E se nell’Universo fossimo soli?

Ammesso che esistano, quanti sono? Parliamo di ET, gli extraterrestri abitanti di altri mondi, paragonabili a noi abitanti del pianeta Terra. Magari non per aspetto e biologia ma per capacità intellettive, consapevolezza di sé e possesso di tecnologie. Il tema della “pluralità dei mondi” tormenta filosofi e scienziati sin dall’antichità. Ma, nonostante la logica scientifica li preveda e nonostante le attuali possibilità di invio e ricezione di messaggi nello spazio, siamo ancora al punto di partenza: esistono davvero? Quanti potrebbero essere? Come in altri campi del sapere, sugli ET sono stati i Greci a dare le prime risposte ragionate. Per Platone e ancor più per Aristotele il numero è zero, perché nel loro universo geocentrico e chiuso solo la Terra è abitata. All’opposto, per gli atomisti (come Leucippo, Democrito e Lucrezio) il numero è infinito, risultato della casuale e incessante aggregazione di atomi in un universo senza centro e confini. Nei mille e passa anni successivi, la dottrina scolastica conferma lo zero aristotelico rinforzando l’ipotesi geocentrica con la tesi della perfezione divina, compatibile solo con l’unicità della creazione. La pensano diversamente Nicola d’Oresme e Nicolò Cusano, che ammettono sei civiltà di similuomini sulla Luna e sui cinque pianeti allora noti. Gli “infiniti mondi” tornano nell’universo aperto e brulicante di vita dell’inquieto domenicano Giordano Bruno: una visionaria cosmologia che va sul rogo con lui il 17 febbraio 1600. Nel 1842, il vescovo anglicano Thomas Dick, convinto che Dio non avrebbe mai lasciato disabitato il mondo da lui creato, così vasto e bello, effettua un conteggio di tutti gli ET del sistema solare. Come appare nella tabella pubblicata a pagina 305 del suo Celestial Scenery, in base alla densità della popolazione dell’Inghilterra di allora e alla superficie della Luna, dei pianeti e dei loro satelliti, dei quattro asteroidi e persino degli anelli di Saturno, arriva all’incredibile numero di 21 bilioni, 894 miliardi, 974 milioni e 404.480 extraterrestri. E tutti devoti cristiani! Alla metà del secolo scorso l’affermazione della teoria nebulare di formazione del sistema solare lascia intendere la presenza di sistemi planetari attorno a buona parte dei 300 e passa miliardi di stelle della Via Lattea e quindi statisticamente dimostra la quasi certa l’esistenza di civiltà ET su pianeti rocciosi simili al nostro attorno a stelle simili al Sole. Shapley (1959) ne ipotizza 100, Bracewell (1961) 10 milioni, con tecnologia almeno pari alla nostra e vita media di 5 milioni di anni. Negli stessi anni la radioastronomia diventa l’ideale strumento di ricerca di alieni intelligenti e tecnologici mediante l’invio e la ricezione di segnali intenzionali, distinguibili dai segnali naturali emessi da molte sorgenti stellari. L’esistenza di ET appare inevitabile e il contatto plausibile e prossimo. In questo clima favorevole all’esistenza di alieni intelligenti in mondi lontani, nel 1961 il giovane radioastronomo americano Frank Drake propone un modo – che è diventato noto con il nome di “equazione di Drake” – per stimare il numero N di attuali civiltà ET della galassia in grado di comunicare via radio. N è il risultato del prodotto di sette termini: N=R*×fp×nc×fl×fi×fc×L. I primi tre sono “astronomici”: R* è il numero medio annuo di nuove stelle nella galassia; fp la frazione di stelle con sistema planetario; nc il numero di pianeti adatti alla vita. I loro valori, sconosciuti nel 1961, sono oggi noti. Il quarto e il quinto termine sono “biologici”: fl è la frazione di pianeti del sistema su cui la vita è sorta; fi la frazione dei pianeti su cui la vita si è evoluta in forme intelligenti. Qualche indicazione sul quarto termine potrebbe arrivare prossimamente dalla scoperta di forme di vita elementari su Marte o altrove. Il sesto e settimo termine sono “sociologici”: fc la frazione di pianeti con civiltà in grado di comunicare; L la durata di queste civiltà. Entrambi sono di dubbia interpretazione. Il prodotto tra il primo e l’ultimo termine (R* in anni-1 ed L in anni) è il numero attuale di stelle-soli della galassia e rende adimensionale il risultato dell’equazione. Poiché almeno la nostra civiltà esiste, sarà N≥1. Per N=1 ci siamo solo noi nella galassia: in pratica, uno zero aristotelico “locale”. Il valore di N indicato da Drake nel 1961 spaziava da 20 a 50∙106 civiltà ET, un ventaglio che andava bene a scettici ed entusiasti, frutto evidente dell’ignoranza e arbitrarietà dei valori attribuiti a tutti i termini della moltiplicazione. Da allora, in molti hanno cercato di quantificare meglio ciascun termine dell’equazione per arrivare a un plausibile valore finale: come von Hoerner (1963) N=15∙106; Cameron (1963) N=2∙106; Sagan, Shklovskii (1966) N=5÷106; Tipler (1980) N=1 (ci siamo solo noi); Wallenhorst (1981) N=1÷100; Jones (1981) N<100; Westley, Conselice (2020) N=36 (-32, +172); Musso (2021) N=105∙fl.fi , dichiarando la totale ignoranza su questi due fattori. In generale, il valore di N dei diversi articoli decresce nel corso degli anni, forse per i criteri via via più rigidi adottati dagli autori nella definizione e nella quantificazione di ciascun termine dell’equazione. Nel complesso, però, la dispersione dei risultati attesta la nostra ignoranza in materia. Chi ama i calcoli matematici trova in rete una griglia (www. internetsv.info/Drake.html) che, in base ai numeri attribuiti a ciascun termine dell’equazione, fornisce immediatamente il risultato finale (per quel che vale). Qualunque sia il numero di civiltà galattiche ET in grado di comunicare via radio, è però probabile che non tutte “desiderino” farlo o lo stiano facendo convintamente. Così, Walters (1980) introduce nell’equazione un ottavo termine (C) che però ritiene poco influente sul risultato finale. Al contrario, Zaitsev (2013) nell’ipotesi che, al pari di quanto facciamo noi, le civiltà ET privilegino di circa 100 volte le comunicazioni “passive” (ricezione di segnali) rispetto a quelle “attive” (invio di segnali), introduce un ottavo termine (Fm), che valuta 0,01. Restringe così non il numero di civiltà ET in assoluto, ma pessimisticamente il numero di quelle con cui sperare di avviare un contatto. L’incertezza quantitativa in alcuni termini del calcolo di Drake ha indotto vari autori a esprimere N come probabilità, talvolta ricorrendo al teorema di Bayes. Per Maccone (2010) le civiltà galattiche ET potrebbero essere 3500, con il 75% di probabilità di trovare la più vicina a 1361-1379 anni-luce dalla Terra. Per Cai X. e al. (2021), la massima concentrazione di civiltà aliene si è manifestata a 13.000 anni-luce dalla Terra 6 miliardi di anni fa, quando la galassia aveva quasi 8 miliardi di anni di vita e il sistema solare, che oggi ha 4,5 miliardi di anni, non si era ancora formato. Che fine hanno fatto queste remote civiltà aliene? È possibile ritrovare tracce fossili della loro esistenza? Nel 2013, la planetologa canadese Sara Seager ha proposto sul modello dell’equazione di Drake una “equazione biotica” che stima, attraverso il prodotto di sei fattori specifici, il numero di esopianeti con segni di vita rilevabili. È questo l’oggetto della astrobiologia, che non ricerca sapiens alieni ma “firme biologiche” elementari, come la presenza nelle atmosfere planetarie di ossigeno, acqua, metano e altre molecole che potrebbero essere il prodotto di attività batteriche al suolo. Sinora non vi sono riscontri certi, ma si ritiene se ne possano trovare in un prossimo futuro, anche perché il numero degli esopianeti confermati (già oggi diverse migliaia e molti “abitabili”) dovrebbe moltiplicarsi a seguito del lancio nel dicembre scorso del James Webb Space Telescope. Analizzata e rivisitata in diversi scenari, l’equazione di Drake rimane insoluta (e forse insolubile) se non per via ipotetica a causa dell’incertezza concettuale e dell’arbitrarietà quantitativa di alcuni termini. Ritenuta più filosofica che scientifica, ha però il merito di trattare un tema scivoloso come la pluralità dei mondi con il linguaggio e i metodi della scienza, a partire dalla scomposizione di un problema complesso in parti più semplici da definire e risolvere singolarmente. Il suo limite evidente sta nel basarsi sul principio antropico: l’idea che la catena di eventi che sulla Terra, in circa 4 miliardi di anni, hanno portato dalla nascita “chimica” della vita sino a noi, esseri intelligenti, tecnologici e desiderosi di comunicare con mondi alieni, sia un percorso evolutivo usuale in ogni angolo dell’universo, anziché un unicum terrestre. Ma questo è il solo esempio che conosciamo e su questo siamo costretti a ragionare.

L’ALIENO O L’AMORE?

Una gustosa interpretazione dell’equazione di Drake è contenuta nella relazione Why I don’t have a girlfriend: an application of the Drake equation to love in the UK presentata dal matematico inglese Peter Backus al “Warwick Economics Summit 2011”. Backus ha adattato i termini dell’equazione per calcolare le probabilità di trovare la partner rispondente ai suoi desideri. Il numero G delle candidate ideali (corrispondenti alle N civiltà galattiche evolute e comunicanti di Drake) è il risultato del prodotto di sette termini (ben motivati e quantificati nella relazione): G = R × fW× fL × fA× fU× fB × L dove R è il tasso medio annuo di nascite in UK (≈ 150.000 negli ultimi 60 anni); fW la frazione di donne in UK (51%); fL la frazione di donne inglesi che vivono a Londra (13%); fA la frazione di donne londinesi tra 24 e 34 anni (20%); fU la frazione di donne londinesi tra 24 e 34 anni laureate (26%); fB la frazione di donne londinesi tra 24 e 34 anni, laureate e attraenti (5%); L il tempo per un possibile incontro (31 anni, l’età dell’autore nel 2011). Sostituendo per semplicità al prodotto R × L la popolazione inglese nel 2007 (60,975 milioni), si arriva a 10.510 donne che rispondono agli stringenti requisiti di Backus. Ma per formare una coppia stabile vanno considerati tre (soggettivi) fattori addizionali: il numero di donne singole (50%), quelle che trovano attraente l’autore (5%), quelle con cui si potrebbe andare d’accordo (10%). Così, il numero si abbassa drasticamente a 26. A conti fatti, la probabilità di trovare la partner ideale in una sera a Londra è solo lo 0,0000034%: poco, ma un centinaio di volte più della probabilità di trovare casualmente una civiltà ET, tra le supposte 10.000 disperse nei 300 miliardi di stelle della galassia, disposta a chiacchierare con noi. Per la cronaca, Peter Backus si è sposato pochi anni dopo la presentazione della relazione.

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