Giorgio Parisi, il disordine, gli studi e il Nobel

“Sono molto felice, non me lo aspettavo” è stata la prima reazione di Giorgio Parisi all’annuncio dell’assegnazione del premio Nobel per la fisica.

L’Accademia reale svedese delle scienze ha assegnato per metà in maniera congiunta il premio al meteorologo e fisico giapponese Syukuro Manabe e all’oceanografo e modellista climatico tedesco Klauss Hasselmann e l’altra metà al fisico e accademico italiano Giorgio Parisi. I vincitori sono stati premiati per i rivoluzionari contributi alla nostra comprensione dei sistemi fisici complessi, ovvero sistemi dinamici composti da diverse “componenti” che interagiscono tra loro. Manabe e Hasselmann sono riusciti a modellizzare il clima terrestre, quantificando la variabilità e prevedendo in maniera attendibile il riscaldamento globale. Hanno trovato un modo statistico sistematico per confrontare osservazioni, misurazioni e modelli sul clima terrestre.

Invece, come Galileo scrutò lo spazio con il telescopio, Parisi ha osservato lo spazio interno dei materiali complessi con la matematica. Nato a Roma nel 1948, dopo essersi laureato in fisica all’Università La Sapienza di Roma nel 1970 con una tesi sul bosone di Higgs, ha incominciato ad insegnare e tuttora è docente di Fisica teorica nella sua università. Presidente della classe di Scienze fisiche, matematiche e naturali dell’Accademia dei Lincei e ricercatore associato dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), ha vinto il premio Nobel per la scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici, dalla scala atomica a quella planetaria. Ad esempio, quando prendiamo un liquido e lo raffreddiamo, questo diventa solido e la sua struttura interna è ben ordinata, ma se invece un liquido lo congeliamo molto velocemente non avremo più un solido normale, ma un solido amorfo in cui non c’è più ordine nelle posizioni degli atomi che lo costituiscono e avrà delle caratteristiche intermedie tra quelle di un liquido e quelle di un solido. Il vetro comune è il più tipico materiale amorfo che possiamo osservare. Se, allo stesso modo, prendiamo un solido magnetico cristallino, gli atomi con gli elettroni spaiati sono localizzati attorno alle posizioni fisse di un reticolo regolare. In un solido magnetico amorfo, invece, gli atomi occupano posizioni disordinate, come le molecole in un liquido. La differenza è che, nel solido, gli atomi magnetici sono “congelati” (cioè non possono allontanarsi dalla posizione assunta al momento della formazione del solido amorfo).

I vetri di spin, quelli su cui il fisico romano si è concentrato principalmente nel suo studio, sono materiali magnetici in cui le interazioni fra coppie di spin, a causa di un disordine congelato, sono in conflitto le une con le altre: a volte sono ferromagnetiche (gli elettroni spaiati appartenenti ai due atomi vicini allineano parallelamente i loro spin con stesso orientamento), a volte antiferromagnetiche (ogni coppia adiacente debba avere l’orientamento opposto). Sono sistemi magnetici disordinati che sembrano avere una transizione di fase verso uno stato in cui ogni atomo magnetico è stabilmente allineato, ma con la condizione essenziale che la direzione di allineamento varia in modo casuale. Immaginiamo un triangolo con dei magneti posti ai tre angoli. I magneti possono avere il polo nord in alto o in basso. Ad esempio, si potrebbero immaginare tutti e tre in alto o in basso. Ora imponiamo un vincolo antiferromagnetico; quando due magneti soddisfano il vincolo, altri due no e nessun orientamento di ribaltamento soddisferà il vincolo: il sistema è detto “frustrato”.

Il risultato di questa combinazione fra disordine congelato e frustrazione delle interazioni magnetiche è che, al di sotto di una certa temperatura di transizione, la risposta del sistema al campo magnetico esterno diventa molto lenta e lo stato del sistema dipende dalla storia precedente. Poiché questo comportamento ricorda quello del vetro, tali sistemi sono stati chiamati “vetri di spin”.

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