Non perdetevi il nuovo libro di “Prisma”! E’ in edicola “Matematici in prima linea”

Cari amici e lettori di Prisma, una grande novità non solo per tutti gli appassionati di storia della matematica ma anche per quelli di storia dell’impegno politico e civile e delle battaglie per i diritti. È finalmente disponibile in edicola (e lo sarà per i prossimi due mesi), e nelle nostre librerie milanesi di fiducia (Hoepli e Egea), il sorprendente saggio, a firma di Simonetta di Sieno e Angelo Guerraggio, Matematici in prima linea: 10 storie di matematici che si sono battuti in prima persona, fisicamente, per quello in cui credevano, cancellando una volte per tutte lo stereotipo del matematico che vive nella sua torre d’avorio lontano dalla realtà!

 

 

Ecco le parole degli autori che presentano il volume:

Il binomio “matematica e politica” è andato alla grande la scorsa estate, trainato dal libro di Chiara Valerio (pubblicato da Einaudi) con l’affermazione, sostenuta già in copertina, che “la matematica è politica”. Il tema è adesso ripreso in chiave storica da Simonetta Di Sieno e Angelo Guerraggio in un volume che approfondisce i “medaglioni” pubblicati via via su Prisma con il titolo “Matematici in prima linea”. Sono 10 ritratti di grandi matematici italiani che, ai propri significativi contributi scientifici, hanno saputo aggiungere una partecipazione appassionata e intelligente alle vicende politiche e sociali della nazione.
Il libro diventa un lungo e coinvolgente viaggio nella storia d’Italia, un’occasione per ripercorrerne le tappe principali viste attraverso le testimonianze di vita di alcuni uomini di scienza. È anche un modo per riportare alla ribalta protagonisti della nostra storia, a volte trascurati per colpa del pregiudizio che i matematici si occupino solo di numeri e di teoremi e in ogni modo si esprimano in un linguaggio che ai più risulta incomprensibile. Invece, sorpresa! I matematici vengono coinvolti nelle vicende del Paese, come tutti gli altri cittadini fanno o dovrebbero fare. Tentano pure di esportare nella vita civile e nel dibattito politico quel rigore e quell’invito a confrontarsi su dati e ipotesi definite con la maggior precisione possibile che sono il contrario del pressappochismo e delle frasi urlate per coprire il vuoto di argomentazioni. Il viaggio nella storia d’Italia in compagnia dei matematici parte con la generazione risorgimentale dei Brioschi, dei Sella, dei Cremona, una generazione che ha costruito l’Italia prima sui campi di battaglia e poi nelle aule parlamentari, nelle istituzioni, nelle scuole e nelle università. È forse esagerato dire che l’Italia l’hanno fatta i matematici, ma non si è comunque molto lontani dal vero. Poi, arriva il periodo giolittiano con la speranza di Volterra che l’asse scientifico fosse uno dei motori principali dello sviluppo e della modernizzazione del Paese.
Un progetto (o un sogno) interrotto dalla prima guerra mondiale e dal sacrificio di tanti giovani come Eugenio Elia Levi. Poi ancora la parentesi del fascismo, che proprio parentesi non fu, e il secondo conflitto mondiale. Il libro di Di Sieno e Guerraggio racconta anche decenni a noi più vicini (e riesce a sfiorare studi che costituiscono tappe importanti della ricerca matematica): con Caccioppoli e de Finetti il secondo dopoguerra, i problemi della ricostruzione, la guerra fredda e il duro contrasto in Italia tra cattolici e comunisti, la breve speranza all’inizio degli anni Sessanta di una nuova primavera nel nostro Paese fondata su scienza e tecnologia, la scuola media unica, la scolarizzazione di massa. Dei problemi dell’insegnamento della matematica si parla con Emma Castelnuovo e con Lombardo Radice. Siamo negli anni ’70 del secolo scorso: l’impegno di Lombardo Radice a favore dei dissidenti sovietici è uno degli anelli che conduce all’ultimo capitolo, dedicato a Ennio De Giorgi. Cambia, con il passare dei decenni, il modo in cui i matematici sono rimasti “in prima linea” nel sostenere un modello di sviluppo fondato sul riconoscimento della centralità di scienza e tecnologia: nei primi decenni dopo l’Unità sono nella stanza dei bottoni; invece già all’inizio del nuovo secolo devono rivendicare degli spazi adeguati visto che il ceto politico ha preso una sua autonoma consistenza e tende a marginalizzare la presenza della società civile, soprattutto se di matrice scientifica; con il fascismo arrivano soldi e nuove istituzioni ma a patto di non occuparsi di politica e di non “disturbare il manovratore”. La seconda metà del Novecento è in generale un periodo difficile per le proiezioni sociali della scienza italiana: il Paese sembra aver scelto un modello di sviluppo in cui non c’è posto per la ricerca (e ce n’è poco anche per gli studi). La cronaca degli ultimi anni lascia però sperare in un futuro diverso. La difficilissima esperienza vissuta con il Covid ha accresciuto nell’opinione pubblica la considerazione e la riconoscenza, se non l’amore, nei confronti della medicina e della ricerca scientifica. Il Nobel per la fisica a Giorgio Parisi ha alimentato un orgoglio nazionale che pone la scienza al livello, perlomeno, di calcio e pallavolo e delle loro vittorie ai campionati europei. Detta così, sembra davvero un’affermazione “blasfema” e fuori luogo ma forse le dinamiche dell’opinione pubblica e dei decision makers non sempre seguono la razionalità degli studiosi. Il tutto partendo da Brioschi, Sella e Cremona…

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