Un esperto di teoria dei giochi, Alvin Roth, ha vinto il premio Nobel dell’economia nel 2012 per i suoi contributi ai problemi di matching (accoppiamenti o corrispondenze fra determinati elementi). Il suo apporto più rilevante, teorico e pratico, è stato quello dato a un problema molto concreto che riguarda i trapianti di rene. Può sembrare strano che negli Stati Uniti un economista matematico sia stato a capo di un programma per rendere più efficienti i trapianti. Invece, come vedremo, è del tutto logico.
Le malattie renali sono la dodicesima causa primaria di morte in Italia, in aumento rispetto agli anni precedenti: nei primi anni del Duemila era la diciassettesima. Come si cura una malattia renale avanzata? Esistono due possibilità: la dialisi e il trapianto. La dialisi rimpiazza all’incirca il 10% della funzionalità renale, è faticosissima (mediamente 4 ore per tre volte alla settimana) e anche molto costosa. Un’alternativa efficace è il trapianto. Nel 2019 quasi 6 500 persone erano in lista d’attesa per un trapianto di rene. Dal 2000, ogni anno si effettuano più di 1 500 trapianti di reni.
Nel mondo, il primo trapianto renale sperimentale venne eseguito nel 1902 su un cane. Nel 1950 fu realizzato un trapianto di rene su una donna uremica, collegando l’organo donato ai vasi del braccio. Quattro anni dopo, Joseph Murray realizzò il primo trapianto renale (tra gemelli monozigoti, il donatore è morto a 79 anni, 56 dopo la donazione!) e per la prima volta l’organo fu alloggiato nella fossa iliaca. Per questo intervento, Murray ottenne nel 1990 il premio Nobel per la medicina. Il primo trapianto in Italia venne effettuato da Aldo De Maria nel 1966. La pratica più comune è quella di utilizzare organi da donatori deceduti. Tuttavia questi non bastano e, anche se il numero dei donatori aumentasse, il fabbisogno in ogni caso aumenterebbe più rapidamente. C’è, però, un aspetto particolare che riguarda i reni: ne abbiamo due, ma in genere ne basta uno solo! Tutte le statistiche indicano che la speranza di vita di chi ha un unico rene ben funzionante non è inferiore a chi ne ha due. Questo fatto ha portato all’idea che un rene possa essere donato da un essere vivente. Dunque è possibile che chi ha bisogno di un rene abbia uno o più potenziali donatori, in genere consanguinei. Tuttavia esistono problemi di compatibilità. Il primo è dato dal gruppo sanguigno. Esistono i tipi 0, A, B, e AB. Le lettere indicano gli antigeni e il primo fattore di incompatibilità è dato dal fatto che il ricevente non può accettare sangue che presenti un antigene non presente nel suo. Ad esempio un paziente 0 può ricevere il rene solo da un donatore con sangue analogo, mentre un AB lo può ricevere da chiunque. Negli ultimi anni sono stati effettuati trapianti anche in presenza di incompatibilità sanguigne, ma questo tipo di trapianto richiede accorgimenti aggiuntivi non semplici per evitare il rigetto da parte del paziente.
Il secondo problema di compatibilità è dato dalla tipizzazione HLA: abbiamo 6 antigeni (tre presi dalla madre, tre dal padre), ognuno dei quali può essere di vari tipi. Se per caso i sei che ha il paziente coincidono con i sei del donatore, siamo a cavallo, ma questo non succede praticamente mai. Un terzo delle persone che hanno almeno un donatore a disposizione purtroppo non può sfruttarlo, proprio per motivi di incompatibilità: il rene del donatore sarebbe rigettato.
Ecco allora che nasce la domanda: perché non scambiarsi i donatori? Proprio basandosi su questa idea si sono sviluppati modelli, per molti dei quali Roth ha dato contributi fondamentali. Il primo esempio è quello dello scambio diretto, che si vede in figura, dove il donatore associato al singolo paziente è con lui incompatibile ma i trapianti sono resi possibili da uno scambio di donatori.
Questo scambio è alla base del metodo detto pairwise dove tutti gli organi compatibili sono ritenuti ugualmente validi. Dato un grande insieme di pazienti-donatori, il problema di trovare un sistema efficiente di trapianti ricade nella parte della matematica che si chiama teoria dei grafi. Un aspetto interessante è che, dato un gruppo di pazienti-donatori, di solito i matching efficienti (cioè gli accoppiamenti che massimizzano il numero di trapianti) sono molti e quindi esiste la necessità di stabilire una priorità tra i pazienti. Dopo averla fissata, esistono algoritmi che determinano quali scambi fare. Il metodo pairwise non è più usato perché basato su un’ipotesi che i medici non ritengono in generale accettabile. L’ipotesi che tutti i donatori compatibili siano ugualmente validi per il paziente è eccessivamente semplificativa. Fattori come differenza di peso e di età tra donatore e paziente hanno un impatto non trascurabile sulla qualità del trapianto e sulla vita del rene trapiantato e, di conseguenza, del paziente. Per questo sono stati proposti modelli differenti che prevedono che ogni paziente abbia una sua classifica di donatori, tra i quali ci può essere anche il suo che magari non è del tutto incompatibile ma presenta comunque delle criticità. Contemporaneamente, si possono anche creare dei cicli, come quello in figura dove il paziente B riceve il rene dal donatore di A, C da quello di B e infine A da quello di C.
Esiste anche un’altra possibilità, quella di formare delle catene in cui un paziente con donatore incompatibile riceve un rene e il suo donatore lo offre a un paziente della lista d’attesa.
Il paziente A riceve il rene da un cadavere, il rene del suo donatore va al paziente B, mentre il paziente C, in lista d’attesa (senza donatore), riceve il rene dal donatore di B.
Le combinazioni di cicli e catene sono affrontate per mezzo di un altro algoritmo famoso, chiamato TTCC (Top Trading Cycles and Chains). Tuttavia, non tutti gli Stati – ad esempio l’Italia – sono disposti ad accettare una procedura che prevede cicli e catene nelle quali un paziente offre un donatore senza averne uno in cambio immediatamente. Dove questa procedura è ammessa, il paziente in questione ottiene di passare al primo posto nella lista d’attesa.
Questi metodi hanno una difficoltà intrinseca molto importante. In tutto il mondo vale la regola che il donatore di rene può cambiare idea fino all’ultimo istante e ciò significa che i trapianti vanno fatti praticamente in contemporanea. Se infatti il paziente A ha già ricevuto il rene del donatore B, più passa il tempo e più il suo potenziale donatore ha la tentazione di ritirarsi. Se la cosa è complicata già nel caso di scambi diretti, figuriamoci quanto è complesso gestire un ciclo! Se questo coinvolge n pazienti, ci vogliono 2n sale operatorie, ognuna con squadre altamente specializzate di professionisti che lavorano a contatto di gomito e quasi in contemporanea, una situazione enormemente complessa da gestire. Il ritiro di un donatore è poi un disastro, perché c’è qualcuno che ha offerto il donatore senza ricevere nulla.
Si possono allora fare catene, che forzatamente coinvolgono un numero limitato di persone, a partire da un rene prelevato da cadavere. Questo è successo ad esempio in Italia: l’ultima catena è cominciata nel novembre 2019 e ha coinvolto tre coppie, provenienti da Veneto, Sicilia e Puglia. Se vi capita di vedere in autostrada una Lamborghini della Polizia che viaggia a velocità molto sostenuta, potrebbe essere che trasporti un rene destinato a un paziente di una regione lontana! Tuttavia, queste combinazioni sono eccezionali e possono coinvolgere solo un numero limitato di persone, perché il rene da cadavere va trapiantato velocemente e quindi non ci sono i tempi tecnici per studiare situazioni con molti pazienti. Recentemente, un altro sistema sta permettendo catene molto più lunghe, che danno enormi benefici a molte più persone. Si comincia la catena con un buon samaritano, una persona che dona spontaneamente un rene alla comunità senza avere un paziente collegato. Questo permette di fare trapianti differiti nel tempo in quanto, se qualcuno arresta la catena perché ritira il proprio donatore, rovina un programma di scambi ma non danneggia (almeno direttamente) nessuno. Le donazioni samaritane stanno assumendo sempre più importanza. A metà 2019 erano 8 quelle avvenute in Italia e hanno permesso 26 trapianti di rene. La prima donazione è avvenuta nel 2015; la donatrice era una donna di Pavia. Forse la più spettacolare è quella descritta dal New York Times, che ha visto coinvolte 60 persone, permettendo a 30 di migliorare enormemente la qualità della loro vita. È difficile persino immaginare la complessità di un’organizzazione del genere e del numero delle persone coinvolte, chi come paziente, chi come donatore, chi con altri ruoli (dai più cruciali ai più umili, eppure indispensabili). Nell’esperienza statunitense sono stati coinvolti 17 ospedali, 11 Stati diversi con momenti in cui si temeva che il processo si arrestasse precocemente. Ma questi momenti sono stati superati ed è stata scritta una storia splendida.
Non dovrebbe stupire quindi che, per organizzare un programma di questo tipo, negli Stati Uniti ci si sia rivolti a un esperto di teoria dei giochi. Sono proprio i matematici quelli più abituati a modellizzare in maniera efficiente situazioni complesse che coinvolgono più agenti che interagiscono tra loro.