Ecco il Premio Nobel per la Fisica 2023

Il Nobel per la fisica 2023 è stato assegnato ad Anne L’Huillier, francese e professoressa all’Università di Lund, in Svezia, Pierre Agostini, professore della Ohio State University e Ferenc Krausz, direttore del Max Planck Institute di ottica quantistica e presidente di fisica sperimentale dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco di Baviera.

I tre fisici hanno studiato separatamente “i metodi sperimentali che generano impulsi di luce ad attosecondi per lo studio della dinamica degli elettroni nella materia.

Gli impulsi di luce in tempi brevissimi (un attosecondo equivale a 10-18 secondi, 0,000 000 000 000 000 001 secondi) hanno permesso di “osservare” i tempi di movimento degli elettroni riuscendo a sapere, ad esempio, come è distribuita la carica in una molecola (per il principio di indeterminazione di Heisenberg non è possibile conoscere in ogni istante la posizione dell’elettrone) .

Mentre in una massa atomica i nuclei, a causa della loro massa, si muovono nell’ordine di 10-100 femtosecondi (un fs equivale a 10-15 secondi), gli elettroni, circa 1800 volte meno massicci di un nuclide, hanno una velocità superiore, equivalente a circa 10-1000 attosecondi. Per poterli “osservare”, quindi, c’è bisogno di una fonte di luce estremamente breve.

Il Nobel premia i tre fisici in quanto hanno studiato in tempi e modi differenti questo campo di ricerca che ha visto come pioniera L’Huillier, che per prima è riuscita a sviluppare sorgenti luminose della durata di attosecondi. Nel 1987 la fisica francese ha scoperto che lanciando un fascio di luce laser a infrarossi attraverso lo xeno, gli atomi rimandavano parte di questa luce sotto forma di onde a diverse lunghezze d’onda, o armoniche, nel campo dell’ultravioletto estremo.

Sulla base delle esperienze di Anne L’Huillier, Pierre Agostini, nel 2001 è riuscito a studiare questi impulsi consecutivi di luce della durata di soli 250 attosecondi utilizzando un laser titanio-zaffiro. L’atto finale è stato raggiunto da Ferenc Krausz che ha studiato una tecnica per separare un singolo impulso di luce della durata di 650 attosecondi.

La ricerca ha così permesso di studiare il comportamento degli elettroni nei composti molecolari sino a tracciare, ad esempio, le frequenze con cui i legami chimici tra i vari atomi si allungano o si contraggono e ricostruire i modi con cui vibrano le molecole conoscendo così la sua struttura e i cambiamenti in atto.

Sebbene ancora alle fasi embrionali, lo studio di quella che oggi si chiama attochimica ha già riscosso interesse nel campo medico: riuscire a identificare la presenza di una molecola specifica sulla base dell’impulso emesso dagli elettroni potrebbe, ad esempio, portare alla scoperta di malattie al loro stadio iniziale.

Nell’industria dei semiconduttori, invece, gestire impulsi di luce della durata di attosecondi possono aiutare a studiare la dinamica dei superconduttori.

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