L’Istat ha rilevato che la percentuale di italiani, dai 6 anni in su, che ha letto nell’ultimo anno almeno un libro per motivi non strettamente scolastici o professionali è scesa dell’1,5% raggiungendo il 39,3%. Ma se disaggreghiamo i dati, come sempre si dovrebbe fare per non essere il bersaglio del sarcasmo di Trilussa, emerge un fatto ancora più preoccupante: la disparità Nord-Sud. Tale percentuale si suddivide infatti nel 46,1% del Nord, nel 42,4% del Centro e nel 27,9% del Sud.
La questione si aggrava quando si misura il numero delle biblioteche pubbliche, cioè di quei luoghi di aggregazione ed emancipazione che sono un baluardo contro la disgregazione del tessuto sociale.
Un terzo dei Comuni italiani non ha una biblioteca civica ed emerge la stessa disuguaglianza: nel Centro e Sud si trova meno del 40% delle biblioteche pubbliche in Italia.
Nel discorso per il Nobel nel 2010 Elogio de la lectura y la ficción, Mario Vargas Llosa disse: “Igual que escribir, leer es protestar contra las insuficiencias de la vida”, (“Così come scrivere, leggere è protestare contro le ingiustizie della vita”). Senza libri, riviste, biblioteche, senza oggetti e luoghi che educhino all’analisi critica e all’attenzione prolungata, quindi ad altro rispetto all’interazione con i social media, si rischia di smarrire quell’equilibrio responsabile che è alla base della giustizia.
Proprio la disparità tra Nord e Sud, ovvero questa differenza che percepiamo ingiusta, mi obbliga a riprendere l’allarme che già nel 2021 lanciai su queste pagine sulla pericolosa china che stava prendendo l’interpretazione, in forma di autonomia differenziata, della modifica del 2001 del Titolo V della Costituzione e soprattutto dell’articolo 116. La distopia della frammentazione dell’Italia in 20 regioni, autonome nella gestione di materie come il lavoro, la scuola, l’ambiente, si realizzerà se la legge approvata lo scorso agosto non sarà abrogata con un referendum.
Qui non ho spazio per smontare efficacemente gli accattivanti, ma ingannevoli, slogan usati da chi vuole la norma. Ma proprio i numeri che ho sopra riportato, che si replicano in tutti gli ambiti, fanno capire i rischi tremendi che corre il nostro Paese. I livelli essenziali di prestazione (Lep), che non sono formulati nella legge e tanto meno finanziati, rimarranno irraggiungibili. I diritti che dovrebbero garantire non saranno quindi più esigibili in molte regioni che, divise, saranno ormai logorate in una inevitabile concorrenza al ribasso.
Vada, chi ancora può, in biblioteca a rileggere cosa spinse nell’Ottocento all’unità d’Italia e, dopo la Liberazione, cosa portò a formulare l’articolo V della Costituzione, prima che si ripeta l’Autodafé di Canetti, o venga varato un
decreto quale quello del patriarca Adolfo Kurr nella Storia filosofica dei secoli futuri di Ippolito Nievo, che sacrificò la vita per l’impresa garibaldina.
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