Pensieri divergenti – Disparità

Mi auguro che qualcuno non pensi di cambiare il titolo di grande apertura prospettica di questa rubrica in un claustrofobico “Pensiero ostinato” se per l’ennesima volta denuncerò, forte di un coro di interventi, la radice del problema. António Guterres, segretario generale dell’Onu, lo ripete spesso: il crescente divario tra Nord e Sud non è solo moralmente inaccettabile, ma pericoloso: avvicina una tempesta perfetta in quanto le crisi globali lo stanno allargando. Il Global Crisis Response Group on Food, Energy and Finance dell’Onu ha valutato che oltre 1,7 miliardi di persone, già colpite dalla pandemia, dalla crisi climatica e dalle soluzioni militari alle controversie internazionali, saranno a breve a rischio povertà, fame e disordine sociale.

Tragiche disparità emergono anche all’interno di Paesi come l’Italia. L’inflazione ormai galoppante, come si diceva un tempo, non è neutra: agendo in percentuale colpisce, in proporzione, molto di più i ceti più fragili e i minori più degli adulti. Nel 2020 abbiamo avuto un incremento di 1 milione di poveri. A ciò si somma l’altro divario tutto italiano tra Nord e Sud che affronto oggi dall’angolazione evidenziata dall’Alleanza per l’infanzia: gli asili nido. Il comitato per il contrasto alla dispersione scolastica e il superamento dei divari territoriali ha dichiarato che il Pnrr rischia di non ridurre la povertà educativa.

L’Ue raccomandava un numero di posti negli asili nido pari al 33% dei bambini 0-3 anni entro il 2010 (era uno dei numeri-obiettivo nella mia campagna elettorale a sindaco di Udine nel 2008, raggiunto nel 2104, ahimè anche per la riduzione delle nascite). La media italiana è oggi del 25,5%, ma l’Italia è divisa in due: al Sud è al 10% mentre nell’Emilia di Malaguzzi è più del 33%. E la percentuale di posti pubblici è inversamente proporzionale alla percentuale di quelli disponibili. Poiché l’asilo nido non è gratuito, scatta un effetto perverso, il cosiddetto Matthew effect: a chi ha verrà dato e a chi non ha verrà tolto. Significa che solo i genitori che lavorano entrambi possono permettersi l’asilo nido. Quindi, proprio là dove c’è maggiore disoccupazione ci sono meno disponibilità. Tutto ciò è leggibile anche nell’incidenza dell’occupazione femminile (33% al Sud, 60% al Nord, 63% Ue).

E al Sud, dove ci sarebbe più bisogno di investimenti, gli enti locali competenti per la presentazione dei progetti sul Pnrr hanno esperienze e velocità minori. La disparità nei test Invalsi, indice di povertà educativa, potrebbe avere inizio nella primissima infanzia. La mancanza di asili nido è la prima privazione nella possibilità di apprendere subita dai bambini italiani. Molta strada deve fare l’Italia per tutelare senza disparità l’infanzia ed evitare che le donne con figli in casa siano sempre più penalizzate.

Con dolore rilevo però che nella legislazione italiana vige ancora quella vergognosa modifica operata dalla Legge 94/2009 che nega ai bambini la certificazione anagrafica quando i genitori siano migranti privi del permesso di soggiorno.

Al momento l’Italia non ha raggiuto nemmeno il target 16.9 dei 17 obiettivi dell’Onu, ossia fornire l’identità giuridica per tutti, compresa la registrazione delle nascite. Con lo ius scholae sia eliminato anche questo vulnus nei confronti dell’infanzia!

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