, la direzione del vento. Tutte informazioni che diventano indispensabili anche nella costruzione degli impianti eolici offshore, quelli cioè in alto mare, al largo delle coste, che necessitano di informazioni riguardo il tipo di vento, la sua direzione e intensità, nonché la sua costanza. Per gli impianti fotovoltaici, invece, il dato principale è l’irraggiamento, che nelle stazioni meteorologiche viene misurato in watt per metro quadro. “Le condizioni solari del nostro Paese sono talmente ottimali che per un campo fotovoltaico efficiente basta solitamente che i pannelli siano orientati verso sud e inclinati a 30-35 gradi”, osserva Marina Baldi. La meteorologia è determinante anche per i cosiddetti impianti di microgenerazione, ovvero quei piccoli sistemi fotovoltaici presenti in abitazioni private, aziende o piccole-medie imprese. Secondo gli ultimi dati Terna, nel mese di aprile 2022, la richiesta di energia elettrica in Italia è stata soddisfatta per il 36,8% da rinnovabili, con un aumento della produzione eolica (+53,5%) e di quella solare (+17,6%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In questa crescita un importante ruolo è giocato dai piccoli impianti allacciati alla rete che, come sottolinea Marina Baldi, traggono “giovamento dall’analisi meteorologica che può aiutare i piccoli produttori a stabilire quanta energia si può consumare oggi, in virtù delle previsioni dei prossimi giorni, e quanta ne possono restituire alla rete perché non utilizzata. E, ovviamente, questa re-immissione di energia nella rete nazionale contribuisce alla stabilità e all’efficienza della rete”. Lo sfruttamento efficiente di un impianto rinnovabile diviene perciò un beneficio privato ma anche un aiuto all’intera rete elettrica. Per questo, meteorologia ed energie rinnovabili costituiscono un connubio sempre più utile, supportato anche dall’evoluzione digitale. “Rispetto a 20-30 anni fa possiamo immagazzinare, elaborare, analizzare un’enorme mole di dati. Attraverso la big data analysis, abbiamo potuto perfezionare i nostri modelli sia per le previsioni a 3-5 giorni che per quelle mensili e stagionali. Tutto questo è stato poi favorito anche dalla diffusione di device come smartphone e tablet che permettono consultazioni istantanee ovunque ci si trovi”. Protagonisti di questa rivoluzione tecnologica sono stati anche i satelliti, sempre più precisi nell’osservazione dei fenomeni terrestri e in quota e quindi in grado di reperire e fornire dati utilissimi alle previsioni del meteo. “Sono proprio questi dati il tesoro che inseriamo nei nostri modelli matematici, basati su equazioni del moto della massa d’aria ed equazioni della termodinamica. In una fase successiva, il modello trasforma tutto in un codice in linguaggio-macchina che darà informazioni sullo stato dell’atmosfera nel tempo”. I modelli matematici restituiscono, in sostanza, quelle mappe meteorologiche che da decenni siamo abituati facilmente a consultare in coda a un telegiornale o sul nostro portale web preferito. Solo che da loro non dipende più il nostro weekend al mare, o la nostra gita fuoriporta, ma dipende la stessa sostenibilità ambientale e climatica del nostro modello di sviluppo.

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