Doomsday… moonshine… zip proof… frecce e aquiloni… numeri surreali… decadimento audioattivo… Termini evocativi, un po’ esotici, fantasiosi. Tutti coniati da John Horton Conway. Purtroppo non ne potrà inventare di nuovi. E’ ormai già un anno che ci ha lasciato, all’età di 82 anni. Forse il suo nome non era notissimo ai più: non si era occupato di teorie cosmologiche, di buchi neri, di argomenti che stuzzicano l’appetito dei giornalisti. Si era divertito con la matematica e aveva divertito il suo pubblico. Era la dimostrazione vivente che la matematica è una forma d’arte, la più pura immaginabile.
Qualche flash
808017…8000000000 (un numero di 54 cifre) è l’ordine del gruppo semplice sporadico chiamato mostro, uno dei mattoni della classificazione dei gruppi. Impresa che ha richiesto pagine su pagine di dimostrazioni e lo sforzo di numerosi studiosi, distillato infine nell’Atlante dei gruppi finiti i cui autori – Conway, Curtis, Norton, Parker, Wilson – sono, osservava scherzando Conway, tutti matematici con il cognome di sei lettere e con la stessa sequenza di vocali e consonanti!
In questo Conway eccelleva: trovare connessioni nascoste e sorprendenti tra situazioni apparentemente non correlate. A volte erano solo semplici curiosità buone per farsi una risata, come per l’esempio sopra, più spesso si è trattato di fecondi cortocircuiti che hanno gettato nuova luce e aperto strade inesplorate nella ricerca matematica.
Gli è stato chiesto: “Se potessi risvegliarti fra cent’anni, qual è la prima domanda che faresti all’umanità?”. Lui rispose che avrebbe cercato di capire perché esistesse il gruppo mostro. Lo crucciava il non aver ancora capito che cosa c’è veramente sotto.
Scrivete su un foglio: 1, 11, 21, 1211, 111221, 313311, … Come prosegue questa sequenza? Presentata a Conway, lui non riuscì subito a trovare la regola sottostante (né noi ve la sveliamo), ma è stato in grado successivamente di ricavarne risultati sorprendenti: una chimica dei numeri anche da quello che lui riteneva essere “il più stupido dei problemi matematici”.
Conway era anche un “divulgatore”, con uno stile unico. Non disdegnava la matematica ricreativa (suo è per esempio il famoso “gioco della vita”), che per lui aveva la stessa dignità della “vera” matematica dei grandi teoremi. Non a caso era grande amico di Martin Gardner, eccelso divulgatore scientifico, e aveva contribuito più volte alla famosa rubrica Mathematical Games su “Scientific American”.
Insomma… Ci è mancato nell’ultimo anno e ci mancherà.