Quando Cédric Villani, vincitore della medaglia Fields nel 2010, è stato eletto nel 2017 al Parlamento francese, molti hanno salutato con entusiasmo l’ingresso di un matematico nella politica che conta. In realtà, nella storia francese non era la prima volta che accadeva: un altro matematico, Paul Painlevé, era stato addirittura primo ministro (a due riprese: nel 1917 e nel 1925), Émile Borel era stato deputato e ministro e si potrebbero raccontare storie simili per altri matematici. Anche fra i parlamentari italiani si ritrovano matematici di notevole livello: da Francesco Brioschi, Luigi Cremona, Ulisse Dini e Vito Volterra fino a Elena Bonetti, attuale ministro per le pari opportunità e la famiglia. Quanto a matematici saliti ai massimi onori, però, bisogna ammettere che i cugini transalpini detengono un primato difficilmente uguagliabile.
«Se c’è un Dio, è un grande matematico», affermava il fisico inglese Paul Dirac. Non avendo certezze sulla sua esistenza, possiamo però affermare che un matematico, Gerberto di Aurillac, raggiunse il massimo grado di vicinanza a Dio consentito a un uomo, almeno secondo il cattolicesimo: quello di vicario di Cristo. Insomma, il papa. Eletto al soglio pontificio nel 999 con il nome di Silvestro II, fu il primo papa francese e fu lui a traghettare la cristianità (all’epoca ancora unita) oltre la temuta soglia dell’anno 1000. In pochi anni, fino alla morte nel 1003, riuscì a rinnovare la Chiesa in senso morale e politico, in sintonia con l’imperatore Ottone III (di cui era stato precettore).
Gerberto era nato fra il 945 e il 950 in Alvernia, nella profonda provincia francese, ed è considerato il più grande intellettuale e studioso del suo tempo, in particolare per quanto riguarda la matematica. La sua incredibile cultura aveva colpito i contemporanei al punto che, dopo la sua morte, iniziarono a circolare voci su una sua possibile attività di mago o addirittura su una sua combutta con il diavolo.
Nel 967 si era trasferito in Catalogna, studiando a Vich e a Barcellona. Da lì ebbe modo di viaggiare nelle zone della penisola iberica sotto il dominio arabo, culturalmente più sviluppate, e forse anche in Marocco. Entrò così in contatto con alcune delle conoscenze matematiche più avanzate dell’epoca. Fra queste, la più nota è la scrittura posizionale dei numeri – l’ultima cifra a destra rappresenta le unità, la penultima le decine e così via – con l’uso di quelle che ancora oggi portano il nome di “cifre arabe” (più correttamente, si dovrebbe dire “cifre indo-arabiche”, visto che gli arabi le avevano a loro volta importate dall’India). La loro introduzione nell’Europa cristiana è dovuta in buona parte all’opera del pisano Leonardo Fibonacci, che nel Duecento ne venne a conoscenza durante i suoi soggiorni in Nordafrica e per questo è considerato da alcuni il primo matematico occidentale ad averle usate. Gerberto lo aveva preceduto di due secoli: non è chiaro se avesse anche lui provveduto a divulgarle, ma probabilmente le aveva comunicate solo a una ristretta cerchia di persone e quindi in modo non sufficiente a farle entrare nell’uso comune.
Il contributo scientifico principale di Gerberto (anch’esso di provenienza araba) è l’abaco, usato nell’antichità romana ma dimenticato nell’Alto Medioevo: il futuro papa lo reintrodusse in Europa costruendo un modello di sua invenzione, più efficiente rispetto a quelli romani, che porta ancora il suo nome. Si dedicava poi a studi di geometria e alle applicazioni meccaniche della matematica, in particolare per usi musicali (costruì l’organo più sofisticato del suo tempo) e astronomici (perfezionò l’astrolabio). Le sue opere matematiche testimoniano una produzione poliedrica: Libellus de numerorum divisione, De geometria, De sphaerae constructione, Libellus de rationali et ratione uti, Regula de abaco computi, Liber abaci (lo stesso titolo della più famosa opera di Fibonacci), De commensuralitate fistularum et monocordi cur non conveniant. In pieno Medioevo, nell’anno 1000, il più grande matematico e astronomo d’Occidente era il papa!