Offrono diversi spunti Marco Polo e la sua storia. Prima di tutto, l’età. Marco aveva diciassette anni quando decise di seguire il padre e lo zio e abbracciare l’avventura, andare incontro all’ignoto, affiancare gli adulti in una missione che, almeno all’inizio, era sicuramente più grande di lui. Diciassette anni è solo un anno di più dell’età degli studenti che si sono sottoposti al test Ocse Pisa, la rilevazione periodica effettuata per misurare il grado di competenza dei ragazzi di 38 Paesi. Non staremo a metterci in coda a chi sulla stampa ci ha preceduto lamentando l’esito dei risultati. Sarebbe poco costruttivo. Questo non toglie che siamo preoccupati, non solo per l’Italia. I dati hanno mostrato un calo generalizzato delle competenze. A essere in crisi è proprio il modello di formazione (dove è compresa anche, ma non solo, la scuola). Un modello che porta all’autoreclusione e all’inaridimento delle connessioni sociali.
Sul banco d’accusa gli smartphone e tutto quello che racchiudono. Sarebbe riduttivo scaricare tutta la colpa sui devices, ma registriamo con un’amara rassegnazione la nascita di Threads, l’ennesimo social network. Il processo tecnologico e il coinvolgimento dei nostri ragazzi sono inarrestabili. A noi tocca governare non il processo, ma il rapporto con esso.
Aveva diciassette anni Marco Polo quando lasciò Venezia. Come gran parte dei migranti che fuggono da guerre, cambiamenti climatici e dittature. Non venne respinto Marco Polo, anzi ne fu esaltato il ruolo. Di commerciante ma soprattutto di ambasciatore. Ancora oggi, i migranti spesso mantengono forti legami con i loro Paesi d’origine e allo stesso tempo abbracciano le loro nuove comunità, dove apportano un patrimonio di conoscenze, esperienze e competenze. È un fattore di una banalità disarmante e non vederlo, o fare finta di non vederlo, è una mancanza grave. Le persone in movimento sono un potente motore di sviluppo sia nei Paesi di origine sia in quelli di destinazione. Sono lavoratori, studenti ma anche imprenditori, artisti e molto altro ancora. Tutto questo crea una miscela unica di culture e prospettive. Una potenzialità ottusamente ignorata. Mai come oggi è chiaro che la migrazione è parte della soluzione per una maggiore prosperità economica e una parte fondamentale della soluzione al cambiamento climatico.
Diciassette anni o poco più è l’età media degli abitanti di Gaza, dove il 75% della popolazione ha meno di 25 anni e 7 abitanti su 10 hanno lo status di rifugiato. Per loro, intrappolati in una striscia di terra, la fuga non è un’opzione.
Buona lettura e buon anno!
Vincenzo Mulè
Direttore responsabile