Studiare i segnali provenienti dallo spazio più profondo: è questo l’obiettivo di Ska, la rete di radiotelescopi più grande del mondo e uno dei più ambiziosi progetti di ricerca scientifica nella storia dell’umanità. Partirà quest’anno e potrà contare su una potenza di calcolo e una capacità di processare i dati mai vista prima. E l’Italia ha un ruolo di primo piano
Nel 1953 Arthur C. Clarke scriveva I nove miliardi di nomi di Dio, un racconto breve nel quale alcuni monaci tibetani si rivolgono a un’azienda elettronica americana per una strana richiesta. Vogliono un computer per velocizzare il compito nel quale sono impegnati da secoli: trovare tutti i nomi di Dio combinando le lettere del loro alfabeto in ogni modo possibile perché, a loro dire, quello sarebbe lo scopo ultimo dell’umanità. Insomma, un problema di calcolo combinatorio che senza l’aiuto di un computer li avrebbe occupati per altri 15.000 anni.
Non importa che il racconto si chiuda in un modo inatteso che non è qui il caso di svelare. Ciò che conta, invece, è che Clarke abbia intuito l’uso dei supercomputer e dei big data per affrontare importanti questioni scientifiche.
Un perfetto esempio è dato dallo Square Kilometre Array radio telescope (Ska), un progetto internazionale di rilevamento di onde radio mediante un radiotelescopio che è in costruzione in Australia e in Sudafrica e potrà sondare lo spazio profondo. Per sostenerlo, il governo di Canberra ha recentemente stanziato ben 64,4 milioni di dollari: sono destinati alla costruzione di un super centro di calcolo con cui elaborare l’incredibile mole di dati che verranno prodotti nei prossimi decenni. Ma andiamo con ordine perché in questo progetto c’è molto di più, compreso un grosso contributo dell’Italia.
Ska è un programma di ricerca da miliardi di dollari che coinvolge un centinaio tra enti pubblici di ricerca e compagnie private di 16 Paesi nella costruzione del più grande radiotelescopio del mondo. Centinaia di migliaia di antenne saranno installate in due enormi siti: uno in Sudafrica, nel Karoo Desert, mentre il secondo sorgerà in Australia, a 700 km a nord di Perth, nel sito del Murchison Radio-astronomy Observatory. L’area di ricezione
complessiva sarà pari a circa 1 milione di metri quadrati e accoglierà tre diverse configurazioni di antenne: quelle per le frequenze medio-alte in Sudafrica e quelle per le basse in Australia.
Ska è uno dei più grandi progetti di ricerca scientifica nella storia dell’umanità e sarà tra le più grandi installazioni scientifiche del mondo. I lavori per la sua realizzazione partiranno nel corso di quest’anno dopo quasi 30 anni di studi. La vita utile di tutto il progetto è stimata in 50 anni.
L’avvio dei lavori tra Sudafrica e Australia appare più vicino ora che è diventato operativo l’Osservatorio incaricato di realizzare il progetto: istituito nel marzo 2019 con un trattato internazionale siglato a Roma da sei Paesi sotto la guida dell’Italia, lo SKA Observatory (Skao) è stato ufficialmente inaugurato dopo la prima riunione del suo Consiglio avvenuta lo scorso febbraio. Skao è la da organizzazione intergovernativa al mondo dedicata all’astronomia, dopo quella dell’European Southern Observatory (Eso).
Ska sarà molto più veloce di qualsiasi altro radiotelescopio esistente e talmente sensibile da poter rilevare i debolissimi segnali radio provenienti da fonti cosmiche poste a oltre 13 miliardi di anni luce dalla Terra, cioè dall’alba dei tempi, quando le prime stelle e galassie iniziavano a formarsi.
Questo vuol dire tentare di rispondere alle domande fondamentali sulla natura e le sue leggi: come è nato l’universo? Come si formano ed evolvono le stelle e le galassie? È corretta la teoria della relatività? Che cosa sono la materia e l’energia oscura? C’è vita tra le stelle?
In tutto questo l’Italia ha un ruolo di primo piano perché con l’Inaf è stata, fin dal 2000, una delle prime nazioni a partecipare al progetto, tanto che oggi ha un posto nel consiglio d’amministrazione della Ska Organisation. Nei prossimi mesi, nella regione australiana di Murchison, saranno installate 131.072 antenne di alluminio a forma di albero di Natale per captare i segnali a bassa frequenza. Proprio questo componente così importante è stato progettato e realizzato in Italia dall’Inaf e da aziende italiane, a partire da un’idea degli anni ’50 sviluppata da fisici e ingegneri italiani, inglesi e olandesi. Saranno queste antenne a fornire al nuovo centro di calcolo australiano, appena finanziato, un flusso di informazioni senza precedenti per quantità e velocità. Seicento milioni di miliardi di byte ogni anno (circa 10.000 volte l’intero catalogo di Netflix), viaggiando a una velocità 100.000 volte superiore a quella di una normale fibra ottica, arriveranno al Pawsey High Performance Computing Centre di Perth, dove saranno elaborati grazie a una potenza di calcolo pari a un trilione di volte quella che portò gli uomini sulla Luna. L’osservatorio di Murchison utilizzerà una fonte solare fotovoltaica, mentre il supercomputer di Perth sarà raffreddato da un sistema geotermico progettato per ridurre al minimo l’impatto ambientale.
Se non possiamo prevedere se il progetto Ska saprà rispondere ai nostri quesiti, è però probabile che un progetto di tale portata, dove sono richieste tante competenze e tante tecnologie, non potrà non stimolare lo sviluppo di soluzioni innovative in molti campi come già previsto, ad esempio, per l’energia.