Il lancio degli oltre 3 200 satelliti del progetto Kuiper per lo sviluppo della banda larga ripropone il tema della perdita della libertà. Per tutte le attività sul web dipenderemo da società private, che faranno affari sui nostri dati comportamentali
Che cos’hanno in comune una costellazione di satelliti per telecomunicazioni e una bambola dai capelli biondi? Molto più di quanto si pensi. E non è cosa da sottovalutare perché riguarda la nostra privacy, le nostre informazioni personali e la nostra libertà. «Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia», scriveva Shakespeare nell’Amleto. Difficilmente l’autore inglese avrebbe però potuto immaginare quante cose, realmente, ci sarebbero state in cielo quattro secoli dopo: migliaia di oggetti creati dall’uomo per studiare lo spazio e la Terra e trasmettere parole e immagini in ogni parte del mondo. Ora, a questa moltitudine di oggetti, se ne stanno per aggiungere altri 3 236. Sono i satelliti del Project Kuiper, approvato lo scorso 30 luglio dalla Federal Communication Commission, l’agenzia governativa statunitense responsabile della regolamentazione delle comunicazioni che, di fatto, estende la sua autorità a tutto il mondo. Se il nome Kuiper forse dice poco, tutto diventa più chiaro quando si scopre che è un’iniziativa di Amazon, un’operazione da oltre 10 miliardi di dollari che prevede il lancio di 3 236 piccoli satelliti destinati a posizionarsi tra i 590 e i 630 Km di quota nei cieli americani, per portare Internet
ovunque negli Usa. Come spiegano i responsabili del progetto, «Kuiper fornirà un servizio a banda larga ad alta velocità e bassa latenza in luoghi al di fuori della portata delle tradizionali reti in fibra o wireless. È ispirato dalle esigenze degli utenti in ogni angolo del mondo: dalle famiglie che lavorano e imparano insieme da casa, dagli scienziati e ricercatori che operano in località remote, dai primi soccorritori che intervengono in caso di calamità e da aziende di tutte le dimensioni che trasferiscono la propria attività online. Kuiper servirà le singole famiglie così come le scuole, gli ospedali, le imprese e altre organizzazioni».
Un progetto encomiabile, si direbbe, che si aggiunge alle analoghe iniziative del consorzio britannico Oneweb (che ha già lanciato 74 satelliti su 650 totali) e del più famoso Starlink di Elon Musk che ne ha già oltre 500 in orbita sui 12 000 previsti. Dietro tutto ciò, però, si nasconde un pericolo concreto: la perdita della libertà degli utenti che si affideranno a queste società e che da loro dipenderanno per tutte le attività da svolgere online. Oggi chi controlla il web ha accesso a molte informazioni sulla vita delle persone e il fatto che queste società siano private (e quindi abbiano come obiettivo il profitto) non aiuta certo a dormire sonni tranquilli.
Prendiamo ad esempio proprio Amazon il cui proprietario, Jeff Bezos, non è certo insensibile al richiamo del profitto visto che si è riconfermato l’uomo più ricco del mondo. Un’azienda che conosce i nostri gusti e necessità attraverso la piattaforma di e-commerce, che sa quali programmi televisivi guardiamo e quali musiche ascoltiamo grazie ai servizi di streaming proprietari, che con i dispositivi Alexa ci fornisce quasi ogni genere d’informazione e che (forse) ascolta le nostre conversazioni private: quanto potere in più avrà su milioni di utenti con la realizzazione di Kuiper?
È proprio questa domanda a portarci finalmente alla bambola di cui parlavamo all’inizio. My Friend Cayla era in vendita qualche anno fa negli Usa e nel Regno Unito. Si trattava di un giocattolo capace di rispondere alle domande dei bambiniperché dotato di microfono, altoparlante e collegamento a Internet. Nel 2017 un gruppo di consumatori scoprì che le conversazioni con i piccoli venivano registrate e conservate sui server della Nuance Communications, una multinazionale statunitense specializzata nei software di riconoscimento e trattamento vocale, con tanto di divisione per agenzie militari e governative. In seguito, si appurò che i dati biometrici delle voci, ricavati dalle registrazioni delle conversazioni, erano stati venduti a vari soggetti, tra cui i militari e la Cia. Lo scandalo fu enorme, seguito da quello relativo a Cambridge Analityca che, in termini più diretti, ha svelato al mondo il mercato dei nostri dati personali. Ma è ancora solo la punta dell’iceberg perché colossi come Amazon, Facebook, Google ed Apple raccolgono e trattano incredibili quantità di dati personali (talvolta a nostra insaputa o semplicemente analizzando i nostri comportamenti e le nostre scelte sui social media) e li utilizzano a fini commerciali o come preziosa merce di scambio. La raccolta e il trattamento dei dati personali è stato descritto dalla studiosa americana Shoshana Zuboff nel libro: Capitalismo di sorveglianza, il futuro dell’umanità nell’era dei nuovi poteri.
Secondo l’autrice, siamo di fronte a un nuovo capitalismo dove le materie prime sono le esperienze private umane, raccolte e convertite in dati comportamentali, successivamente venduti o scambiati su un nuovo mercato. Il loro valore è altissimo perché da loro si possono ricavare previsioni sui comportamenti futuri delle persone: in altre parole, soldi e potere. Questa tendenza è destinata a esplodere con l’imminente avvento dell’Internet of Things, dove tutto e tutti saranno connessi alla Rete e tra loro. Ciò darà accesso a miliardi di azioni, scelte e comportamenti di ciascun individuo, una mole di dati che renderà possibile influenzare le scelte future delle persone in ogni campo, compresa la politica.Per la giornalista investigativa americana e Premio Pulitzer Julia Angwin, la raccolta occulta dei dati comportamentali è un pericolo collettivo paragonabile ai cambiamenti climatici. Se a questo, poi, aggiungiamo il rischio derivante dal controllo delle infrastrutture dove transitano tutte queste informazioni, il cerchio si chiude ponendoci di fronte a un nuovo sistema di potere. Un potere nelle mani di poche, grandi aziende, fondato sull’analisi e controllo delle informazioni e dei comportamenti individuali. Siamo sicuri che un futuro del genere ci piaccia? Ma soprattutto possiamo permetterci di non governare il cambiamento lasciando che siano questi nuovi poteri a scrivere per noi le regole del futuro?