Sul numero di maggio di Prisma (52), di cui potete acquistare il pdf qui qualora ve lo foste persi, il nostro direttore Angelo Guerraggio ricordava, a cent’anni dalla nascita, la straordinaria figura di don Lorenzo Milani: “Lettera a una professoressa” rimane ancora oggi uno dei testi che maggiormente hanno influenzato un’intera generazione di studenti, vademecum di ogni insegnante democratico , tuttavia – ricordava l’autore – non può essere letta come proposta di una diversa didattica della matematica che abbia un senso nelle scuole di oggi.
In risposta all’articolo, un lettore ci ha scritto una sua riflessione che riteniamo meriti uno spazio. Eccola:
Gentile direttore,
facendo salva tutta l’importanza sociale, che lei sottolinea, della posizione di Don Lorenzo, credo che la sua posizione sulla matematica sia, in definitiva, ancora più classista di quelle che Egli rimprovera al sistema scolastico. Dico perché.
Le discipline ad alto contenuto tecnico, come per esempio il latino e la matematica, richiedono a chi ne farà oggetto di studi approfonditi alcune conoscenze di base, da acquisire prima possibile, su cui costruire veri e propri edifici di competenze: è bene imparare le declinazioni a 13 anni, prima di sapere se si diventerà latinisti. Certo che a chi farà il salumiere non servirà declinare Rosa-Rosae, ma il nocciolo della questione è che a 13 anni nessuno dovrebbe essere predestinato a fare l’avvocato patrocinatore alla Sacra Rota o il camionista o il salumiere. Lo studio delle discipline in giovane età deve avere un carattere soprattutto orientante: si scoprono le proprie attitudini solo accostandosi nel modo giusto alle materie. Pazienza se non a tutti servirà quello che si è studiato.
Cito un caso personale: quand’ero ragazzo un mio giovane vicino di casa si allenava nel lancio del disco; lo faceva in un campo sotto casa in una zona dove non avevamo impianti sportivi. Un giorno, stufo di lanciare il disco e andarlo a riprendere, mi chiese se avessi potuto rilanciarglielo io. Non mi era mai venuto in mente di poter praticare il lancio del disco. Due anni dopo andai alle finali nazionali a Roma, in quella specialità dei giochi della gioventù: un’esperienza bellissima. Avevo scoperto casualmente un’attitudine.
Quando Don Milani chiede di eliminare dall’insegnamento tutte le cose che non servono, usate in maniera selettiva dagli esaminatori, ha già deciso che quei ragazzi faranno qualcosa per cui la matematica non serve: non saranno mai ingegneri o economisti o ricercatori. Certo che lo svantaggio sociale è duro da superare, ma la vera democrazia, come sappiamo, sta nel cercare di garantire ai ragazzi di Barbiana, di ieri e di oggi, bravi insegnanti, il cui lavoro non richiede supporto esterno, un sistema veramente orientante nella fascia d’età della scuola media e nel primo anno delle superiori, e un percorso valido di studi tecnici e professionali – da scegliere dopo i 15 anni, se necessario. In altri termini, la giustizia sociale sta nelle pari opportunità. Poi sicuramente si può discutere su molti contenuti dei programmi e sui metodi di presentazione, ma, come dice lei, il libro di Don Milani non è un libro di didattica.
Sebastiano Nicosia