Si può essere discriminati per questioni legate al luogo ma anche al tempo. La fallace credenza che il momento nel quale uno è nato possa avere una qualche influenza sul suo modo di essere, sul suo carattere e sul suo destino è un lascito del passato duro a morire
La complessità del mondo reale rende arduo, se non impossibile, capire in anticipo le situazioni e prendere decisioni in modo completamente razionale: l’unico modo che nella vita quotidiana (ma non solo) abbiamo per districarci in questa selva di complessità è la ricerca disperata di regole o, come si sente spesso dire oggi, di pattern. Una regola può essere intesa sia come una procedura da seguire nel prendere una decisione che come una classificazione data a priori che consenta di categorizzare un fenomeno. Per esempio, se decidessimo di non assumere lattosio, consulteremmo, nell’acquistare un prodotto alimentare, la lista degli ingredienti per capire se contiene lattosio o meno e, sulla base di questa informazione, sceglieremmo se comprare o meno il prodotto. Rispetto a questa decisione, i prodotti alimentari si dividono in due categorie: con lattosio e senza lattosio e quindi basta sapere a quale categoria appartiene il prodotto per decidere se comprarlo oppure no. I matematici conoscono bene questo dualismo fra una proprietà di un oggetto e la categoria cui appartiene: se S è un insieme di oggetti, la proposizione “x appartiene a S” offre una “funzione di scelta” per discriminare se l’oggetto appartiene o meno a un insieme. Viceversa, una qualsiasi proposizione che abbia come possibili valori solo vero e falso, definisce sempre un insieme, l’insieme degli oggettiche hanno la proprietà espressa dalla proposizione. Tutto questo per chiarire che discriminare in base a una regola o farlo rispetto a una classificazione è la stessa cosa.
Dunque, prendere decisioni è come classificare, cioè suddividere in classi. Il problema è che, per suddividere il mondo in classi, dovremmo avere una conoscenza molto precisa degli elementi che lo compongono. Normalmente invece, a nostra disposizione abbiamo solo delle osservazioni che poi, ragionando, cerchiamo di mettere a frutto per ampliare il nostro bagaglio di conoscenza. Tuttavia le forme deduttive del ragionamento logico (come i sillogismi) non sembrano felicemente applicabili alle situazioni concrete. Prendiamo un famoso ragionamento sillogistico esemplificativo: Socrate è un uomo, gli uomini sono mortali, dunque Socrate è mortale. Detto in modo insiemistico, lo schema di questo ragionamento è: se x appartiene a un insieme S e l’insieme S è contenuto nell’insieme T, allora x appartiene anche a T. Pur con tutto il rispetto e l’ammirazione per Aristotele che ha inventato lo schema deduttivo del sillogismo, non riteniamo poi così utile nella vita pratica questo tipo di ragionamento, la cui conclusione ci sembra in effetti già contenuta nelle due ipotesi. Nella vita quotidiana e nella gran parte delle occasioni in cui siamo costretti in qualche modo a ragionare, o a prendere comunque delle decisioni razionali, tendiamo piuttosto a utilizzare ragionamenti induttivi che hanno la caratteristica di non fornire una conclusione matematicamente certa a partire dalla premesse, ma di indurre una conclusione sulla base di osservazioni precedenti. Spesso, però, queste due caratteristiche del ragionamento induttivo sono dimenticate quando lo si applica e si attribuisce alle sue conclusioni la certezza del ragionamento deduttivo. Supponiamo per esempio di conoscere per la prima volta una persona e, subito dopo, di slogarci una caviglia; la incontriamo di nuovo e la sera stessa riceviamo la notizia di un lutto di un nostro parente; la volta seguente la vediamo in casa di amici e a fine serata restiamo chiusi nell’ascensore. Da queste osservazioni molti dedurranno, o meglio indurranno, che quella persona è uno “jettatore”. Sembra un esempio assurdo ma ancora oggi è diffusa la credenza che alcune persone possano “portare male”, trasferendo il malocchio o, più modernamente, la “negatività”. Il tutto sulla base di alcune coincidenze che tendiamo a notare. Il fatto è che non si può, a partire da alcuni, o anche molti, casi generalizzare a tutti i casi possibili: induzione e deduzione non forniscono la stessa informazione.
Peggio ancora, si usano pochi casi per confezionare un pregiudizio che poi viene utilizzato per dedurre classificazioni e discriminazioni: uno degli esempi più odiosi è il razzismo che consiste nel suddividere gli esseri umani in categorie etiche (intelligenti, belli, bravi ecc.) automaticamente associate a categorie fisiche o etniche (neri, ebrei, biondi ecc.). In quanto tale, il razzismo offre una classificazione facile da applicare e quindi appetibile agli stupidi che, uniformemente distribuiti, ne fanno largo impiego per illudersi di ridurre alla loro portata la complessità del mondo che ci circonda. Ci sono vari tipi di razzismo, come il razzismo rispetto al luogo e il razzismo rispetto al tempo. Il primo consiste nella convinzione che, per dirne una, un nigeriano sia meno intelligente di uno svedese, un napoletano meno puntuale di un milanese ecc. Ovviamente esistono alcuni nigeriani meno intelligenti di alcuni svedesi e alcuni napoletani meno puntuali di alcuni milanesi ma per ragioni diverse dal loro luogo di nascita. Soprattutto ce ne sono molti altri che violano questa “regola”.
Il razzismo rispetto al tempo ha invece un nome preciso: si chiama “astrologia”. Come il razzismo rispetto al luogo, l’astrologia ha un’origine molto antica: quando le conoscenze di base sulla natura erano ancora confuse e limitate, l’unico modo per prendere decisioni era affidarsi alla magia. Per esempio, prima di un viaggio in nave si consultava un aruspice che, osservando il fegato di una pecora, vaticinava se avremmo fatto naufragio o meno. Pochi oggi troverebbero sensato decidere se intraprendere un viaggio sulla base di un tizio che va in giro a squartare pecore per osservarne il fegato. Allo stesso modo, si credeva che le posizioni degli astri avessero a che fare con il destino e il carattere delle persone. Poiché le conoscenze astronomiche di popoli come i babilonesi, gli egizi, i cinesi e i maya consentivano loro di calcolare le orbite dei principali corpi celesti, la possibilità di prevedere il moto di alcuni astri, unita alla presunta influenza che le loro posizioni avevano rispetto ai destini umani, spingeva a credere di poter di prevedere eventi futuri. Il fascino dell’astrologia è quindi in realtà tutto dovuto all’astronomia, la scienza che studia il moto degli astri, le cui deduzioni l’astrologia usa per indurre fallacie sul destino di tutti noi. Ma si sa: quando il saggio indica la Luna, l’imbecille guarda il dito e, quando indica l’astronomia, aggiungiamo noi, l’imbecille guarda l’astrologia. Sebbene sia facile dimostrare l’inconsistenza dell’astrologia, ciò ha ben poco effetto nel dissuadere i suoi adepti dal credervi: la possibilità di avere uno strumento di discriminazione e di decisione facile da usare e che offre una risposta a tutte le proprie domande (due caratteristiche che dovrebbero farne comprendere l’assurdità) è troppo ghiotta per rinunciarvi. L’identità concettuale fra razzismo e astrologia sta allora nel fatto che il primo discrimina in base al luogo di nascita mentre la seconda discrimina in base al momento della nascita: quante volte abbiamo sentito dire frasi come “Stai attento che quello è dello Scorpione!”. È la stessa cosa che sentirci dire “Stai attento che quello è nigeriano!”. La stessa fallace credenza che il luogo o, nel caso dell’astrologia, il momento, nel quale uno è nato possa avere una qualche influenza sul suo modo di essere, sul suo carattere e sul suo destino.
Astrologia e razzismo si basano quindi sullo stesso meccanismo ed entrambi, purtroppo, sono lasciti del passato duri a morire: ancora oggi si formulano oroscopi e c’è chi li consulta per prendere decisioni che riguardano le relazioni con gli altri. Assurdità quali “lo Scorpione va d’accordo con il Capricorno ma non con la Bilancia” possono farci sorridere, a meno che chi vi crede non sia un nostro capoufficio, un partner col quale vorremmo allacciare una relazione o comunque persone chiamate a decidere qualcosa che ci riguardi. Esattamente come un razzista che si fa influenzare dalla provenienza o dall’etnia di una persona, o un superstizioso che utilizza singoli episodi per etichettare come “negative” delle persone, anche chi crede all’astrologia perpetua una fallace applicazione del ragionamento induttivo, che potevamo perdonare agli antichi ma che non possiamo tollerare nei contemporanei.