Pensieri divergenti – Numeri dimenticati

C’è un luogo descritto così, con un’antitesi drammaticamente efficace: “Anche se non andrete dentro, c’entrate. C’entriamo tutti”. Di massima sicurezza o casa circondariale, “anche se i più non ci finiranno dentro”, il carcere ci riguarda! Il perché è nel titolo del premio letterario per detenuti indetto dall’associazione di volontariato Icaro: Immaginare giardini in un mondo in frantumi.
Hermann Hesse scriveva: “Non è facile avere un bel giardino: è difficile come governare un regno. Ci si deve risolvere ad amare anche le imperfezioni, altrimenti ci si illude”. È lontana però un’autentica applicazione dell’articolo 27 della Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Secondo l’associazione Antigone, in carcere ci si uccide 21 volte più che nel mondo libero. Nel 2022, ben 84 persone, 79 uomini e 5 donne, si sono suicidate nelle carceri italiane, il numero più alto da quando vengono registrate. Tra queste, 33 erano fragili, cioè senza fissa dimora o con disagi psichici, 49 si sono uccise nei primi 6 mesi di detenzione, 21 nei primi 3 mesi, 15 nei primi 10 giorni, 9 nelle prime 24 ore dall’ingresso, 5 sarebbero uscite dal carcere entro l’anno, 39 avevano pena residua inferiore a 3 anni, 38 erano con condanna definitiva, 33 in attesa di giudizio, 50 erano italiane, 34 straniere. E non parlo degli episodi di autolesionismo, né dell’ingiustizia e disumanità dei Centri di identificazione ed espulsione.
In carcere va data “speranza perché, se c’è solo buio, ci sono le rivolte, i suicidi e la depressione”, sostiene il garante dei detenuti. Ma sovraffollamento oltre il 150%, strutture inadeguate, carenza di personale di polizia penitenziaria, di educatori, di psicologi non permettono di rieducare e offrire opportunità di crescita e cambiamento. Malgrado gli impegni del Ministro, anche l’ultimo bilancio ha ridotto le risorse.
Più scuola sarebbe il primo gradino contro l’abbruttimento che conduce alla reiterazione del crimine, spesso la principale causa di reclusione. Ci vorrebbero più misure alternative alla carcerazione per piccoli reati, nel fine-pena, in caso di tossicodipendenza e di disturbi mentali o di comportamento. Servirebbero più esecuzioni domiciliari, ma anche qui c’è disparità: non tutti hanno un domicilio. La situazione si è molto aggravata a causa del Covid, per chiusure, quarantene, isolamento e sospensione delle attività.
L’ultimo suicidio nella mia città è stato quello di un detenuto di 22 anni, dominicano, in attesa di giudizio per tentato omicidio in una rissa, appena trasferito. Si è impiccato lo scorso novembre in cella di isolamento per un “evento critico”, rivolgendo contro se stesso per disperazione la propria violenza. Dedico questo pensiero divergente a lui, del quale non abbiamo conosciuto nemmeno il nome per poterlo ricordare rispettosamente. Perché quelli riportati sopra, in questo Paese sono ancora soltanto numeri su cui pochi riflettono.

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