Quest’anno il prestigioso riconoscimento per la Fisica è andato a due scienziati che possono essere considerati i padri dell’Intelligenza artificiale: John Hopfield e Geoffrey Hinton. È ai loro studi che dobbiamo il funzionamento delle reti neurali. Una scelta, quella dell’accademia svedese, che conferma l’attenzione verso le grandi sfide dell’umanità
John Hopfield e Geoffrey Hinton
Il premio Nobel costituisce, in diversi campi, il riconoscimento più ambito che uno studioso possa ricevere, sebbene la maggior parte delle volte giunga in tarda età (a volte, non fa nemmeno in tempo a giungere, come nel caso dell’economista Fisher Black). Ma il premio Nobel vuole anche cogliere lo Zeitgeist, lo spirito dei tempi, e magari contribuire a formarlo. Le tematiche dei Nobel, nelle varie discipline, ci ricordano le grandi sfide e i grandi problemi dell’umanità: la lotta alle malattie e lo sviluppo dei vaccini, l’emergenza climatica, il problema dell’approvvigionamento energetico, le battaglie per i diritti civili.
Le assegnazioni toccano sempre temi di attualità e anche quest’anno non hanno sbagliato bersaglio. Il Nobel per la fisica è stato conferito a due titani, non è una iperbole, dell’Intelligenza artificiale: John Hopfield e Geoffrey Hinton. A questi due anziani signori, rispettivamente di 91 e 77 anni, dobbiamo i modelli teorici usati nel machine learning e nel deep learning, inventato dallo stesso Hinton, che consentono il funzionamento delle reti neurali che oggi imperversano: dai modelli generativi ai riconoscitori di immagini, alle Ia diagnostiche ecc.
Qualche purista ha storto il naso per il fatto che sia stato dato un Nobel a due scienziati che non hanno studiato sistemi esistenti in natura ma hanno contribuito a costruirne di artificiali. Si tratta di un errore di snobismo e distrazione, dato che le grandi idee sorgono spesso al crocevia fra le discipline e le idee di Hinton e Hopfield hanno dato luogo a una rivoluzione scientifica, culturale e sociale.
Le reti neurali non le hanno inventate loro, a dire il vero, ma erano state definite quarant’anni prima da due eccentrici e brillanti scienziati, Warren McCulloch e Walter Pitts, che avevano escogitato queste reti come meccanismi di calcolo ispirati dalla biologia e che eseguono in modo deterministico il calcolo per il quale sono
progettate. Negli anni Sessanta del Novecento, lo psicologo Frank Rosenblatt capì che le stesse reti neurali potevano essere usate per riconoscere immagini, secondo un paradigma di apprendimento nel quale la rete modifica sé stessa per rispondere a uno stimolo ambientale. Erano gli anni della cibernetica e l’idea di macchine che modificassero il proprio comportamento in base a un feedback era assai di moda. Ma il perceptrone, così si chiamava la rete di Rosenblatt, prevedeva un unico strato di neuroni artificiali che svolgevano un calcolo in parallelo per fornire una risposta ed era inoltre soggetto a molte limitazioni.
Negli anni Ottanta, Hopfield e Hinton studiarono reti con più strati di neuroni, con il secondo che nei primi anni del Duemila proporrà reti con migliaia di strati, le reti profonde. Il metodo di apprendimento del perceptrone non
funzionava per queste reti, occorreva inventarne un altro. Hopfield si interessò a come dare “memoria” a queste reti, e per farlo le analizzò con i metodi della meccanica statistica: questa stagione di ibridazione fra fisica e modelli neurali diede dei frutti notevolissimi anche per l’opera di grandi fisici che operavano a Roma, come Giorgio Parisi, Miguel Angel Virasoro e Daniel Amit. Ma fu Hinton, nel 1986, assieme allo psicologo David Rumelhart e all’informatico Ronald Williams, a proporre un algoritmo per addestrare queste reti con un numero qualsiasi di strati: lo stesso algoritmo che usano oggi le Intelligenze artificiali.
È difficile sottovalutare l’impatto epocale di una tale ricerca scientifica: lo stesso Hinton ha sollevato la questione del controllo e dei rischi di queste nuove forme di intelligenza che ormai popolano il pianeta. Non sappiamo dire se un giorno le Intelligenze artificiali si occuperanno di scienza, economia e (speriamo) soprattutto di pace e potranno ambire a ricevere il Nobel: se questo mai accadrà, lo dovremo a Hopfield e Hinton