Stile libero – Non siamo la Finlandia

Non tira una bella aria, globalmente, per l’intelligenza naturale. Se quella artificiale sta segnando progressi vorticosi, l’intelligenza che ancora si serve di materiale umano accusa il colpo. Esaminiamo i risultati dell’indagine Ocse PIAAC sulle competenze degli adulti che si è svolta su un campione di età compresa tra 16 e 65 anni in 31 Paesi. I tre campi in cui si sono testate le skills sono le classiche aree della literacy (leggere e capire un testo), quella delle capacità matematiche e infine la soluzione di problemi. In generale, fra i Paesi partecipanti la maggioranza non è migliorata o è peggiorata in literacy; un po’ meglio è andata con la matematica in cui 8 Paesi sono migliorati e 7 peggiorati.
I peggioramenti segnalati rispetto alla precedente edizione dell’indagine di una decina di anni fa sono causati da una caduta di prestazioni nel livello più basso. Anche in Italia il fenomeno di una divaricazione dei risultati è nettamente presente: peggiora il livello basso della popolazione, quello già dotato scarsamente di skills. Quasi la metà degli italiani è nel livello basso nei test di problem solving, in difficoltà a risolvere problemi appena più che banali o su più passaggi: se si consociassero in un partito, potrebbero vincere le elezioni. Ma anche nel livello più alto siamo scarsi: abbiamo la metà della media Ocse di adulti posizionata nel livello 4 o sopra. Interessante il peggioramento della prestazione per classi più avanzate di età: non necessariamente da attribuire ad un decadimento cognitivo, ma alla minore opportunità di studio che ha caratterizzato la scolarità delle generazioni precedenti.
In generale, si nota una correlazione fra alte skills e maggiore occupabilità e alti salari, più di quanto non sia correlata ad anni di studio o a titoli conseguiti. Quindi diventa cruciale concentrarsi non solo sugli anni di frequenza, ma sulla qualità degli apprendimenti. Abbassare le aspettative illudendo i ragazzi che basta frequentare e fare il minimo, e magari meno del minimo, serve a poco. La stessa cosa vale per i docenti: assumere senza stringenti verifiche di professionalità e stipendi adeguati risponde a un’idea di scuola al massimo intesa come contenimento e sorveglianza, non come opportunità di fioritura delle potenzialità. Chi batte tutti, nei tre campi di prove, è la Finlandia: il Paese in cui gli insegnanti passano attraverso una fortissima selezione, godono di alta considerazione sociale e hanno un lavoro che risulta fra le professioni più prestigiose e ambite.

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