Stile libero – La fatica del sapere

Sulle stesse pagine degli stessi giornali e nelle stesse trasmissioni televisive, il pubblico sempre più disorientato sente dire che l’indice RT scende e che sale. Che il picco sarà a Natale e che il picco sarà a primavera. Che Omicron ha soppiantato Delta e che Delta continua a essere pericolosa. In nome del bene dei bambini, si chiede la scuola in presenza. Per difendere i bambini si chiede la Dad. Ogni lunedì quando i dati sui contagi scendono, per il collo di bottiglia del fine settimana, si grida al miglioramento. Quando il martedì risalgono ci si impaurisce per il peggioramento. Allora la soluzione che qualcuno ha proposto è di far cessare il bollettino con i dati. O magari impacchettarli e consegnarli a cadenze settimanali quando ormai sono notizie sorpassate.
Si pensa di vincere la confusione eliminando l’informazione, anziché corredarla di spiegazioni razionali e precise. Mentre bisognerebbe aiutare le persone a interpretarli, a renderli comprensibili, questi dati. Ma comprensibili a chi? Si può parlare a un pubblico digiuno di qualsiasi idea di metodo scientifico? Come agganciare cittadini non preparati e allo stesso tempo impauriti?
La comunicazione della scienza spesso ritiene di rafforzare l’effetto attraverso toni mirabolanti, enfatici, sensazionalistici. Si espongono i risultati e si tralasciano le fatiche della prova. Ne esce un sapere dal sapore dogmatico. L’impressione che il pubblico ne ricava è che i risultati della scienza arrivino magicamente, per una specie di visione nella sfera di cristallo. E vedendo contrapposizioni e discussioni fra esperti, finisce per non credere più a nulla e pensa che ogni evoluzione della conoscenza sia segno di incoerenza, che ogni discussione sia indice di inattendibilità e che ogni modifica sia un segno di debolezza.
A scuola si sono studiati i capitoli dei libri di scienze, di fisica, di matematica. Con le formule ordinate, conclusive, definitive. La storia, le discussioni, i processi di scoperta o di dimostrazione sono alle spalle. Invece che nascondere i dati o lamentare la confusione, bisognerebbe approfittare dell’enorme attenzione sulla pandemia per fare un poco di propedeutica alla scienza. Tentativi ed errori, ipotesi e smentite, approssimazione e provvisorietà dei risultati racconterebbero una scienza più umile. A chi si aspetta la previsione di tutto, o la soluzione di tutto, meglio raccontare la fatica di capire qualcosa.

 

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