La tecnologia dei film di animazione ha raggiunto livelli così alti che ormai anche gli elementi digitali sono diventati estremamente realistici. Dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, i progressi nella rappresentazione di soggetti e paesaggi generati completamente al computer sono stati impressionanti. Questo sviluppo è stato possibile grazie all’uso negli algoritmi di generazione di alcuni risultati di una teoria matematica del XX secolo. Una teoria che, a partire dallo studio di particolari curve, ha portato a definire delle figure geometriche nuove: i frattali. Il nome di questi oggetti fa riferimento a una loro proprietà matematica, ovvero al fatto che una loro misura, chiamata misura di Hausdorff, è espressa da un numero fratto. Naturalmente, la misura di Hausdorff è un concetto formale, corredato di definizioni e teoremi, che affonda le proprie radici nell’analisi matematica e non è di immediata acquisizione. Più semplice è dire che i frattali sono figure geometriche costituite da insiemi autosimili, ovvero insiemi di punti che contengono una figura ripetuta all’infinito in scala sempre più ridotta. Grazie a questa proprietà è possibile zoomare sull’immagine di un frattale e ottenere una figura identica a quella di partenza. I frattali sono molto comuni in natura, sia a livello macroscopico, basti pensare alle foglie di felce o alla struttura del cavolo romano, sia in elementi meno sospettabili. I primi studi sull’argomento sono nati da un problema di natura geografica: misurare la lunghezza delle coste marine della Gran Bretagna. Le coste dell’isola hanno la peculiarità di essere frastagliate e apparentemente caotiche, cosa che le rende difficili non solo da studiare, ma anche da rappresentare. Ad affrontare il problema nella seconda metà del Novecento è stato il matematico polacco Benoît Mandelbrot che utilizzò anche contributi di altri matematici come Georg Cantor e Lewis F. Richardson. Presto, Mandelbrot si rese conto che pure altre strutture, oltre alberi e foglie, mostrano al loro interno proprietà di autosimilarità: ogni loro singola parte, ingrandita, appare uguale all’intero. La proprietà risultò di notevole interesse non solo per i matematici ma anche per informatici e grafici che, per la prima volta, furono in grado di creare algoritmi per riprodurre in digitale scenari e paesaggi realistici. Il pioniere di questa rivoluzione fu il giovane Loren Carpenter, un informatico americano che nel 1978 fu incaricato dall’azienda aerospaziale per cui lavorava di realizzare un simulatore di volo. L’idea innovativa di Carpenter fu di usare un algoritmo frattale per realizzare lo sfondo montuoso del simulatore. Partì da un paesaggio elementare formato da macro-triangoli: il suo algoritmo suddivideva ogni triangolo in altri quattro triangoli più piccoli, i quali a loro volta venivano poi suddivisi nuovamente ognuno in quattro triangoli più piccoli e così via fino a ottenere un paesaggio frastagliato e molto verosimile. L’intero processo di costruzione è apprezzabile nel corto animato Vol libre realizzato nel 1980 e ancora disponibile online. Grazie a questo nuovo processo fu possibile migliorare i paesaggi dei film di animazione che fino a quel momento erano ancora realizzati in tecnica tradizionale e quindi disegnati a mano. Il nuovo approccio fu applicato anche a un altro grande limite della rappresentazione animata: la pelle umana. Sino alla fine del ventesimo secolo le tecniche di animazione non permettevano di dare alla pelle umana una texture realistica e la limitazione era così forte da guidare addirittura le scelte della trama da parte delle grandi case di produzione americane: se gli esseri umani resi in digitale sembravano di plastica, tanto valeva evitare di renderli protagonisti dei film di animazione e scegliere piuttosto oggetti di plastica come soggetti. Fu il ragionamento che portò, per esempio, alla realizzazione del film Toy Story. Nel 1997 comparve un cortometraggio Pixar Animation Studios che determinò la svolta definitiva. Il titolo originale è Geri’s Game, poco meno di 5 minuti di animazione che hanno cambiato per sempre la realizzazione delle figure umane in digitale. La tecnica usata in questa computer animation è anch’essa basata sul processo iterativo frattale e prende il nome di split and average. I passaggi che compongono ogni passo dell’algoritmo sono due: a partire da un poligono regolare, si individua per ogni lato il punto medio, è il processo di split, il quale viene successivamente traslato di un vettore con un processo detto di average. Procedendo ripetutamente su ogni nuovo elemento creato, è possibile realizzare strutture complesse che rendono bene a video la pelle umana. Sono queste le principali esperienze che hanno aperto la strada allo studio di algoritmi sempre più sofisticati per manipolare immagini digitali. A poco meno di 30 anni da questi studi, possiamo ammirare elementi creati completamente in digitale difficili da distinguere da riprese reali. La complessità degli algoritmi dei software di manipolazione di immagini ha raggiunto vette incredibili. Ma è ugualmente sorprendente come, nel tentativo di replicare artificialmente oggetti naturali, siamo arrivati a studiare nel dettaglio i meccanismi matematici con cui la stessa natura crea i suoi elementi.