Cartografia: così vediamo il mondo

Fin dal Paleolitico e poi in particolare dal Neolitico, la necessità di rappresentare aree più o meno grandi della Terra su superfici piane è aumentata esponenzialmente. In epoca più tarda furono le esplorazioni e la navigazione a rendere necessarie rappresentazioni sempre più accurate della superficie del nostro pianeta. Lo sviluppo della matematica e dei metodi di rilevamento astronomico e topografico hanno infine reso la cartografia una scienza esatta sebbene permanga un’infedeltà di rappresentazione in funzione dell’estensione della superficie terrestre da rappresentare. Più l’area è piccola e più la sua rappresentazione sarà fedele. Le carte si costruiscono proiettando i punti della superficie terrestre su ideali superfici sviluppabili sul piano, che possono essere tangenti o secanti il globo terracqueo, quindi cilindri (come la carta di Mercatore) o coni (come la carta di Lambert, secante, usata in aviazione) o piani (come le carte azimutali), ma anche su superfici diverse, per esempio sulle facce di poliedri costruiti attorno al globo e che gli sono tangenti. Ci sono poi procedimenti di costruzione puramente matematici, consistenti in algoritmi che definiscono per ciascun punto della superficie terrestre il punto corrispondente sulla carta.

Tre carte

Le carte possono avere caratteristiche molto diverse, a seconda dell’uso a cui sono destinate. L’isogonismo o conformità, per cui gli angoli esistenti fra linee tracciate sulla superficie terrestre sono conservati identici sulla carta, è importante per le carte di navigazione. L’equivalenza, per cui l’area di ogni singola maglia del reticolato tracciata sulla carta risulta proporzionale all’area della corrispondente maglia terrestre, è importante per rappresentare le parti del mondo mantenendo le proporzioni tra le aree. L’equidistanza, per cui le distanze corrispondenti sulla carta e nella realtà si mantengono proporzionali, è importante nella preparazione di atlanti. Nessuna carta, però, può avere nello stesso tempo le tre peculiarità. Per questo, nella realizzazione di una carta, si sceglie la caratteristica più adatta all’uso a cui la carta è destinata. Vi sono carte che offrono una rappresentazione molto fedele ma solo lungo una certa linea, che in genere è la linea di tangenza della superficie su cui si proietta la superficie terrestre, che si immagina avvolgere la Terra. Allontanandosi da quella linea le deformazioni aumentano progressivamente. Un tempo, prima dell’avvento dei più moderni metodi di navigazione, carte di questo genere erano costruite per determinate rotte aeree, molto precise nella stretta fascia di poche decine di miglia attorno ad esse. I modi in cui le carte deformano la superficie della Terra sono evidenziati negli “indicatori di Tissot”, dal nome del cartografo francese Nicolas Auguste Tissot (1824 – 1907). Le carte più curiose, la Dymaxion ideata da Buckminster Fuller, ottenuta proiettando la superficie terrestre sulle facce di un icosaedro, e la carta di Peirce sono tra quelle che nel complesso presentano le minori deformazioni. Questo, per la carta di Pierce, vale per le terre emerse, essendo strutturata in modo che le massime deformazioni si abbiano sugli oceani.

Ideologia su carta

Le carte modellano l’immagine che ci formiamo del mondo. La carta di gran lunga più diffusa è quella di Mercatore, realizzata grazie a una proiezione cilindrica che deforma molto le zone procedendo verso i poli. Il suo valore ideologico è cospicuo, dato che fa apparire l’area dei Paesi europei innaturalmente grande rispetto all’area di quelli che si trovano più prossimi all’equatore. È evidente come ciò si inquadri in un sottile tentativo, perpetrato nei secoli, di fare apparire le nazioni colonizzatrici più grandi di quello che sono e le regioni del mondo colonizzato più piccole. Le carte equivalenti risolvono questo problema e sono state fortemente rivalutate nell’ultima quarantina di anni proprio nell’intento di riconoscere l’importanza dei territori e delle nazioni intertropicali, ovvero dei Paesi cosiddetti “emergenti”, anche a titolo di “riparazione culturale” per i drammatici sconvolgimenti determinati dalla colonizzazione. L’intento è stato portato all’estremo nella carta di Gall-Peters, equivalente ma che deforma parecchio l’aspetto delle aree rappresentate mentre altre carte equivalenti, come quelle di Eckert o la Mollweide, hanno maggior rispetto per la forma. Nel tentativo di rappresentare fedelmente sia le aree sia la forma sono state ideate carte “interrotte”. L’esempio qui riportato riguarda la carta Homolosine, ideata nel 1925 da John Paul Goode, equivalente, detta familiarmente “a buccia di arancia” per la forma che questa può assumere dopo che sia stata rimossa dal frutto e appiattita su un tavolo. Il suo nome deriva da homolographic e sinusoidal, le due proiezioni adottate nella carta per le aree di alta e bassa latitudine. Se si accetta il compromesso di vedere Groenlandia e Antartide spezzate, per il resto la carta riproduce i territori molto precisamente. È la base usata nel celeberrimo Rand McNally Goode’s World Atlas. Se l’intento è di rappresentare fenomeni globali, le carte equivalenti sono lo strumento più adatto. Ma non per specifiche aree. Facciamo il caso dell’Artico, regione che sta assumendo un significato geopolitico sempre maggiore. Nessuna carta del mondo di quelle che vanno per la maggiore rende vagamente l’idea di ciò che significa questa regione. In altri termini, non presentano l’Artico per quello che sostanzialmente è: il “Mediterraneo” di Usa e Russia. I due Paesi sono in realtà confinanti, essendo i rispettivi territori a 3,8 km uno dall’altro (è il braccio di mare che separa le due isole Diomede, nello Stretto di Bering, appartenenti una alla Russia e l’altra agli Stati Uniti). Ebbene, tutto ciò lo si può dedurre solo da un mappamondo o da una specifica carta dell’Artico.

Potere su carta

Le carte sono “potere”, potremmo quasi dire la quintessenza del potere. In ogni epoca ma in particolare nell’epoca delle esplorazioni, con il loro risvolto di elevatissima conflittualità tra le potenze in espansione, le carte avevano un valore incommensurabile. Pensiamo alle carte di navigazione che indicavano i passaggi da un mare all’altro o quelli sicuri negli arcipelaghi o alle carte che indicavano terre e isole di cui altri ignoravano l’esistenza o quelle indicanti pericoli di vario genere, carte la cui redazione era costata immensi investimenti, se non i sacrifici o la vita di interi equipaggi. Pensiamo ai trattati, in cui il destino di popoli e interi continenti era deciso da poche persone tracciando linee su carte. Tutta l’epoca coloniale fu contrassegnata da spartizioni del mondo fatte “sulla carta”, una pratica i cui effetti si sono drammaticamente manifestati in Medio Oriente, in Africa e quasi ovunque fuori dall’Europa. Le carte si prestano magnificamente anche ad azioni di propaganda politica o deliberata falsificazione della realtà. Vogliamo dimostrare che una nazione che attacca lo fa in realtà come forma di difesa? Semplice, facciamo vedere quella nazione “circondata”, “minacciata” o meno estesa di quello che è e il gioco è fatto. Il Kashmir rappresenta un altro storico esempio di cartografia dissonante: la regione è ben diversamente rappresentata sulle carte indiane e su quelle pachistane, con i cinesi che pure hanno da dire la loro. In conclusione, ci permettiamo solo due suggerimenti. Primo, avere sempre in casa e nelle scuole un mappamondo, il più raffinato e meno “mediato” strumento di conoscenza del nostro pianeta. Secondo, guardando una carta, chiediamoci sempre che visione del mondo e quali interessi ideologici, politici e materiali sottenda o rappresenti.

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