I robot, i droni e Angelina Jolie

Contrariamente a quanto si crede, sembra proprio che Albert Einstein non abbia mai pronunciato la frase: «Se le api dovessero scomparire dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero più di quattro anni di vita». È pur vero che le api impollinatrici sono fondamentali per numerosi processi naturali. È altrettanto vero, poi, che la sopravvivenza di questi piccoli insetti è sempre più messa a rischio dalle attività antropiche e questo spiega perché, negli ultimi anni, si sono moltiplicati studi e iniziative di sensibilizzazione a favore delle api. In occasione della giornata mondiale Unesco delle api, l’attrice Angelina Jolie si è prestata alla causa facendosi fotografare per il National Geographic ricoperta da centinaia di questi insetti.

Nelle stesse ore, sulla rivista iScience è apparso uno studio della Queen Mary University di Londra e della Rothamsted Research in cui gli scienziati spiegano come hanno fatto a tracciare il volo delle api mellifere maschi (chiamate droni) per svelare i segreti del loro accoppiamento. Lo scopo principale dei droni è accoppiarsi con le regine, un’attività che avviene in volo e per la quale, secondo molti apicoltori, i droni si raccoglierebbero in grandi sciami (anche di 10.000 esemplari) in luoghi detti “aree di congregazione”. Il nuovo studio è il primo tentativo di tracciare le traiettorie di volo dei singoli droni e di osservarli senza l’uso di esche.

Il metodo adottato si basa sulla cosiddetta Harmonic Radar Technology, un sistema usato principalmente proprio per tracciare il movimento degli insetti. I ricercatori piazzano sul dorso di ciascun drone un piccolo transponder che riceve il segnale di un radar e lo rimanda indietro, però a frequenza doppia. Ciò lo rende facilmente identificabile dall’antenna ricevente, senza possibilità di essere confuso con i segnali riflessi da altri oggetti dell’ambiente circostante, come alberi o edifici. In questo modo, i ricercatori inglesi hanno tracciato la posizione delle api rispetto al radar ogni 3 secondi e con una precisione di circa 2 metri. Poi, incrociando questi dati con punti di riferimento noti all’interno del sito di sperimentazione, hanno determinato la corretta posizione Gps di ciascun drone.

Ne è risultato che, durante uno stesso volo, i droni alternano fasi di volo rettilineo a fasi di volo circolare, queste ultime associate a quattro distinte posizioni aeree in cui i droni si riuniscono. Per giunta, queste specifiche aree sono risultate stabili lungo un arco temporale di due anni. Ciò ha portato a supporre che i droni si comportino come nei lek, un termine di origine svedese che indica le aree di aggregazione di soggetti maschi che si esibiscono in attività competitive e in rituali di corteggiamento finalizzati all’accoppiamento con le femmine. I lek però sono tipici dei vertebrati (come cervi e galli cedroni) e di solito, in questo caso, i maschi restano fedeli a una sola area. Nel caso delle api, invece, come ha sottolineato il ricercatore Joe Woodgate: «Abbiamo visto che i droni hanno visitato spesso più di un’area di congregazione in un unico volo e questa è la prima volta che si ottiene la prova, per maschi di qualsiasi specie, di spostamenti abituali tra congregazioni simili a lek». Questi risultati, già di per sé interessanti per comprendere il comportamento delle api, tornano però inaspettatamente utili anche in campi molto diversi dall’etologia.
È a questo punto (dopo Angelina Jolie, il radar e le api) che entrano in scena i robot. Lo stesso Joe Woodgate, non a caso, partecipa anche al programma Brains on Board dell’Engineering and Physical Sciences Research Council britannico, il cui obiettivo è progettare un robot volante autonomo con le capacità di navigazione e apprendimento di un’ape. Un po’ più tecnicamente, Brains on Board mira a fondere le neuroscienze computazionali e sperimentali per sviluppare una nuova classe di controller per robot. Una classe caratterizzata da un’alta efficienza e in grado di attuare comportamenti adattivi mediante hardware potente ma leggero (tipicamente General-Purpose Graphics Processing Unit), capace di elaborare grosse quantità di dati.

A verificare questa possibilità sarà proprio la realizzazione del controllo autonomo e adattivo di un robot volante, ottenuta con una simulazione dei circuiti neurali delle api e realizzata direttamente a bordo. Un dispositivo del genere, autonomo ed efficiente dal punto di vista energetico e computazionale, rappresenterebbe un risultato senza precedenti. Come ha dichiarato Woodgate: “Crediamo che la robotica ispirata alle api giocherà un ruolo nel migliorare la robotica e l’intelligenza artificiale in futuro”. Questo spiega perché studiare il cervello delle api e i suoi schemi di funzionamento è così importante per riprodurne i comportamenti in modelli neurali minimi in ambienti virtuali.

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