Il matematico che difese il vaccino

L’uomo da sempre è chiamato ad affrontare virus e pandemie. Per questo, nella storia dell’umanità un posto di rilievo occupano gli studi che hanno contribuito a debellare il male. Un viaggio che vede subito protagonisti il calcolo differenziale e lo studio delle probabilità

Scava, scava e nei momenti più delicati della storia umana saltano sempre fuori il nome e il contributo di qualche matematico. È il caso anche dei vaccini, quelli che tutti speriamo facciano presto la loro comparsa ufficiale per sconfiggere il Covid-19. In generale, un vaccino è un preparato di laboratorio costituito da agenti patogeni: la sua somministrazione sfrutta la memoria del sistema immunitario che consente al corpo vaccinato di sviluppare un efficace sistema di difesa contro il batterio o il virus iniettato.

LA STORIA

Già nell’antichità, in Asia e in Medioriente, era conosciuta una qualche forma di vaccinazione contro il vaiolo. La pratica comincia a diffondersi in Europa all’inizio del Settecento ad opera di una scrittrice e poetessa inglese, lady Montagu, che aveva vissuto qualche anno a Istanbul quale moglie dell’ambasciatore inglese nell’impero ottomano e aveva visto all’opera la cosiddetta variolizzazione. Era una pratica empirica che consisteva nel soffiare nelle narici materiale organico infetto o nell’iniettare in un taglio fatto sulla pelle il pus prelevato dalle pustole di un malato in via di guarigione. Era quindi un vaccino umano. Tornata in Inghilterra, lady Montagu era diventata una convinta sostenitrice di questo rimedio nei confronti di una malattia, il vaiolo, che allora era responsabile del 10% delle morti in Inghilterra e del 20% nel resto dell’Europa e lasciava nei sopravvissuti cicatrici devastanti o cecità permanenti. Il medico citato da tutti come l’iniziatore della profilassi vaccinale è comunque Edward Jenner.

 

Edward Jenner vaccina un bambino

Siamo sempre nell’Inghilterra del ‘700, ma alla fine del secolo. Jenner si accorge che i contadini e gli allevatori a contatto con le mucche non si ammalano di vaiolo. Capisce che hanno contratto la forma bovina del vaiolo, meno grave per l’uomo, e per questo risultano poi immuni a quello umano. Preleva allora del materiale organico da una contadina ammalatasi, ma in via di guarigione, e lo inietta in un bambino al quale, dopo un mese, inietta anche il virus del vaiolo umano e il bambino non si ammala! Il vaccino non è più quello umano della variolizzazione, ma ora è derivato dalle vacche. In Italia a prendersi cura di diffondere il metodo di Jenner è il varesino Luigi Sacco, primario dell’Ospedale Maggiore di Milano (a lui è intitolato l’attuale presidio anti-Covid della città lombarda), che nel 1799 fa breccia sul generale scetticismo vaccinando se stesso e cinque bambini con il pus di due vacche infette.
L’altro grande nome che si incontra nella storia iniziale dei vaccini è quello del francese Louis Pasteur che, quasi un secolo dopo, scopre che non è necessario inoculare i microbi di una persona malata ma che si possono impiegare colture indebolite artificialmente in laboratorio, meno aggressive ma sempre in grado di suscitare la risposta immunitaria. A Pasteur si devono il nome di vaccino, in onore della scoperta di Jenner, e soprattutto lo sviluppo delle tecniche di “attenuazione”. Con lo studio della rabbia e la guarigione di alcuni pazienti morsi da cani rabbiosi, la vaccinazione diventa espressione di una disciplina scientifica di cui ora cominciano ad essere noti i princìpi teorici. In breve il suo impiego nel trattamento delle malattie infettive si allarga alla difterite, al tetano, alla tubercolosi, alla poliomielite, al morbillo, alla rosolia ecc… Ma non è sempre una cavalcata trionfale: in queste che rimangono tra le pagine più belle scritte dalla scienza non mancano errori, polemiche, rivalità. Resta comunque, quella dei vaccini, una storia senza pari per le conseguenze che ha avuto sulla riduzione della mortalità infantile, la durata della vita umana e la sua qualità. Tra i suoi protagonisti, oltre a Jenner e Pasteur, non si possono non citare almeno i nomi di Robert Koch, di Jonas Salk e di Albert Sabin. Arriviamo così fino all’oggi e alla spasmodica lotta contro il tempo in questi mesi per trovare e commercializzare un vaccino che arresti la diffusione del Covid-19.

NON UN MATEMATICO QUALSIASI

I matematici entrano nella storia dei vaccini, e nel dibattito sull’opportunità di procedere a una vaccinazione di massa della popolazione, a metà del ‘700. Jenner non è ancora “arrivato“ e la discussione si sviluppa in Europa sulla base delle idee e delle sperimentazioni diffuse in Inghilterra grazie all’apostolato di lady Montagu. È il matematico e filosofo francese Maupertuis ad attirare l’attenzione di Daniel Bernoulli sullo studio matematico dell’utilità delle vaccinazioni.

Daniel Bernoulli

Si trattava di impiegare i nuovi strumenti matematici, il calcolo differenziale e quello delle probabilità, per capire se effettivamente la somministrazione del vaccino contro il vaiolo riduceva la mortalità: il numero dei morti nell’insieme delle persone inoculate era percentualmente inferiore a quello dei morti nel corso normale della malattia? Daniel Bernoulli non è un matematico qualsiasi. Né per il nome, né per il cognome. Quando interviene sulla questione di vaccini, è già un matematico affermato. Aveva insegnato per un decennio a San Pietroburgo prima di tornare all’Università di Basilea, dove avrebbe continuato le sue ricerche che vengono ricordate principalmente nel campo dell’idrodinamica e dell’elasticità. È poi un Bernoulli, un esponente cioè di una vera e propria dinastia di matematici svizzeri. Non c’è nella storia della matematica nessun’altra famiglia che abbia prodotto un numero così elevato di studiosi e di questo livello (Jacob, Johann, Nikolaus I, Nikolaus II, Daniel, Johann II, Johann III, Jakob II) tanto che, per distinguerli, si usa appunto un numero progressivo come per i re o per i papi. Per analizzare il problema suggeritogli da Maupertuis, Daniel Bernoulli considera le popolazioni S(x) delle persone di età x mai contagiate e quindi a rischio di ammalarsi e R(x) delle persone contagiate e sopravvissute; la popolazione totale vivente P(x) è dunque data da S(x)+R(x). Avanza poi le ipotesi che ciascuna persona abbia la probabilità q di essere infettata e che le persone infettate dal vaiolo muoiano con probabilità p, mentre quelle che sopravvivono al vaiolo saranno immunizzate per tutto il resto della vita. Costruisce in altre parole quello che noi chiamiamo modello. In effetti, lo schema di analisi seguito da Daniel Bernoulli è uno dei primi modelli matematici che non riguardano la fisica. Le ipotesi introdotte lo portano ad alcune equazioni differenziali che gli permettono di calcolare le aspettative di vita nei casi, rispettivamente, che il vaiolo continui a mietere vittime oppure che tutti gli individui vengano vaccinati alla nascita. Sono naturalmente conclusioni che dipendono dal valore iniziale di P(x), da p e da q. La loro conoscenza non era affatto scontata per il tempo, vista la situazione dei registri di stato civile, ma Bernoulli riesce a utilizzare le prime tecniche introdotte dalle compagnie di assicurazioni sulla vita per il calcolo dei tassi di mortalità. La conclusione è che, con il vaiolo, l’aspettativa di vita è poco più di 26 anni mentre, senza vaiolo, sale di tre anni. Il vaccino contro il vaiolo non è però ancora una procedura sicura e bisogna considerare anche la probabilità di morire proprio a causa del vaccino. Bernoulli riesce a stimare che questa probabilità non supera l’1% e quindi resta largamente inferiore a quel 11% che ancora renderebbe il ricorso al vaccino una strategia vincente. Viene così assorbita la scarsa accuratezza dei dati e Bernoulli può concludere il suo studio invocando con forza, sia pure nei panni del modesto studioso, un intervento da parte dello Stato: “Auspico che in una questione che riguarda così da vicino il benessere del genere umano, nessuna decisione venga presa senza considerare tutte le informazioni che una modesta analisi e il calcolo possono fornire”.
Gli attenti lettori di Prisma si tengono ben lontani dall’usare espressioni come “è matematicamente dimostrato che …”. Sanno che le conclusioni a cui giunge lo studio di un modello dipendono dalle ipotesi introdotte. Per di più, sono stati avvertiti della precarietà dei dati numerici su cui il povero Bernoulli poteva contare. Ugualmente, al termine della sua fatica, ci sentiamo tutti dalla sua parte, quella della ragione: un modello matematico, a metà ‘700, seppure con dati incerti e gli strumenti di calcolo del periodo, ha provato che la vaccinazione è una pratica conveniente, che diminuisce la mortalità infantile e aumenta durata e qualità della vita! Ci sentiamo dalla parte giusta, in compagnia di tutti quegli intellettuali – con l’intervento di Bernoulli siamo in pieno Illuminismo – che hanno condotto una coraggiosa battaglia in nome della scienza e del progresso. Voltaire, che l’esperienza del vaiolo l’aveva vissuta, si dichiara “senza se e senza ma” a favore della vaccinazione. Qualche anno dopo, l’abate Giuseppe Parini – che magari abbiamo studiato a scuola per il poemetto Il Giorno – a L’innesto del vaiuolo dedica appunto un’ode.
A rovinare la festa – per così dire – ci pensa un altro matematico, un altro peso massimo in campo scientifico e filosofico, Jean Baptiste Le Rond d’Alembert che non è affatto convinto della procedura seguita da Bernoulli. D’Alembert non crede che il calcolo della probabilità, uno strumento che giudica ancora incerto e discutibile, possa andare oltre l’analisi dei giochi d’azzardo con cui del resto la probabilità è nata; per la gestione dell’incertezza nella vita pratica e per applicazioni più impegnative nelle scienze sociali ci si deve accontentare dello studio più o meno empirico di dati statistici. Avanza poi dei dubbi sulla riduzione di una questione come la vaccinazione, che riguarda decisioni individuali, alla semplice massimizzazione dell’aspettativa di vita e quindi a un tema di salute pubblica. Ma come? È possibile che uno dei principali esponenti dell’Illuminismo esprima una posizione che sembra prossimale a quanto verrà sostenuto nelle campagne antivaccinali che si svilupperanno a partire dal secolo successivo? Per fortuna, ci pensa lo stesso d’Alembert a dichiararsi alla fine esplicitamente favorevole alla pratica del vaccino e a individuare nell’aspetto strettamente scientifico il terreno della sua polemica con Bernoulli, nel contesto del progressismo dei Lumi.
Gli scienziati discutono e a volte polemizzano tra di loro. Non lo fanno solo oggi in TV. Sono discussioni magari animate da rivalità personali e in ogni modo dovute al fatto di trovarsi sulla frontiera delle conoscenze umane, quando si tratta di costruire il futuro e non sempre è chiara la direzione da prendere. È la scienza, bellezza!

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