Comprendere più a fondo la realtà, arrivare dove nessuna mente umana è arrivata mai, raggiungere livelli di astrazione ritenuti inconcepibili, ha un prezzo altissimo: l’impossibilità di tornare a vivere nel mondo degli uomini
Una vertigine di personaggi, storie, aneddoti, che precipitano il lettore in un vortice travolgente: impossibile interrompere la lettura, difficile seguirne razionalmente il percorso. L’autore, Benjamín Labatut – olandese di nascita ma cileno d’adozione – modella con agili dita un’opera di invenzione basata su fatti reali, mescolando sapientemente verità e finzione. Eppure un filo che tiene insieme le vite dei personaggi narrati c’è, sono tutte legate in qualche modo, perché dal Blu di Prussia che apre il volume (anticipato dalla bellissima immagine in copertina che raffigura un’opera di Yves Klein del 1960, naturalmente blu come il colore che lui stesso aveva inventato, l’International Klein Blue, nel 1956) arriviamo al cianuro, e dal cianuro si va alle capsule con cui si uccisero decine di gerarchi nazisti, da qui allo Zyklon B, il gas sterminatore di Treblinka, Sobibor e Auschwitz ma che era stato anche, prima, un formidabile diserbante che aveva salvato la vita a centinaia di migliaia di esseri umani; altre trame portano poi verso le vite di Albert Einstein, Erwin Schrödinger, Werner Heisenberg e dei fisici che posero le basi della quantistica nel corso del Novecento. L’autore però sembra volerci svelare altro, ovvero che chi guarda nell’abisso, chi forza i limiti umani, chi squarcia il velo della verità non può più tornare indietro, paga la propria intuizione, il proprio genio (perché di questo si parla, non di semplici idee per quanto brillanti) con la vita.
Non può allora mancare Alexander Grothendieck, il più geniale matematico del Novecento, per descrivere i cui eccessi e le cui manie non basterebbero migliaia di pagine, il quale, “benché avesse risolto tre delle quattro congetture di Weil, i principali enigmi matematici dell’epoca, non era attratto dai problemi difficili né interessato ai risultati finali. Il suo più grande desiderio era raggiungere una piena comprensione dei fondamenti, e a tal fine erigeva complesse architetture teoriche intorno ai quesiti più semplici, che circondava con eserciti di concetti nuovi. Era ossessionato dallo spazio, e uno dei suoi più grandi colpi di genio fu espandere la nozione di punto. Grazie a Grothendieck, il punto cessò di essere una posizione senza dimensioni e si animò di una complessa struttura interna. Dove altri vedevano qualcosa senza profondità, volume, larghezza e lunghezza, Alexander vide un intero universo. Un’ipotesi tanto audace non veniva avanzata dai tempi di Euclide”. Ma ampio spazio è dedicato anche al meno noto matematico giapponese Shinichi Mochizuki che all’alba del 31 agosto 2012 pubblicò quattro articoli sul suo blog, oltre cinquecento pagine, che a suo dire (nessuno ad ora è riuscito a capirli fino in fondo) contenevano la dimostrazione di una delle congetture più importanti della teoria dei numeri, conosciuta come a + b = c. Rifiutò di fornire chiarimenti, di concedere ad altri di guardare nel suo mondo e alla fine decise di cancellare tutto. E poi diversi altri, come Werner Heinseberg, fuggito a Helgoland per sopravvivere alle sue allergie e che proprio sull’isola “ordinò ii dati in una serie interminabile di tabelle e colonne, formando una complessa rete di matrici. Ci giocò per giorni come farebbe un bambino con un puzzle del quale ha perso la scatola, divertendosi a incastrare i pezzi ma senza indovinare la figura complessiva. A poco a poco cominciò a identificare sottili relazioni, modi di sommare e moltiplicare le sue matrici, regole di un nuovo tipo di algebra che diventava sempre più astratta. Passeggiava per le strade tortuose dell’isola con lo sguardo fisso a terra, senza idea di dove andare. Ogni nuovo progresso nei calcoli lo allontanava un po’ di più dal mondo reale”.
Un insieme di biografie immaginarie? Un romanzo? Un saggio? Difficile inquadrare univocamente in un genere il libro di Labatut, ma sicuramente una lettura da non perdere.
Benjamín Labatut
Quando abbiamo smesso di capire il mondo
Adelphi (2021)
pp. 180, € 18,00