La Resistenza gentile di Ugo Morin

Gli strazianti episodi che vediamo della guerra in Ucraina ci danno la possibilità di immaginare più direttamente quello che è stato per l’Italia il quinquennio 1940-1945: le nostre città bombardate dall’aviazione anglo-americana, gli eserciti americano e inglese che nel 1943 dalla Sicilia risalgono la penisola, i quarantacinque giorni che dal 25 luglio all’8 settembre portano al cambio di alleanze, la guerra contro i tedeschi diventati ora i nostri nemici e, allo stesso tempo, la guerra civile contro i residui del fascismo radunati nella Repubblica di Salò! Ugo Morin fu uno dei giovani (e meno giovani) – aveva 40 anni – che si schierarono dalla parte giusta contro le forze nazi-fasciste. E pensare che il suo esordio politico era stato al fianco di Gabriele D’Annunzio… Nasce nel 1901 a Trieste, allora territorio dell’Impero austro-ungarico, ma dopo la fine della prima guerra mondiale diventa cittadino italiano. È motivato da forti sentimenti nazionalistici e irredentisti e partecipa, appunto con il Vate, all’impresa di Fiume con l’obiettivo di premere sulle trattative di pace e permettere l’annessione della città all’Italia. L’avventura di D’Annunzio termina alla fine del 1920 e Morin torna alla vita civile: lavora per un certo periodo come capitano della marina mercantile e poi si iscrive a matematica all’università di Padova dove si laurea nel 1926, con una tesi in geometria con Annibale Comessatti. Comincia poi la carriera accademica che lo porta nel 1942 a vincere la cattedra universitaria a Firenze. La spola tra Firenze e Padova, dove continua a tenere i rapporti con l’Istituto matematico, è particolarmente importante per la sua maturazione politica. A Padova frequenta Giuseppe Zwirner, il giovane fisico Eugenio Curiel (che, allontanato dall’università perché ebreo e comunista, sarà una delle figure più rappresentative della Resistenza), Ernesto Laura docente di meccanica razionale, il farmacologo Egidio Meneghetti che dopo la Liberazione sarà anche rettore dell’università, Norberto Bobbio e soprattutto Silvio Trentin che eserciterà su di lui una forte influenza. A Firenze invece conosce Piero Calamandrei e Tristano Codignola e diventa uno dei tramiti della diffusione in Veneto delle idee del gruppo fiorentino del Partito d’Azione, in cui confluisce il movimento antifascista Giustizia e Libertà. Al Partito d’Azione, Morin aderisce già nel 1942. Di lui cominciano a interessarsi la polizia fascista e dopo il 25 luglio le forze naziste che in un’occasione, mentre sta rientrando sotto falso nome da Firenze, lo fermano per chiedergli se ha notizie di un certo prof. Morin che non riescono a catturare e lui è pronto a rispondere in un perfetto tedesco, lingua che conosceva benissimo. La situazione precipita dopo il 9 novembre del 1943, quando a Padova il rettore Concetto Marchesi invita i giovani universitari a unirsi alle forze delle Resistenza. Morin è tra coloro che prendono le difese del rettore e allontanano i fascisti dall’Aula Magna ma, poi, è costretto alla clandestinità. Nel novembre del 1944 entra nel Comitato di liberazione nazionale (Cln) di Padova in rappresentanza del Partito d’Azione e in sostituzione dei precedenti componenti che erano stati tutti arrestati. Un’altra soffiata consegna alla famigerata banda Carità lo stato maggiore del Cln veneto che, nel gennaio del 1945, avrà in Morin il nuovo presidente. È lui a trattare la resa dei tedeschi che lasciano Venezia desistendo dal proposito di distruggere navi, attrezzature portuali e gli impianti già minati di acqua, luce e gas. La città è liberata il 28 aprile del 1945. Si fa fatica a immaginare nelle vesti di tribuno questo docente di geometria che Norberto Bobbio ricorderà di non aver mai visto agitato, “uomo tranquillo, di grande equilibrio interiore […] con il volto atteggiato al sorriso” e che tra poco tornerà a indossare la toga accademica. E invece è proprio lui che, come rappresentante del Cln regionale, il giorno dopo la liberazione di Venezia parla in Piazza San Marco per annunciare la fine della guerra. Morin lascerà il Cln il 5 marzo del 1946, dopo aver seguito da vicino le fasi più dure della ricostruzione. Non abbandona però la vita politica. Quando nel 1947 il Partito d’Azione si scioglie, entra nel Partito socialista e nelle sue file si presenta alle elezioni del 1948 per la Camera dei deputati. Non viene però eletto. Ce la fa, sempre con il Partito socialista, nelle elezioni comunali del 1951 ed è consigliere comunale a Padova fino al 1956. In città è un preciso punto di riferimento per le donne e gli uomini della Resistenza. Le cronache politiche di quegli anni riportano un suo deciso intervento quando il 24 aprile del 1949, alla vigilia dell’anniversario della Liberazione, Giorgio Almirante (che era stato un esponente della Repubblica di Salò) aveva tentato di tenere un comizio e per di più nella stessa piazza dove pochi anni prima i nazi-fascisti avevano impiccato due partigiani: durante la sollevazione popolare per impedire il comizio, Morin si era scontrato con le forze di polizia ma era riuscito a salire sul palco e a togliere letteralmente di bocca il microfono all’oratore! Quando finisce il suo mandato di consigliere comunale, non si ripresenta alle successive elezioni. Rimane iscritto al Psi ma abbandona definitivamente la politica. Torna a fare, a tempo pieno, il professore universitario. Subito dopo la guerra, era stato “comandato” presso la nuova università di Trieste – ne sarà il primo preside della facoltà di scienze – ma, con l’eccezione di questa parentesi, Padova rimarrà la sua sede definitiva. Riprende, con maggior tempo a disposizione, i suoi studi in geometria ma troverà anche il modo di interessarsi alla didattica della matematica e al suo rinnovamento. Nel settembre 1965 parteciperà con un proprio progetto al dibattito sugli insegnamenti matematici da inserire nell’eventuale laurea abilitante all’insegnamento di “Matematica, Osservazioni ed Elementi di Scienze naturali” attivato nella Scuola media unica da poco istituita. Un progetto, il suo, poggiato sulla convinzione che nella scuola media debba essere maggiore l’attenzione dedicata alla matematica rispetto a quella dedicata alle osservazioni scientifiche. Sarà vice presidente dell’Unione matematica italiana dal ’64 al ’67. Nell’interessante articolo pubblicato nel 2018, a 50 anni dalla scomparsa di Ugo Morin, Luigi Tomasi lo ricorda tra l’altro con queste parole: “Non solo è un illustre docente universitario, ma è anche molto interessato all’insegnamento della matematica nella scuola secondaria. Conosce bene la scuola secondaria, partecipa quasi ogni anno agli esami di maturità come presidente di commissione, presiede varie commissioni nazionali di concorso a cattedra di Matematica per la Scuola secondaria di I e di II grado, partecipa attivamente a convegni nazionali e internazionali sull’insegnamento della matematica e tiene numerosi corsi di formazione e aggiornamento per docenti di matematica. In questi corsi propone un “insegnamento moderno della matematica” e contribuisce attivamente a scrivere dei nuovi programmi per la scuola secondaria, per la riforma del corso di laurea in matematica e per la formazione degli insegnanti di matematica per la scuola secondaria”. Muore a Padova il 1° gennaio 1968.

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