Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, l’economia era in forte sviluppo e i governi iniziarono a cercare una fonte in grado di sostenere l’incremento di domanda energetica. Il petrolio e il gas naturale, già lo si sapeva, erano fonti destinate ad esaurirsi e altamente inquinanti, mentre l’energia contenuta nel nucleo dell’atomo sembrava essere la soluzione più appropriata. Per redimerla dal suo peccato originale, Eisenhower indisse a Ginevra, nell’agosto 1955, una conferenza dal titolo significativo: “Atomi per la pace” a cui parteciparono scienziati e delegazioni di tutte le nazioni del mondo, compresi i sovietici (il titolo è ancora oggi lo slogan dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Secondo l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc), l’energia da nucleare è, assieme a quella solare, eolica e idroelettrica, necessaria per limitare l’aumento climatico entro il 2050 a 1,5°C eliminando il più possibile i combustibili fossili (il cui utilizzo comunque non potrà mai essere azzerato). I benefici dati dall’energia prodotta dalla scissione del nucleo sono innumerevoli, a partire dalle bassissime emissioni di gas serra in rapporto all’energia prodotta e su ciclo di vita, per continuare con un capacity factor (Cp) altissimo e ineguagliato da altre fonti energetiche (il Cp è il rapporto tra l’energia effettivamente prodotta dall’impianto e quella teorica) che, assieme alla concentrazione energetica per massa, permette un’occupazione del suolo per MWh minore di tutte le altre energie sul ciclo vitale (dall’estrazione delle materie prime alla decommissione dell’impianto). Secondo l’Ipcc, attualmente il nucleare produce circa il 10% dell’energia totale generata nel mondo (2.790 TWh) ed è la seconda fonte energetica a basso impatto ambientale al mondo dopo l’idroelettrico (4.290 TWh) e prima del solare (nelle sue varianti fotovoltaico e termodinamico, 680 TWh) e dell’eolico (1.470 TWh). Nel 2019, tutte assieme, le fonti energetiche a bassa o zero emissione di CO2 raggiungevano il 37% dell’elettricità prodotta sul pianeta. Di fronte a queste implicazioni positive, come mai il nucleare trova difficoltà a imporsi come energia alternativa ai combustibili fossili? I principali ostacoli sono determinati dalle barriere socio-culturali e istituzionali, anche se le prime oggi stanno abbassando i pregiudizi nei confronti della fissione. Forse non è un caso che le società dove l’educazione scientifica è più sviluppata sono anche quelle che frappongono meno ostacoli alla costruzione di nuove centrali nucleari, anche in Paesi in cui l’ambientalismo è molto più evoluto che altrove come Svezia e Finlandia. Quest’ultima è addirittura il primo Paese al mondo che si è dotato di un deposito di scorie radioattive a lunga scadenza (Onkalo, vicino alla centrale di Olkiluoto). E proprio le scorie sono uno dei motivi che più incutono timore nell’opinione pubblica nel campo nucleare nonostante i reattori di terza generazione ne producano in quantità notevolmente inferiore rispetto a quelli precedenti e la manipolazione sia oggi più sicura. A differenza di quanto si racconta, i reattori non possono né trasformarsi in bombe nucleari né possono produrre plutonio per produrre ordigni. Gli ultimi reattori in grado di produrre plutonio-239 con grado superiore al 93% sono quelli a grafite, tipo Černobyl, di cui oggi in Russia esistono solo poche unità che verranno decommissionate nel 2034. Uno dei pochi rimasti è quello presente a Yongbyon, in Corea del Nord, usato, quello sì, prevalentemente proprio a scopo militare e che risale agli anni Settanta. I reattori oggi utilizzati a scopo civile sono controllati regolarmente dall’Aiea e costantemente monitorati da telecamere a circuito chiuso collegate direttamente con gli uffici della sede centrale di Vienna. Un altro aspetto del nucleare che intimorisce l’opinione pubblica è la possibilità che le centrali vengano coinvolte in azioni belliche o terroristiche, come nel caso ucraino. Paradossalmente, proprio la guerra in Ucraina ha invece dimostrato la sicurezza delle centrali nucleari. I reattori di Zaporizhzhia, a differenza dei parchi eolici e solari distrutti o trafugati dai russi, non hanno subito danni e, anzi, continuano a fornire gran parte dell’energia elettrica necessaria alle attività civili e industriali ucraine. Infine, con i nuovi reattori modulari (reattori che, a causa delle loro limitate dimensioni, non hanno bisogno di interminabili trafile burocratiche, di grandi capitali e di lunghi periodi per essere installati), si può guardare al futuro del nucleare a fissione con relativa sicurezza aspettando l’arrivo della fusione nucleare, prevista per la seconda metà del secolo.