Tra i molti spunti nati in seno al convegno e le riflessioni che questi hanno generato nei presenti – sia relatori che uditori – scegliamo di dare voce in particolare ad una lettera che abbiamo ricevuto da Francesca Galdenzi, docente di matematica di un istituto tecnico economico presente a Pesaro
Durante il viaggio di ritorno a casa, sia perché stavo guidando, sia per non rischiare di perdere troppa autostima, non mi sono dedicata ai compiti assegnatici dal mitico allenatore delle Olimpiadi Giacomo Bartolucci, ma ho preferito seguire l’onda dei musicisti che sabato ci hanno deliziato con violino e arpa, ascoltando un po’ di musica classica e lasciando spazio agli stimoli avuti durante i tre giorni di immersione nella matematica e nel suo insegnamento. Ne sono emerse alcune riflessioni che ho piacere di condividere.
Parto subito dal sondaggio estemporaneo e informale gentilmente fatto per accertare quanti dei docenti presenti al convegno non insegnassero in un liceo scientifico. Non nascondo che sono stata molto contenta nel vedere alzarsi così tante mani perché sono convinta che le competenze matematiche di tutti i cittadini vadano migliorate, che questo miglioramento debba riguardare soprattutto chi non ha a che fare con la matematica a livello professionale (quindi chi generalmente non sceglie di formarsi in un liceo scientifico) e che come e da chi la matematica sia insegnata faccia la differenza. Quindi che noi docenti di tecnici, professionali, licei non scientifici e scuole secondarie di primo grado partecipiamo ad un convegno in cui ci si chiede cosa, come e perché insegniamo è essenziale e fa ben sperare. A questo proposito l’intervento di Giovanna Guidone è stato utile e a mio parere avrebbe innescato un dibattito altrettanto interessante, se ci fosse stato tempo e modo. Mi sarebbe piaciuto condividere, ad esempio, l’indagine fatta ad inizio anno in quarta e quinta in cui ho chiesto ad ogni studente di mettere in ordine di importanza gli obiettivi da raggiungere (non avere il debito, migliorare le competenze matematiche, prepararsi per l’università, sviluppare competenze trasversali) e di indicare cosa farà dopo il diploma. Questionario da cui poi in parte dipende, ad esempio, come tratterò i limiti, quale sarà l’approccio per tutta la classe, cosa darò come approfondimento e quali quesiti sfidanti butterò là nella speranza che qualcuno li colga. Forse sono un po’ di parte, ma credo che i docenti che non insegnano allo scientifico abbiano, per forza di cose, iniziato prima a chiedersi come cambiare la didattica, come affrontare chi è in difficoltà, cosa inventarsi per far amare questa materia. Certo c’è sempre lì pronta ad attrarci la tentazione di rifugiarsi nella tecnica e nelle procedure meccaniche, ma finché partecipiamo a convegni, c’è speranza e l’esigenza di discussioni e confronti di alto livello è forte e sarebbe bello che possano esserci dei momenti dedicati.
Un altro sondaggio che mi sarebbe piaciuto richiedere durante il convegno riguarda il tipo di laurea dei presenti perché la sensazione è che sempre più laureati in matematica non si dedichino all’insegnamento e sempre più laureati in altro insegnino matematica (nel mio istituto, lo confesso, siamo più ingegneri) e questo sarebbe un altro dato di cui tenere conto quando si pensa alla formazione sulla didattica di questa disciplina. Dal mio punto di vista, più siamo di diversa formazione e più il confronto tra docenti è arricchente. Infatti ho apprezzato molto gli interventi di Simone Baroni e di Cristina Arienti. Entrambi ci hanno ricordato quanto sia importante che la matematica della realtà sia veramente della realtà e dell’attualità. Ancora ricordo le facce dei miei studenti quando gli ho raccontato ciò che ci disse Alfio Quarteroni sulla modellizzazione di un’aritmia cardiaca al convegno del 2019, spiegare la programmazione lineare dopo quella premessa ha avuto tutto un altro sapore. Certo quest’anno sarà dura parlare di meccanica quantistica a studenti che fanno fisica solo il primo anno, ma magari riuscirò ad organizzare un incontro con Simone Baroni e ci penserà lui ad ammaliarli e il tema del covid, per fortuna, non fa più tanto presa (anche io tentai ai tempi della DaD di fare qualcosa di simile a ciò che ci ha proposto Cristina Arienti, seppur fatto peggio, ed ho notato che riproporlo oggi non è molto attraente), ma resta l’impostazione di una lezione molto efficace da poter riadattare su qualcosa di più attuale.
Una conferma importante è stata quella sull’importanza di permeare le lezioni di storia della matematica come hanno fatto molti dei relatori e in particolare Marco Andreatta. Da docente ho sempre evitato a causa di un senso di inadeguatezza giustamente causato dalla mia ignoranza, ma quest’anno ho introdotto le derivate facendo cenno al “dissing” tra Newton e Leibniz ed è stato efficace e come discente ho apprezzato moltissimo i cenni storici fatti al convegno, convincendomi di quanto siano necessari. Su questo aspetto con i colleghi di lettere, seppur con loro sia già una lotta far passare gentilmente il messaggio che non è bello vantarsi di non capire niente di matematica, bisogna insistere perché si possa dire qualche parola in più sui matematici che hanno cambiato il mondo di epoca in epoca.
Farò tesoro di quanto appreso in questi giorni e proverò a trovare il tempo di studiare e approfondire, aspettando con ansia le slide delle lezioni proposte da Gian Italo Bischi e Alex Saltuari, che metterò sicuramente in pratica (e aggiungerò alla lista “salva ora di sostituzione in classe non mia”).
Concludo queste riflessioni ammettendo che mi sento un po’ sopraffatta dalle tante cose che non so e che vorrei sapere, la stessa sensazione di Troisi quando diceva “Io sono uno a leggere, loro sono milioni a scrivere”, ma anche grata per aver potuto ascoltare persone interessanti e intravedere nei loro occhi e negli occhi di chi ha partecipato la volontà e la cura nel fare le cose per bene e il rimando, tramite loro, ad un mondo fatto di persone comuni, ragazzi e ragazze, docenti, scuole, comunità, che ci credono e ci provano e resistono. E questo è bello e dà energia. Grazie