Quanto dista l’Europa dall’America? Diverse ore d’aereo o, in nave, diversi giorni.
Ci sono dei luoghi, però, dove è possibile muoversi tra una placca e l’altra in una manciata di secondi: l’Islanda è, tra queste, sicuramente la più famosa. Politicamente l’intera nazione appartiene all’Europa, ma geologicamente l’isola è lo spettacolare palcoscenico in cui le due placche continentali si incontrano permettendoci di passare da una all’altra in pochi istanti.
La dorsale medio atlantica si allunga per circa 15.000 chilometri nel fondo dell’oceano e, mano a mano che il mantello della crosta terrestre si eleva, al di sotto di esso viene a crearsi una depressione che riscalda la roccia. Questo aumento di temperatura porta allo scioglimento della crosta che trova sfogo nelle parti meno spesse dando così origine ai fenomeni vulcanici. Lungo la dorsale, il magma fuoriesce dalle viscere della terra e, a contatto con l’acqua, solidifica. Ogni anno il fondo marino si innalza di 2,5 cm, ma vi sono dei punti in cui il movimento è più attivo di altri ed è qui che il suolo si è innalzato a tal punto da affiorare sul livello del mare sino a formare isole più o meno grandi. L’Islanda è la maggiore tra queste e il suo territorio viene letteralmente spaccato dalla dorsale che si incunea per tutta la sua lunghezza. Una diramazione si stacca verso sud dalla faglia principale all’altezza dei vulcani Grimsvötn e Laki-Fogrufjöll per creare una terza “isola” tettonica che comprende i vulcani Katla e Hekla.
Lungo il Ponte tra i continenti, nella penisola di Reykjanes è possibile osservare chiaramente questi movimenti titanici della crosta terrestre, mentre nella piana di Þingvellir, sede storica del primo parlamento islandese, la placca continentale americana si divide da una placca minore a sé stante, la Microplacca di Hreppar.
Terra tra le più giovani del pianeta (è iniziata ad affiorare circa 20 milioni di anni fa), l’Islanda è in continua evoluzione, come testimoniano i numerosi vulcani attivi e le sorgenti termali di cui i geyser sono l’espressione più scenografica.
Le fratture tra le due placche, si allargano ogni anno di circa 2,5 centimetri e il movimento, seppur impercettibile ai nostri occhi, causa una vivace attività sismica che si trasmette in fenomeni che ci toccano più direttamente: terremoti, eruzioni magmatiche o geotermiche.
Ma come mai, se lungo tutta la dorsale Medio-Atlantica ci sono numerosi eventi magmatici che si sviluppano sotto la superficie dell’oceano, proprio in questo punto si è invece assistito ad un’attività così intensa tanto da formare un’isola di 100.000 chilometri quadrati? La domanda non ha ancora trovato risposte definitive, ma tra le ipotesi proposte, quella più valida sembra collegarsi a due eventi concomitanti: gli hotspot e la presenza di acqua sotto il mantello.
I primi sono punti circoscritti, particolarmente caldi, originati da pennacchi, cunicoli che risalgono in superficie dal mantello trasportando anche materiali di composizione chimica ricca di metalli alcalini.
La presenza di acqua, invece, da una parte è la causa della formazione di getti ad alta pressione che fuoriescono sotto forma di geyser da fenditure del terreno che si collegano a falde riscaldate da rocce a contatto con il magma, dall’altra, quando entra in contatto direttamente con il magma, si trasforma in vapore dissociandosi in idrogeno e ossigeno. Questa miscela, innescata dai getti incandescenti, esplode con violenza spargendo cenere vulcanica in tutta la regione e cambiando radicalmente la conformazione del terreno.