Il gemello digitale va gestito. Non vietato

L’uso del cellulare in classe, il futuro della comunicazione e l’evoluzione della cultura digitale: Derrick De Kerckhove continua a essere una figura di riferimento nel panorama contemporaneo e le sue intuizioni offrono ancora una guida preziosa per comprendere e “abitare” l’innovazione

Il lungo applauso al termine del suo intervento al convegno dell’Anp, l’Associazione nazionale presidi, è stato il riconoscimento più significativo. Nonostante i suoi 80 anni, Derrick De Kerckhove continua a essere una figura di
riferimento nel panorama contemporaneo della cultura digitale e della comunicazione, confermandosi il principale teorico in questo ambito. Sociologo, esperto di media e allievo nonché degno erede di Marshall McLuhan, De Kerckhove ha dedicato la sua carriera e i suoi studi all’esplorazione dell’intersezione tra tecnologia, mente umana
e società. In un’epoca in cui l’Intelligenza artificiale, i social media e le reti globali ridefiniscono costantemente il nostro modo di vivere e interagire, le sue intuizioni offrono ancora oggi una guida preziosa per comprendere e “abitare” l’innovazione.
Trent’anni fa, il suo libro La pelle della cultura presentava una visione della tecnologia come tessuto connettivo dell’individuo e della società. Oggi, ai tempi dell’Intelligenza artificiale generativa, De Kerckhove va ancora oltre, invitandoci a non temere l’innovazione ma a considerare il telefono cellulare o qualunque altro dispositivo che ci accompagna come un “gemello digitale”, capace di restituirci e rielaborare tutte le informazioni e i dati della nostra vita che non avremmo mai il tempo di processare. Le macchine, invece, lo fanno in un istante.

Che cosa intende con il concetto di crisi epistemologica?

Partiamo dal presupposto che il rapporto tra noi e la tecnologia, tra mente e software, si gioca tra i concetti di inside e outside, dentro e fuori. Se consideriamo il nostro capitale cognitivo, possiamo definirlo come l’insieme delle conoscenze che abbiamo acquisito, quel “materiale” che è dentro di noi, che utilizziamo nei nostri pensieri e che è alla base della nostra autonomia e della nostra capacità decisionale. Il capitale cognitivo cresce con l’età e l’esperienza ed è accelerato, ampliato e mantenuto dalla lettura. Che cosa significa leggere? La lettura silenziosa ci porta dalla comunicazione alla riflessione facendo crescere memoria, intelligenza e immaginazione: la mente diventa un laboratorio di innovazione e condivisione. Oggi leggere è una sfida: gli studenti non leggono più. Alla base di ogni comunicazione e decisione ci sono la ricerca e la condivisione di senso. Questo accade tra gli esseri umani, ma anche tra gli animali. La crisi epistemologica deriva dal fatto che i sistemi di Intelligenza artificiale simulano la parola e il linguaggio, prescindendo dal significato. Algoritmi e software stanno cambiando lo scenario: a differenza della lettura, esternalizzano le funzioni cognitive. Il nuovo sistema operativo culturale non si basa più né sulla scrittura né sul linguaggio. Questi sistemi non sono nemici, ma neppure amici.

In che modo cambia ciò che lei definisce “sistema operativo”?

Fino a poco tempo fa, scrittura e lettura erano il nostro sistema operativo culturale, alla base di tutto ciò che era istituzionale: dalle leggi alle università, alla burocrazia. Un sistema che si è preservato perché scritto, raccolto, accumulato, condiviso, curato, perfezionato e reso disponibile secondo le regole dell’economia e della gestione sociale. Oggi l’algoritmo comanda e non si preoccupa della parola. L’Intelligenza artificiale generativa è uno strumento che potrebbe trasformare i rapporti tra conoscenza, competenza e scuola. Il cambiamento risiede proprio in questa esternalizzazione: dell’immaginario con le foto, della memoria con il cellulare, del giudizio con Siri o Alexa, fino all’esternalizzazione del sé con selfie e avatar, e dell’intelligenza con ChatGPT.

Come possiamo allora interagire con l’Intelligenza artificiale generativa senza depauperare le competenze cognitive del nostro cervello?

È una domanda cruciale. Il capitale cognitivo esce dalla nostra mente, ma oggi deleghiamo sempre di più le nostre funzioni cognitive a sistemi che operano meglio di noi. Se utilizziamo l’auto per spostarci in città, ci affidiamo al navigatore. Gli studi scientifici hanno dimostrato una perdita significativa del senso dello spazio. Tuttavia, se impariamo a conoscere e gestire i sistemi di Intelligenza artificiale, in particolare l’Ia generativa, possiamo salvaguardare la nostra mente e creare il nostro modello linguistico, quello che io chiamo lo Small language model. L’Intelligenza artificiale risponde alle domande, come la nostra mente quando riflettiamo, aiutandoci a categorizzare i contenuti dei nostri database personali, accumulati su dispositivi come iPad, computer e perfino chiavette Usb. Soprattutto, il nostro cellulare diventa il “gemello digitale” che ci accompagna costantemente. Questo gemello, con cui condividiamo la conoscenza, contiene tutte le informazioni che conserviamo e che non riusciamo a rielaborare e categorizzare. Immagina che il tuo cellulare risponda a tutte le tue domande, basandosi sulle informazioni che hai conservato e che non sei mai riuscito a recuperare.

Nel nostro complesso rapporto con la tecnologia, in Italia, come in Francia, si vieta l’uso del cellulare fino alla terza media. Qual è la sua opinione in merito?

È una cretineria impedire ai ragazzi di usare in classe una tecnologia che fa parte della loro vita quotidiana. Devono esserci delle regole, certo: va normato, spiegato, gestito. Bisogna far comprendere l’uso corretto. Regolare sì, ma proibire è assolutamente sbagliato.

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