“Il Trattato del Quirinale è il tentativo dell’Italia di rientrare nel grande gioco internazionale attraverso un asse con la Francia, l’unica potenza nucleare d’Europa dopo la Brexit. Ha un senso, naturalmente, se il nostro Paese non si colloca in una posizione subalterna”. Giovanni Fasanella è giornalista di lungo corso e da ormai più di un decennio è impegnato nello studio dei documenti desecretati dal governo inglese. Gli studi condotti insieme con Mario Cereghino portano alla ricostruzione dei contesti interni e internazionali che fecero da sfondo agli anni di piombo in Italia. Il suo ultimo volume, scritto ancora con Cereghino, è Il libro nero della Repubblica italiana e ricostruisce il “grande gioco” che si è sviluppato sullo scacchiere italiano, in cui guerra fredda tra nemici e guerra segreta tra amici e alleati per il controllo del Mediterraneo (e del petrolio) si sono intersecate fino a sovrapporsi. Il risultato è di aver creato un terreno fertile per tentativi di golpe, servizi segreti deviati, stragi e un’infinita serie di eventi tragici mai veramente chiariti. C’è insomma per gli autori la tragica consapevolezza che in Italia si sia combattuta una vera e propria guerra clandestina.
Usa, Francia e Inghilterra hanno sempre avuto un “occhio di riguardo” nei confronti dell’Italia. In che cosa si è differenziata la loro azione e che cosa hanno avuto in comune?
Nel dopoguerra hanno presentato alle classi dirigenti post-fasciste il conto dei danni provocati dal fascismo, imponendo al nostro Paese lo status di nazione a sovranità limitata. Ma non sempre si sono comportate allo stesso modo e perseguendo gli stessi obiettivi: gli Usa hanno combattuto soprattutto il Pci; Gran Bretagna e Francia, invece, gli interessi italiani nel Mediterraneo.
Negli ultimi anni hai studiato soprattutto le carte inglesi. Da dove nasce l’interesse inglese verso il nostro Paese?
Dalla nostra posizione geografica. Siamo una penisola protesa nel Mediterraneo, la propaggine europea tra la Gran Bretagna e i suoi interessi energetici in Nord Africa e nel Medio Oriente. Per questo, il controllo del nostro Paese per Londra era un’esigenza strategica. Per questo, gli inglesi sono giunti a programmare anche azioni clandestine illegali contro quella parte della classe dirigente italiana che minacciava i loro interessi. E sono stati così bravi a camuffare le loro azioni al punto da farne ricadere la responsabilità su altri. Studiando con Mario José Cereghino i documenti conservati a Londra, i disegni perseguiti dal Regno Unito contro l’Italia emergono al di là di ogni ragionevole dubbio.
Hai portato all’attenzione un articolo del trattato di pace dopo la seconda guerra mondiale che sarebbe dietro una serie di decisioni “incomprensibili”. Che cosa dice?
È l’articolo 16 del Trattato di pace firmato a Parigi. Impone alle autorità politiche italiane di garantire l’impunità ai nostri cittadini che tra il 1940 (anno della dichiarazione di guerra di Mussolini) e il 1947 (anno dell’entrata in vigore del Trattato) aiutarono la causa alleata. E tra loro, evidentemente, anche molti boss mafiosi di alto rango, ex fascisti ed ex repubblichini di Salò. Molti di quei personaggi o i loro ambienti li ritroveremo qualche decennio dopo tra i protagonisti, impuniti, della strategia della tensione. Se studiassimo quell’articolo e i suoi effetti, verrebbero spazzate via molte categorie interpretative ormai obsolete della strategia della tensione, come quella delle “stragi di Stato”.
Tu hai definito quello inglese il golpe più lungo della storia. Ci spieghi questa definizione?
La Gran Bretagna ha esercitato sul nostro Paese un potere di condizionamento a partire dalla nascita dello Stato unitario. Un potere esercitato, quando ha incontrato ostacoli nelle nostre classi dirigenti, programmando anche operazioni illegali clandestine. È accaduto, per parlare di casi più vicini a noi, con Enrico Mattei e poi con Aldo Moro.
I servizi inglesi hanno cercato di frenare lo sviluppo scientifico e industriale del nostro Paese. L’uccisione di Mattei ne è l’esempio più lampante. Che Paese sarebbe stato il nostro se non ci fosse stata questa influenza?
La storia non si fa con i se, quindi non saprei rispondere. Di sicuro, all’epoca di Mattei e Moro stava crescendo l’influenza italiana nel Mediterraneo e nei Paesi emergenti, mentre si sgretolavano gli imperi coloniali britannico e francese.
Su Enrico Mattei il magistrato Calia ha stabilito che fu sabotaggio. Che cosa frena la magistratura dall’andare avanti e scoprire la verità?
L’impossibilità di perseguire governi di Paesi stranieri, oltretutto amici e alleati dell’Italia. Là dove non può arrivare la magistratura, possono però arrivare la ricerca giornalistica e storiografica. Ed è quello che Mario José Cereghino e il sottoscritto stiamo facendo scandagliando gli archivi internazionali, come quello di Kew Gardens, a Londra.
Da quello che scrivi sembra che gli inglesi potessero fare il bello e il cattivo tempo nel nostro Paese, come se non avessimo una classe dirigente capace di contrastare la loro azione. È così?
No, no, non ho detto questo. Ho affermato che hanno sempre avuto delle mire sul nostro Paese, ma che non sempre hanno trovato le porte spalancate. Quando si sono trovati di fronte leader che hanno privilegiato il nostro interesse nazionale, come Mattei e Moro, c’è stata una reazione. Per spiegare quello che è accaduto dal 25 aprile in poi, ne Il libro nero della Repubblica italiana usiamo questo paradosso: l’Italia ha perso la guerra ma ha vinto la pace; mentre Gran Bretagna e Francia hanno vinto la guerra ma hanno perso la pace. E questo vale fino alla caduta della Prima Repubblica. Quello che è accaduto dopo, è ancora in gran parte da scrivere.
Quali sono stati i mezzi usati dai servizi inglese per influenzare la politica italiana?
La propaganda occulta attraverso l’uso dei grandi mezzi di comunicazione di massa. E quando questo non è bastato, il ricorso ad «altri metodi», per usare un’espressione che abbiamo letto spesso nei documenti inglesi declassificati. Dove gli «altri metodi» sono persino elencati con estrema precisione: dalla macchina del fango, al sabotaggio e all’eliminazione fisica.
Chi sono stati i politici finiti nel mirino dei servizi inglesi?
Ho già citato Moro e Mattei. Ma anche De Gasperi e il suo pupillo Attilio Piccioni, i quali furono bersagliati e neutralizzati con la macchina del fango per aver consentito a Mattei di fondare l’Eni, lasciandogli carta bianca. Potrei fare tanti altri nomi, ma meglio aspettare che la documentazione sia più solida.
Che ruolo hanno avuto gli inglesi nel rapimento Moro?
Programmarono un vero e proprio golpe militare nei primi sei mesi del 1976. Ma poi, di fronte alle obiezioni di Germania e Usa (la Francia invece ne era entusiasta), optarono per l’appoggio a una «diversa azione sovversiva». Cioè, gli «altri metodi» di cui parlavo prima. Questo significa che le Brigate Rosse erano eterodirette dai servizi inglesi? Non necessariamente. Gli inglesi controllavano gran parte degli apparati italiani ed era sufficiente consentire alle Br di fare quello che avevano in mente. E questo è accaduto: i brigatisti agirono indisturbati in tutte le fasi del sequestro e dell’assassinio di Moro.
I servizi inglesi avevano una lista di “clienti” italiani. C’è qualche nome eccellente?
Verso la metà degli anni Settanta, i loro “clienti” italiani superavano il migliaio. E i nomi eccellenti erano molti. Ma non ne faccio qui: sono pubblicati tutti nel libro Colonia Italia (uscito da Chiarelettere nel 2015), con l’avvertenza che la fonte è unica: l’archivio di Stato britannico di Kew Gardens. Quindi a ognuno di loro va riconosciuto il beneficio della buona fede. È possibile cioè che fossero considerati “clienti” a loro insaputa.
Secondo te, l’attenzione inglese nei nostri confronti è cessata?
No, semmai è aumentata dopo la Brexit. Ma va detto che gli inglesi non sono gli unici ad avere appetiti sul nostro Paese. L’Italia resta ancora oggi un crocevia importante, dove molti giocatori giocano le partite più diverse.
5 risposte
Quelle che furono un tempo Colonie Romane oggi ci tengono in ostaggio.
L’ottimo Craxi poteva fare a meno di mostrare i muscoli agli americani, gli e’ costato il posto e anche la vita. Abbiamo perso la guerra e nessun Presidente del Consiglio puo’ andare oltre i limiti prefissati dagli Alleati, incluso la nostra Giorgia. Vorrei aggiungere che sia i giapponesi che i tedeschi ne hanno combinate molto peggio di noi italiani eppure vanno in giro per il mondo a testa alta. Basta sentirci colpevoli di qualcosa, ormai il passato e’ passato, abbiamo pagato il nostro debito e ci siamo riscattati.
Un grande. Mi piacerebbe poterlo conoscere di petsona
Lo supponevo.Questo spiega anche perché i vari Presidenti del Consiglio non potevano portare a compimento le loro promesse elettorali.
I trattati possono essere riscritti o abrogati.Sonotrascorsi 70 anni.Dovremmo affrancarci da questo servaggio umiliante e anche dall’ UE.
Basta vedere il recente voltafaccia che ha fatto la Meloni per capire che sono TUTTI a libro paga o ricattati dagli stranieri. La magistratura fa finta di non sapere e di non vedere, altrimenti gli leverebbero tutti i privilegi. SIAMO SOLO UNA COLONIA controllata dalle Nazioni che vinsero la guerra. L’unico politico che si è sempre opposto è stato Craxi e abbiamo visto la fine che gli hanno fatto fare.