Sino a pochi giorni fa non avevamo una prova diretta, ma ora che Sagittarius A* è stato fotografato, ne siamo sicuri: anche la nostra galassia, la Via Lattea, ha un proprio buco nero al suo centro che dista 27.000 anni luce dalla Terra.
Sagittarius A* ha una massa 4 milioni di volte quella del Sole concentrata in una regione che è 20 volte il raggio della nostra stella.
Per dare un metro di paragone: il diametro di Sagittarius A* equivale all’orbita di Mercurio, mentre la massa (cioè la materia) contenuta in questa parte di spazio relativamente piccola, è pari a 4.000.000 quella contenuta nel nostro Sole. Sebbene questi numeri possano sembrare enormi, pensate che il primo buco nero fotografato nel 2019, M87*, ha una massa pari a 6,5 miliardi di volte quella del Sole.
Il buco nero dista 27.000 anni luce da noi, questo significa che ciò che abbiamo fotografato oggi, in realtà è ciò che Sagittarius A* era 27.000 anni fa.
Oscurato dalla polvere di gas cosmici, non è mai stato possibile osservare direttamente Sagittarius A*, ma grazie all’Event Horizon Telescope (EHT), lo stesso gruppo di ricerca che ha fotografato M87*, oggi abbiamo per la prima volta una sua immagine.
L’EHT è una rete di otto osservatori a onde radio dislocati in varie parti del pianeta così da creare un enorme telescopio virtuale della grandezza del diametro terrestre. Circa 300 ricercatori e 80 istituti hanno collaborato per 5 anni al fine di ottenere questo sensazionale risultato.
Sagittarius A* è stato fotografato per diverse notti nel 2017, ma ci sono voluti ben cinque anni affinché il Dipartimento di Radio astronomia del Max Planck Institute in Germania potesse elaborare l’immensa mole di dati raccolti.
La difficoltà nel fotografare un buco nero relativamente vicino sta nel fatto che anche se M87* è lontano 55 milioni di anni luce da noi, la materia orbita per giorni o per settimane prima di essere inghiottita da questo buco nero; Sagittarius A*, invece, ingloba la materia nel giro di pochi minuti. Questo significa che l’immagine del buco nero della nostra galassia cambia continuamente, a differenza di quella del suo simile che invece ha un’immagine più stabile, quindi più facile da fotografare (pensate di fotografare un animale lontano, ma fermo in una giornata limpida e uno invece più vicino, ma in movimento e in una giornata nebbiosa).
Il risultato ottenuto è di grande importanza per la ricerca astronomica e scientifica: ora che abbiamo due immagini di due buchi neri così diversi in grandezza e distanti tra loro, sarà possibile condurre nuove ricerche mettendo in paragone i due corpi per testare, verificare, confermare, cambiare o rettificare le teorie riguardanti i buchi neri.