In principio era l’abaco

Una delle prime necessità delle civiltà evolute, che del commercio facevano la loro fonte di ricchezza, fu quella di sviluppare strumenti che facilitassero il calcolo. Se tornassimo indietro nel tempo, circa duemila anni prima dell’anno zero, troveremmo mercanti cinesi e babilonesi armeggiare con l’abaco, rudimentale strumento di calcolo usato per effettuare le operazioni matematiche. Era una sorta di tablet in legno o argilla con piccole pietruzze (i calcoli) disposte lungo una serie di guide parallele, che indicano le unità, le decine, le centinaia ecc. Spostando queste pietruzze si eseguivano addizioni, sottrazioni e anche moltiplicazioni e divisioni viste, rispettivamente, come addizioni e sottrazioni ripetute. Per quanto grezzo, questo strumento facilitava e velocizzava le operazioni di calcolo. Il suo utilizzo è rimasto pressoché intatto per secoli e ha attraversato le civiltà greca e romana e tutto il Medioevo. In quest’ultimo periodo, la parola abaco divenne sinonimo di “far di conto”. Nacquero così le scuole d’abaco dove venivano formati i tecnici che praticavano la matematica. Chi ha contribuito a dare una svolta verso la nascita di strumenti di calcolo meccanici è stato il matematico scozzese John Napier che nel 1614 ha introdotto i logaritmi che consentivano di eseguire moltiplicazioni e divisioni semplicemente come somme o differenze. Ma se vogliamo individuare l’anno di nascita della calcolatrice come la intendiamo oggi, ovvero strumento di calcolo automatico, dobbiamo aspettare il 1623. Nel XVII secolo, la meccanica di precisione usata nella costruzione degli orologi aveva raggiunto livelli molto elevati e alcuni pionieri dell’automazione vedevano una stretta analogia tra il funzionamento degli orologi e i processi meccanici utili a eseguire le operazioni di somma e sottrazione. Tra questi, il linguista e matematico tedesco Wilhelm Schickard che fu anche astronomo, geografo, pittore e meccanico e progettò e fece costruire il primo prototipo di calcolatrice: la Calculating clock, di cui resta traccia in alcune sue lettere a Keplero. Circa vent’anni dopo, nel 1645, il matematico francese Blaise Pascal, per aiutare il padre, funzionario delle tasse, inventò un dispositivo di calcolo che alleviasse la noiosa incombenza del genitore. Si trattava della Pascalina, macchina da calcolo a ruote, simile a quella di Schickard, che consentiva di addizionare e sottrarre numeri composti da un massimo di dodici cifre. Dopo vari tentativi e la ricerca di un abile artigiano che la costruisse, Pascal riuscì a presentare la sua invenzione a Pierre Seguire, cancelliere del cardinale Richelieu, ottenendone l’apprezzamento e l’incoraggiamento a migliorarla. Ormai le macchine calcolatrici erano al centro dell’attenzione. Sulla scia del lavoro di Pascal, ecco l’ulteriore passo avanti compiuto da uno dei più grandi nomi della matematica: Gottfried Leibniz che l’1 febbraio del 1673 presentò alla Royal Society di Londra un modello di legno della sua Stepped reckoner. Era la prima calcolatrice meccanica in grado di eseguire le quattro principali operazioni aritmetiche gestendo numeri di sedici cifre. Lunga circa 67 cm, costruita in ottone lucido e acciaio e montata in un astuccio di rovere, la Stepped reckoner era composta da due parti parallele unite tra di loro: un accumulatore sul lato posteriore e una sezione di input a otto cifre, posta anteriormente. La sezione di inserimento dei numeri era composta da 8 manopole con le quali era possibile inserire il numero su cui operare. Il calcolo veniva eseguito girando la manovella posizionata sul lato anteriore della macchina e il risultato visualizzato, cifra per cifra, sulle sedici caselle di output. Non solo: potevano anche essere eseguite operazioni a cascata sul numero presente nell’accumulatore come, ad esempio, il calcolo della radice tramite una serie di divisioni e somme. La rivoluzione del calcolo automatico era ormai avviata ma è nel XIX secolo, grazie allo sviluppo dell’industria meccanica, che si realizzeranno le prime calcolatrici prodotte industrialmente.

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