Vacanze matematiche: la Venezia perfetta

Luca Pacioli, il matematico rinascimentale che ha giocato un ruolo importante nei rapporti tra la matematica e la cultura, ha avuto uno strettissimo legame con la città di Venezia. Si occupò della contabilità della città oltre che della pubblicazione a stampa delle opere di Euclide, nella città che era la capitale mondiale della stampa. Era considerato il più famoso matematico dell’epoca e l’11 agosto del 1508 tenne a Venezia una famosa prolusione, un sermo, come lui stesso lo chiama, sugli Elementi di Euclide. L’incontro era la lezione inaugurale pubblica dell’anno accademico della Scuola di Rialto e si svolgeva in una chiesa, quella di San Bartolomeo, per poter avere a disposizione un ambiente abbastanza grande. Lo si potrebbe definire un evento per lanciare le ultime pubblicazioni a cui stava lavorando Pacioli: la cura degli Elementi di Euclide e il De Divina Proportione con i famosi disegni di Leonardo da Vinci, pubblicati entrambi a distanza di poco tempo nel 1509. Pacioli voleva che il tema fosse insieme di grande interesse e di facile comprensione. Scelse di parlare della teoria delle proporzioni, un argomento che permetteva di discutere di matematica senza dover entrare in troppi dettagli di definizioni e dimostrazioni, un argomento che avrebbe potuto attrarre molte persone perché era un tipico argomento di matematica applicata, si direbbe oggi, a molti settori, umanistici, scientifici e tecnici. Insomma un buon argomento per una conferenza sulla cultura matematica per un pubblico attento e colto ma in grande parte non esperto dell’argomento. Era in ogni caso il momento giusto per parlare di libri, anche di matematica. Era una novità assoluta e probabilmente molti dei presenti erano coscienti dell’evoluzione rapida della cultura umanistica e scientifica certificata dalle invenzioni editoriali di Manuzio e di altri editori e stampatori. Un appuntamento culturale da non mancare. Di persone ne arrivarono, scrive Pacioli, ad quingentos (cinquecento) e sarebbe stato molto difficile ricordare tutti i presenti individualmente. Tant’è che Pacioli decide di pubblicare alla fine del libro IV e prima dell’inizio del libro V degli Elementi un elenco parziale dei nomi, quelli più importanti probabilmente. Un centinaio di nomi che si ritrovano inseriti come una sorta di pagina pubblicitaria a cavallo di due capitoli (libri) degli Elementi di Euclide. La grande partecipazione e il fatto stesso che Pacioli inserisca il testo della conferenza e i nomi di molti partecipanti nel testo degli Elementi di Euclide, cosa certo non usuale, dà anche il segno di come la cultura matematica fosse non conosciuta in grande profondità ma comunque capace di suscitare largo interesse. Erano presenti teologi, filosofi, medici, letterati, artisti, banchieri, architetti, cosmografi, cartografi, intarsiatori, giuristi, personaggi importanti di Venezia, patrizi e potenti, e naturalmente anche Aldus Manutius Romanus, il famoso editore. Immaginarsi una tale riunione ai nostri giorni, con politici e potenti di oggi, che assistono a una conferenza sulla potenza culturale della matematica, sembra del tutto inimmaginabile. Dopo moltissimi anni di chiusura la chiesa di San Bartolomeo è stata riaperta e si può visitare, poche ore al mese. È vicinissima al ponte di Rialto, lato mercato. Prima della visita è bene leggere qualcosa sul sermo e i nomi dei presenti. L’aria di Venezia farà il resto. Visitata la chiesa, è consigliabile una visita alla Biblioteca Nazionale Marciana dove sono conservati i tanti libri di matematica pubblicati in quegli anni, a cominciare dai fondamentali Elementi di Euclide e dai libri di Pacioli. Piazza di San Marco è l’unica piazza di Venezia (gli altri sono campi). Il modo più suggestivo di arrivarci è avendo cura di passare sotto gli archi dal lato dell’Ala Napoleonica, quella in faccia alla Basilica del Santo che dà il nome alla piazza. La progettazione e l’inizio della realizzazione dell’Ala Napoleonica risalgono agli anni in cui Venezia faceva parte del Regno d’Italia (1806-1814) e Napoleone ne era il sovrano. Venne edificata nell’area ove precedentemente si trovava la chiesa di San Geminiano (antica, ma riedificata a metà Cinquecento da Jacopo Sansovino). Attualmente una targa con la pianta sul pavimento del portico ricorda la chiesa. Traversata la piazza, si arriva alla piazzetta San Marco e, di fronte al palazzo Ducale (ammirarne le simmetrie), ecco l’entrata della Biblioteca Marciana. È ovviamente un luogo di studio, non per turisti. Nella Basilica meritano di essere visti i due dodecaedri stellati sul pavimento a mosaico, uno nella navata principale, l’altro in una delle entrate alla Basilica. Questo secondo è stato realizzato con marmi policromi, su disegno di Paolo Uccello, 150 anni prima della scoperta ufficiale di quella forma da parte di Keplero. Ma Napoleone che c’entra? C’entra eccome. Napoleone si intendeva di matematica, basta citare il cosiddetto teorema di Napoleone (a lui è attribuita l’intuizione per la sua dimostrazione). Vi è anche un altro motivo, legato a Venezia. A palazzo Loredan, una delle due sedi dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, nel 2009 durante alcuni lavori di restauro venne scoperto un affresco (datato 1808) che rappresentava l’imperatore di ritorno dalla vittoria di Austerlitz. Che nel palazzo vi fossero stati un tempo degli affreschi dedicati alle imprese napoleoniche era noto grazie alla testimonianza del loro autore, Giovanni Carlo Bevilacqua. Con la vittoria di Austerlitz del 2 dicembre 1805, Venezia veniva aggregata al Regno d’Italia e nel 1808 il generale Baraguay d’Hilliers (compare anche lui nell’affresco) veniva nominato governatore militare della città lagunare. Con il ritorno degli austriaci a Venezia nel 1813, palazzo Loredan venne adibito a sede del comando militare della città e tutti i dipinti e affreschi napoleonici vennero distrutti. Qualcuno coprì quell’affresco ritrovato duecento anni dopo. Napoleone con decreto emanato dalle Tuileries il 25 (!) dicembre 1810 istituiva l’Istituto Nazionale di Scienze, Lettere ed Arti, da cui deriva l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Data scelta per ricordare il giorno in cui Napoleone era stato eletto membro dell’Institut National de France, avvenuta il 5 nevoso dell’anno VI, data che nel calendario della rivoluzione francese corrispondeva appunto al 25 dicembre 1797. Nell’indicarla, Napoleone voleva significare che a dar vita all’Istituto Nazionale italiano non era tanto l’imperatore dei francesi quanto il membro dell’Institut eletto per i suoi studi di fisica, matematica e balistica. Una cosa fondamentale: in realtà a Venezia, oltre alle tante forme geometriche, ai volumi di matematica, alle spirali ed eliche (il dipartimento di matematica dell’università di Ca’ Foscari era in Ca’ Dolfin, storico palazzo veneziano, dove i due rami a spirale del Canal Grande invertono la direzione), la più profonda esperienza dell’aria matematica della città è proprio nel muoversi per le sue calli e campi. A Venezia non ci sono indirizzi, la città è divisa in sestieri e i numeri nei singoli sestieri indicano i palazzi e le chiese ma non servono a nulla. Le piantine della città non indicano mai tutte le calli, il GPS non funziona. La direzione che si vorrebbe seguire non indica dove andare, è una struttura topologica di labirinto dove immancabilmente ci si perde. Ma il perdersi è proprio la bellezza dell’esperienza. Una teoria matematica dei labirinti nasce nell’Ottocento. Ne ha fatto una bella descrizione Guglielmo da Baskerville, ne Il nome della rosa di Umberto Eco, parlando della biblioteca. Muoversi e perdersi è la più bella esperienza fisica e matematica che si possa immaginare. In caso poi si può chiedere aiuto a un veneziano, quando si è senza speranza. Cercate di costruire in una piccola zona un vostro algoritmo di via di uscita. In ogni caso il grande vantaggio è che Venezia è una città piccolissima e non ci vuole molto a percorrere tutte le possibili calli e ponti.

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