È bastato un minimo accenno di ritorno alla vita normale per registrare di nuovo una diffusa paura nei confronti della matematica. Una ritrosia registrata sia nello sport, con il calcio in preda a una crisi di nervi al solo annuncio del ricorso a un algoritmo per determinare la classifica finale del campionato, sia nel mondo della scienza con il sorprendente attacco ai modelli matematici utilizzati per combattere la pandemia giunto da un uomo di scienza. E per questo ancora più singolare.
A chi pensa che la matematica non c’entri nulla con il calcio, ricordiamo il nome di David Sumpter, professore di Matematica applicata all’Università di Uppsala dove dirige un gruppo di ricerca sui comportamenti collettivi. Nel tempo libero allena una squadra di bambini, in cui gioca anche il figlio. Quattro anni fa ha scritto un libro, tradotto in italiano con il titolo La matematica del gol, in cui ha scomposto il calcio per dimostrare che gli allenatori usano strategie simili a quelle con cui gli uccelli attaccano i vermi, i difensori tedeschi del Bayern si muovono come leonesse a caccia, il Barcellona attacca costruendo la stessa rete che una muffa produce per nutrirsi. Senza contare che ogni club ha un database e un data analist. Tanto per dirne una, il capo degli analisti del Liverpool ha un dottorato in fisica teorica.
Quanto alle critiche ai modelli matematici che sono venute dal mondo scientifico, all’epidemiologo Guido Silvestri della Emory School di Atlanta che in un suo intervento aveva decretato come “questi modelli siano stati inadeguati a prevedere l’andamento reale dell’epidemia”, auspicando che non venissero “più usati per prendere decisioni politiche”, l’Unione Matematica Italiana ha risposto così: “I modelli matematici non hanno fallito sul Covid. Basti pensare che già il 17 gennaio scorso il report dell’Imperial College avvertiva, sulla base di modelli matematici, che la situazione a Wuhan era preoccupante e che si stimava che i casi fossero già 1700 contro i 41 ufficiali”.
Per sostenere la sua tesi, Silvestri aveva ricordato alcuni modelli matematici relativi agli effetti della fase 2 che avevano paventato 151mila malati in terapia intensiva all’inizio di giugno. “Invece sono 286”, si era lamentato l’epidemiologo. Ma questa previsione, puntualizza l’Umi, era solo “uno dei 49 scenari analizzati nello studio, e precisamente quello peggiore possibile. I modelli epidemiologici – continua l’Umi – sono fatti così: non si limitano a prevedere un possibile futuro, ma esaminano i vari casi possibili in conseguenza di certe scelte. Il punto che spesso non viene perfettamente capito è che, quando entrano in gioco delle crescite esponenziali, anche un piccolo cambiamento può portare a esiti drammaticamente diversi”. Stupisce che a non capirlo sia stato un uomo di scienza.
Prisma ad agosto si ferma. Vi aspettiamo in edicola il primo giovedì di settembre.
Buone vacanze!
Vincenzo Mulè – Direttore responsabile