La Milano di Alessandro Robecchi: per una geometria delle diseguaglianze

“Servono un sacco di perdenti per tenere vivo il mito della città vincente”. Certo non si nasconde dietro le parole, nel descrivere Milano, Alessandro Robecchi nel suo ultimo noir “Pesci piccoli”. Robecchi, milanese nel senso più pieno della parola, riesce come pochi – forse, come giallista, solo Giorgio Scerbanenco – a leggere l’anima “della città delle città italiane” e questa sua ultima fatica letteraria lo conferma.

 

Lo scrittore e giornalista Alessandro Robecchi

 

La riflessione non è nuova, subito tornano alla mente, tra le altre, le parole della prefazione ai Malavoglia di Giovanni Verga che, da siciliano trapiantato nel capoluogo moderno, era sconvolto dalla trasformazione industriale e dal cosiddetto progresso: “Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato, visto nell’insieme da lontano. In questa immane forza che è la luce del progresso scompaiono le miserie, le sofferenze, gli interessi individuali; l’umanità in effetti progredisce per la forza stessa di questa molla meccanica e incessante della vita; ma per l’individuo è negato il progresso. Anzi proprio perché questo progresso della società umana si compie a spese delle sofferenze degli uomini, i quali travolti dalla fiumana, restano per via, si lasciano sorpassare dall’onda per finire più presto, o vinti levano le braccia disperate, o piegano il capo sotto il piede brutale dei sopravvegnenti, i vincitori d’oggi anch’essi avidi di arrivare, e che saranno sorpassati domani.” Ma non per questo Robecchi è meno illuminante, soprattutto dal punto di vista delle diseguaglianze sociali che lacerano Milano. Ricchezza e povertà, alto e basso, in senso fisico e metaforico: l’alto degli attici, dei terrazzi agli ultimi piani degli eleganti palazzi del centro, degli uffici dalle vetrate panoramiche e dei grattacieli della nuova Milano, ma anche dei Suv che dominano le strade, contrapposto al basso degli scantinati, dove i ricettatori accumulano merce rubata, dove gli stampatori clandestini cercando di circuire con falsi iban di beneficenza i cittadini, il basso dei garage, dei monolocali senza finestre, dei tram e della metropolitana. Il mondo di Carlo Monterossi – il protagonista dei gialli di Robecchi, ormai impossibile da immaginare senza il volto di Fabrizio Bentivoglio che lo interpreta nella serie tv – contrapposto al mondo di Teresa, la donna delle pulizie che si affaccia contro ogni previsione al mondo dell’alta borghesia meneghina (non spoileriamo nulla a chi non ha ancora letto il libro).

 

 

Insomma, ricchi contro poveri. Senza voler scomodare il coefficiente di Gini per misurare la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza (un valore compreso tra 0 e 1 dove 0 corrisponde ad una perfetta equidistribuzione e 1 alla concentrazione della ricchezza esclusivamente nelle mani di un individuo a scapito della collettività), è innegabile che i contrasti economici stiano creando una situazione esplosiva a Milano.

Per quanto in provincia di Milano il Pil pro capite sia il più alto d’Italia (32.855 euro lordi, che salgono a 33.703 euro se ci limitiamo al capoluogo) e le differenze con il meridione della penisola siano talvolta drammatiche (Enna, ultima, 13.701 euro lordi), la ricchezza è sempre più concentrata nelle mani di pochi (solo il 5% degli italiani, percentuale poco più alta a Milano, dichiara più di 55.000 euro annui, mentre il 43% meno di 15.000 euro).

Così, i residenti di Brera, nel centro più centro della città, dichiarano al fisco, in media, 95.000 euro, gli abitanti di Quarto Oggiaro, periferia nord, sempre in media, quasi 18.000 euro, cinque volte meno.

E vogliamo parlare dei costi delle case in città? Se comprare è ormai davvero un affare da ricchi, anche trovare un affitto decente è una sfida (si sprecano le offerte imbarazzanti a centinaia di euro per camere da condividere, con bagno in comune ecc.). Il prezzo medio al mq a Milano è ormai di 5.293 euro. Rispetto al 2022 l’aumento è del 3,54%. Negli ultimi tre anni i prezzi sono saliti a ritmo sostenuto, per fare un paragone oggi si pagano circa 1.000 euro in più al mq rispetto al 2021. Nel centro i prezzi al mq hanno sfondato il simbolico muro dei 10.000 euro arrivando a 10.118 euro ad agosto 2023 (a titolo di paragone nel centro storico di Roma il prezzo medio praticato al mq è di 7.512, a Bologna 4.220). Cambia tutto man mano che ci spostiamo leggermente fuori dal centro di Milano, ma molto lentamente: a Porta Genova e sui Navigli il prezzo praticato è di 7.693 euro, leggermente più basso il costo delle case a Porta Venezia, 7.629 euro. A Baggio, Ponte Lambro e Forlanini le proposte più economiche (comunque oltre i 2000 euro al mq) ma gli studi di fattibilità della futura Linea Rosa (M6) lasciano intravedere un futuro diverso anche per questi quartieri.

Rigenerazione urbana e city branding sono alla base di questo fenomeno, la “gentrificazione” (il termine inglese deriva da “gentry” ossia “piccola nobilità”) che racconta il processo per il quale quartieri un tempo umili e popolari sono stati oggi riqualificati diventando teatro privilegiato delle nuove élite cittadine ed escludendo i residenti originari per via dell’aumento dei costi delle case.

E se Milano è il laboratorio d’Italia, il futuro non appare roseo e l’inarrestabile impoverimento della classe media, con la polarizzazione tra una piccola percentuale che ascende alla ricca borghesia e il tracollo economico della restante parte, sembra ormai scritto.

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