Robert Julius Oppenheimer nacque a New York nel 1904. Il padre, ebreo tedesco, era emigrato negli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. Studiò ad Harvard con Bridgman, ottenendo il bachelor degree in chimica nel 1925. Ma decise ben presto che il lavoro sperimentale non lo interessava e rivolse i suoi interessi alla fisica teorica, completando gli studi in Europa negli anni cruciali in cui stava prendendo forma la meccanica quantistica. Nel 1926 fu a Cambridge al Cavendish Laboratory e quindi a Göttingen, dove nel 1927 concluse il periodo di dottorato, lavorando sotto la supervisione di Max Born. Prima di tornare negli Stati Uniti, aveva già acquistato una brillante reputazione. Aveva sviluppato la teoria dell’effetto tunnel e con il suo mentore Born elaborato una tecnica che consentiva di affrontare il problema quantistico dello stato di sistemi complessi, nota come approssimazione di Born-Oppenheimer. Nel 1929 si stabilì sulla costa occidentale degli States, dove nei campus californiani la fisica stava conoscendo un periodo di rapido sviluppo. Di base a Berkeley, ma con continui contatti con il Caltech, ottenne nel 1936 la nomina a professore ordinario in entrambi gli atenei, contribuendo poi a formare, secondo l’opinione di Hans Bethe, “la più importante scuola di fisica teorica che gli Stati Uniti avessero mai conosciuto”. A Berkeley si sviluppò un’efficiente cooperazione tra Oppie (come veniva chiamato da amici e colleghi) e il direttore del Radiation Laboratory, Ernest Lawrence, nonostante fossero due personaggi dalle caratteristiche del tutto opposte: Lawrence un abile sperimentale digiuno di teoria, culturalmente rozzo e di tendenze conservatrici; Oppenheimer brillante teorico, raffinato cultore di studi classici, a contatto con gli ambienti intellettuali vicini alla sinistra comunista (il fratello più giovane, Frank, era iscritto al partito comunista americano e nel 1937 Oppenheimer sostenne attivamente con generose donazioni la resistenza dei repubblicani spagnoli contro Franco). Quando nel 1942, dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti, prese corpo il progetto Manhattan per la realizzazione della bomba atomica, il generale Leslie Groves designò Oppenheimer come responsabile scientifico dell’operazione. Fu una scelta che non mancò di sollevare perplessità. Da parte dei servizi segreti ci furono forti obiezioni alla presenza, tra gli scienziati che lavoravano a Los Alamos, di persone notoriamente vicine a posizioni politiche di sinistra, ritenute poco affidabili sul piano della sicurezza. Ma pare che Groves abbia tagliato corto con un argomento che dimostrava una comprensione profonda dell’ethos dei ricercatori: “Non vi preoccupate. Prima di tutto, sono scienziati. Date loro un problema difficile da risolvere e lo risolveranno”. E lo risolsero, infatti. Nel giro di meno di tre anni, sotto la direzione di Oppenheimer, il più nutrito gruppo di scienziati che mai si fosse raccolto attorno a un progetto comune realizzò quello che per i loro colleghi in Germania era ancora, alla fine della guerra, un obiettivo lontanissimo. La storia della realizzazione della bomba atomica e dei modi e delle motivazioni con cui si giunse al suo effettivo utilizzo sulle città giapponesi ha prodotto una sterminata letteratura, in cui si sono confrontate interpretazioni largamente divergenti e in cui un posto importante ha avuto la valutazione del ruolo e delle posizioni di Oppenheimer. È certo che quando, dopo il test di Trinity, si pose il problema dell’utilizzo della nuova arma, l’opinione del gruppo di scienziati responsabili del laboratorio di Los Alamos, diretto da Oppenheimer, fu che non vedevano alcuna alternativa all’uso diretto delle bombe su obiettivi militari, diversamente da quanto suggerito da un crescente numero di colleghi che avrebbero optato per una dimostrazione incruenta. Alla fine della guerra, dopo anni di bombardamenti strategici, anche le città nemiche erano diventate “obiettivi militari”. Al termine del conflitto, Oppenheimer era diventato, nell’opinione pubblica americana, l’uomo che con la sua fisica aveva realizzato lo strumento che aveva posto fine alla guerra. E la fisica, grazie a quell’esito, aveva guadagnato uno status dominante nelle attenzioni degli ambienti politici e militari. Quando fu costituita la Atomic Energy Commission (Aec), l’agenzia federale responsabile di tutto quanto concerneva la ricerca e lo sviluppo della fisica atomica, dalla produzione di armi alla ricerca fondamentale, Oppenheimer fu nominato presidente del consiglio di consulenza scientifica (General Advisory Committee, Gac). Allo stesso tempo, nel 1947, abbandonò la costa occidentale per spostarsi a est, accettando il prestigioso incarico di direttore dell’Institute of Advanced Studies di Princeton. Nell’agosto 1949, l’Unione Sovietica fece esplodere la sua prima bomba atomica. Nel nuovo clima della guerra fredda, cominciava la corsa agli armamenti nucleari. Negli Stati Uniti, un fronte sempre più influente di politici, militari e scienziati spingeva per l’avvio di un programma per la realizzazione della bomba termonucleare (la bomba H o “super”, come veniva chiamata) allo scopo di mantenere la supremazia americana nello scontro che si profilava. Tra i principali sostenitori della super c’erano Edward Teller, i cui contrasti con Oppenheimer sulla questione risalivano già ai tempi della guerra, ma anche Ernest Lawrence ed altri importanti fisici dei laboratori di Berkeley e di Los Alamos. Nell’ottobre del 1949, il Gac presieduto da Oppenheimer (di cui facevano parte i fisici Enrico Fermi e Isidor Rabi), richiesto di un parere sulla risposta che gli Stati Uniti avrebbero dovuto dare all’atomica sovietica, rilasciò un rapporto in cui si scoraggiava l’avvio di un programma per la realizzazione della bomba H e si chiedeva “un impegno a non sviluppare l’arma”, nel timore che “la super bomba potrebbe diventare uno strumento di genocidio”. Ignorando il parere, all’inizio del 1950 Truman annunciò l’avvio del programma di realizzazione della super. Nel clima della caccia alle streghe scatenato dal senatore McCarthy negli anni seguenti, anche Oppenheimer finì nel mirino. La sua opposizione alla bomba H venne collegata alle sue vere o presunte frequentazioni comuniste del decennio precedente, facendo sorgere sospetti sulla sua affidabilità e la sua lealtà verso il Paese. Nel 1954 la Aec istituì una serie di udienze volte a stabilire se Oppenheimer potesse continuare a godere della clearance, l’autorizzazione ad avere accesso a documenti sensibili per la sicurezza nazionale. Nonostante la quasi totalità degli scienziati convocati dalla commissione indagatrice (con la notevole eccezione, tra pochi altri, di Teller) testimoniassero a suo favore, al termine dell’inchiesta Oppenheimer fu privato della clearance, sulla base di una sentenza contraddittoria e ambigua che ne riconosceva la lealtà verso gli Stati Uniti ma lo dichiarava ugualmente un rischio per la sicurezza per “difetti caratteriali”. Il “caso Oppenheimer” lasciò per anni strascichi pesanti nella comunità scientifica. Abbandonata la scena pubblica, il fisico si ritirò nei suoi studi all’Institute di Princeton. Nel 1963 il presidente Kennedy gli conferì il prestigioso premio “Enrico Fermi” della Aec, un gesto che apparve a molti una riabilitazione della sua figura di consulente scientifico. Ma fino alla sua morte, sopravvenuta nel 1967 per un cancro alla gola, la clearance non gli fu mai restituita. Ci ha pensato il Dipartimento dell’energia nel dicembre del 2022.