Per Quintiliano, intellettuale romano del I secolo, c’erano due buoni motivi per studiare la geometria: fa comodo nella vita quotidiana e allena la mente. Quindici secoli dopo, Galileo aggiungeva che il “gran libro” dell’universo è scritto “in lingua matematica ed i suoi caratteri sono triangoli, cerchi e figure geometriche, senza i qual mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”.
Questi due esempi sono presenti in uno scritto del premio Nobel per l’economia Amartya Sen nel quale si affronta il tema del rapporto ultra-secolare tra economia e matematica. A tal proposito, l’intellettuale indiano aggiungeva una terza citazione, questa volta sua, secondo la quale “la matematica è una disciplina dalle molte forme e fra queste possiamo scegliere qual è la migliore, a seconda del problema da trattare”.
A sostegno della sua tesi, l’economista citava il teorema formulato da Kenneth Arrow nel 1950, che dimostra l’impossibilità di combinare insiemi di preferenze individuali per ottenere le decisioni sociali corrispondenti (soddisfacendo nello stesso tempo ragionevoli condizioni di aggregazione). Secondo Sen, il teorema “non deriva in alcun modo dalla meccanica o dal calcolo differenziale, eppure è senza dubbio un risultato matematico: usa altri formalismi, in particolare la logica matematica o l’algebra relazionale. Non sarebbe stato possibile arrivare a quello stupendo risultato senza il ragionamento formale”.
In questa prima metà dell’anno abbiamo vissuto con la paura di un nuovo crack economico. I fallimenti di Silycon Valley Bank negli Usa e di Credit Suisse in Svizzera ci hanno riportato con la memoria alla crisi finanziaria che nel 2007 e 2008 scosse gran parte del mondo occidentale. Crisi di cui il nostro Paese paga ancora le conseguenze.
“Come è stato possibile di nuovo?”, era la domanda più ricorrente e che portava con sé una seconda questione: “Come abbiamo potuto non prevederla?”. Un quesito che chiamava in causa la matematica e al quale abbiamo cercato di rispondere in questo numero.
Piccolo spoiler: a Isaac Newton venne chiesto come prevedere con un modello matematico l’andamento di un titolo
(nel quale lo stesso scienziato aveva investito 20.000 sterline, l’equivalente di 3 milioni e mezzo di sterline odierne) e l’eventuale conclusione della crisi: “Posso calcolare il moto degli astri, non la follia degli uomini” fu la sua risposta.
Buona lettura!
Vincenzo Mulè
Direttore responsabile