Una grande potenza che si allarga attraverso basi ed espansionismo commerciale in tutto il mondo. La sua sfera di influenza però si scontra con la presenza di un’altra potenza che ingloba sempre più territori e che entra in competizione avventurandosi in ingerenze in alcuni Stati cuscinetto che si rivolgono alla seconda potenza contro la prima. Insomma: le guerre puniche.
Qualche tempo fa il ministro Cingolani ebbe grande risonanza affermando che, invece di studiare quattro volte le guerre puniche, bisognerebbe studiare di più le materie scientifiche e tecnologiche. In realtà le guerre puniche non tornano quattro volte nei programmi scolastici ma al massimo due: una volta, eventualmente e a maglie larghissime, in età poco più che infantile e una seconda al biennio delle superiori.
Ma davvero le due ore settimanali, massimo tre, dedicate alla storia sono così esiziali per la formazione scientifico-tecnologica? Davvero la storia ha così poco da insegnarci?
Viviamo in un Paese in cui troppo spesso l’ignoranza scientifica viene confessata con candida baldanza: ammettere di non capire di matematica è una specie di vezzo che per certi umanisti equivale già ad assurgere al titolo di poeta laureato. Invece, grandissimi scrittori come Robert Musil stanno a dimostrarci come la matematica possa irrorare la letteratura di metafore grandiose. Però non cadiamo nell’errore opposto: non consideriamo passatismo lo studio della storia e del pensiero che nei secoli si è rivolto verso di noi umani e verso il nostro agire.
Le terribili domande che la guerra ci sta ponendo non hanno solo a che fare con operatività strategiche o con potenzialità tecnologiche. È il disegno di sopraffazione che ci interroga. Come accade in tutte le guerre, un enorme dispendio di intelligenza tecnica e di razionalità viene messa a disposizione di scopi totalmente irrazionali di dominio e di distruzione.
La storia ci fa riflettere su altre epoche e altre guerre. Analogie e differenze. Senza la storia saremmo come ciechi di fronte a queste terribili cronache. Il problema è che la storia fa riflettere se è insegnata bene. Se ci conduce fino alle soglie dei nostri giorni, se è affrontata non come somma di dettagli scorrelati ma come sguardo ampio e sintetico. Se ci chiede continuamente di raffrontare l’attualità con il passato. Se educa al pensiero critico e civico assieme. Ma forse anche le materie tecnologiche più che della concorrenza della storia soffrono della inadeguatezza di buone didattiche, di laboratori efficienti, di programmi sensati. Aggiungere ignoranza storica evidentemente non risolverebbe nulla.
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