L’ estate 2023 sarà ricordata come la più imprevedibile e violenta sul fronte climatico. Ce lo avevano anticipato scienziati ed esperti che da tempo parlano di punto di non ritorno per il nostro clima e ce ne siamo accorti in prima persona noi abitanti dello stivale che durante l’estate che sta per finire abbiamo assistito a temperature da record che hanno sciolto l’asfalto della Capitale, a tempeste monsoniche che hanno abbattuto alberi e lampioni all’ombra della Madonnina e a squali che nuotavano nelle calde acque delle rive dei nostri mari. E se qualche negazionista fosse ancora all’ascolto, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha lanciato un appello per un’immediata e radicale azione contro il cambiamento climatico affermando che le temperature da record di questa estate mostrano che la Terra è passata dalla fase di “riscaldamento globale” a quella di “ebollizione globale”. La causa, ormai più che nota, è la troppo alta emissione di anidride carbonica (CO2) e colpevoli sono le società industriali, dell’antico e del nuovo mondo, che bruciano combustibili fossili per produrre energia che sostenga le (sovra)produzioni industriali e consenta alle economie, alle popolazioni e ai consumi di crescere. Molte sono state, negli anni, le discussioni e molti i summit e i documenti programmatici per evitare o almeno rallentare il radicale mutamento climatico ma, di contro, le politiche adottate sono state o deboli o assenti: come delle moderne Marie Antoniette, alcuni capi di Stato al grido “il popolo ha caldo” rispondevano “dategli delle piscine”. Tra i più attivi e preoccupati studiosi del problema possiamo annoverare il magnate di Microsoft Bill Gates che, dismessi i panni di super-manager della compagnia di informatica da lui fondata, si dedica alla sua fondazione filantropica che investe in ricerca e sviluppo di soluzioni alle principali questioni che affliggono il nostro mondo. Nel libro Clima: come evitare un disastro, affronta le problematiche ambientali con un’analisi delle fattibilità socio-politiche e una ricerca delle possibilità tecnologiche. Gates parte da due numeri: 50.000.000.000 e 0. Il primo rappresenta il numero di tonnellate di gas serra emesse ogni anno nell’atmosfera da tutte le attività umane; il secondo è il numero di tonnellate a cui dobbiamo arrivare entro il 2050 per scongiurare una crisi climatica. Per capire il modo in cui intervenire e comprendere come i vari fattori interagiscano tra loro, Bill Gates ha creato una formula algebrica: P×S×E×C=CO2, dove P è il numero di individui della popolazione mondiale, S la quantità media di beni e servizi consumati dagli individui, E l’energia media che la produzione dei servizi richiede e C la quantità media di anidride carbonica liberata dalla produzione di energia. Al fine di azzerare le emissioni di anidride carbonica, la moltiplicazione da risolvere nei prossimi trent’anni diventa: P×S×E×C=0. Ma come la legge di annullamento ci insegna, affinché un prodotto sia nullo, deve esserlo almeno uno dei fattori. Concentriamoci dunque sui fattori in campo. Per quanto radicale ed effettivamente risolutivo, l’azzeramento della popolazione non è una strada percorribile. Nemmeno il più fervente seguace delle politiche di Malthus, che prevedevano guerre, epidemie e carestie come elementi di controllo demografico, potrebbe mai azzerare la popolazione mondiale che ad oggi sfiora gli 8 miliardi di individui e che tutte le stime danno in crescita. Certo, la costante minaccia nucleare messa in atto dai due blocchi opposti del mondo potrebbe dare una mano in questo senso. Anche la variabile “servizi” non può essere abbassata, anzi è in crescita poiché i consumi dei Paesi in via di sviluppo, lo dice il nome stesso, sono giustamente in aumento e i Paesi sviluppati non hanno intenzione di rinunciare ai loro livelli di consumo. Per definizione, l’energia per i servizi non può essere azzerata. Certo può essere limata con comportamenti virtuosi (pannelli solari, uso dei mezzi pubblici e riciclo) ma il lavoro implica una spesa energetica e gli scienziati affermano che nel 2050 useremo il 50% di energia in più. Non ci rimane che intervenire sulla C, ovvero annullare le emissioni di carbonio nell’atmosfera che sono conseguenza della produzione energetica attraverso combustibili fossili che stanno avvelenando massicciamente il pianeta. Le nuove tecnologie verdi possono dare una mano a ridurle anche drasticamente, ma non sono la soluzione. Per dirla da matematico: “Se quel prodotto non può essere zero, almeno che sia uno o piccolo…”